Dalle intercettazioni emerge un gruppo formato dagli appuntati della Caserma “Levante” che controllavano lo spaccio della zona, tramite arresti, torture e protezione di spacciatori alle loro dipendenze.
Si allarga, in maniera devastante, l’indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Piacenza, con la supervisione della Procura della città emiliana, sulla Caserma dei carabinieri “Levante”. Nella giornata di ieri sono stati arrestati 6 carabinieri, mentre altri 4 uomini dell’Arma sono stati sottoposti a misure cautelari. Insieme agli agenti ci sono altre 12 persone legate all’indagine: in 7 sono state arrestate, mentre 4 sono ai domiciliari e una è indagata ma a piede libero. Le accuse nei confronti dei carabinieri, gli appuntati Giuseppe Montella, Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga e Daniele Spagnolo, a cui si aggiungono due figure chiave dell’inchiesta il Comandante di stazione Marco Orlando e il Maggiore Stefano Bezzeccheri, sono accusati a vario titolo di di traffico e spaccio di stupefacenti, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali, peculato, abuso d’ufficio e falso ideologico.
I reati contestati, come descritto nelle nelle 326 pagine dell’ordinanza del Gip Luca Milani, partono dal 2017. La vicenda -come spiega Agi – ha inizio durante una testimonianza resa da un carabiniere in servizio in un’altra caserma della città alla polizia locale riguardo ad un’altra inchiesta. Nel documento tale agente riferisce che uno degli uomini implicati in questa indagine gli aveva raccontato di essere stato percosso durante un interrogatorio presso la caserma “Levante”, e di essere a conoscenza di altri episodi di simile violenza avvenuti nella struttura militare. Uno di loro – che si rivelerà poi essere Montellla – è stato riconosciuto dalla Guardia di Finanza in un’altra indagine per droga mentre si trovava a bordo di auto con alcuni spacciatori al casello di Milano Sud, in pieno lockdown. A quel punto sono scattate le intercettazioni telefoniche che hanno permesso di ricostruire quella che il Gip ha definito: “Una realtà raccapricciante”.
Durante la conferenza stampa organizzata negli uffici della Procura, il procuratore Grazia Pradella ha usato parole pesantissime, parlando di agenti che: “Hanno disonorato la divisa, autori di reati al pari di criminali veri e propri”. Pradella ha illustrato fatti di gravità assoluta, come quando gli uomini della caserma fornirono agli spacciatori lasciapassare con timbro per andare a Milano, in pieno lockdown, per rifornirsi di droga. Ma come si muoveva il gruppo? Lo ha spiegato in un’intercettazione proprio lo stesso Montella – considerato il capo del gruppo – che nell’occasione, rivolgendosi ai colleghi, dice: “Ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi, in poche parole abbiamo fatto una piramide. Noi siamo irraggiungibili”. Un agente, Montella che nonostante i 31.500 euro lordi l’anno possedeva 8 auto, tra cui una Porsche Cayenne, tre Mercedes, quattro Bmw e un’Audi. Il gruppo agiva, con particolare ferocia – numerosi pestaggi sono avvenuti all’interno della caserma – contro spacciatori considerati “concorrenti”, mentre proteggeva e in molti casi riforniva altri spacciatori che avevano alle proprie dipendenze. Non solo: i numerosi arresti effettuati fornivano un curriculum perfetto per il gruppo, che poteva, al netto dei risultati raggiunti apparentemente meritevoli, godere della fiducia dei loro capi.
Stamane, Repubblica, ha pubblicato alcune intercettazioni fornite dalla Procura in cui si evince che la situazione di violenza e illegalità della “Levante” non era certo un segreto. Dal 2017 ad oggi si sono susseguiti tre Comandanti provinciali a Piacenza, l’ultimo dei quali – il Colonnello Stefano Savo, nel corso di una telefonata intercettata, si congratula con Montella e i suoi per gli arresti effettuati. Ma a gettare ombre, non sono sul mancato controllo degli agenti, ma addirittura su possibili coperture, ci sono diversi episodi. In pieno Lockdown, Montella, organizza una festa in giardino e uno dei vicini avverte il 112. Ma la pattuglia inviata da Lorenzo Ferrante, in servizio presso la Centrale Operativa del Comando Provinciale di Piacenza, viene immediatamente ritirata, e lo stesso chiamerà Montella per scusarsi dell’accaduto, fornendo inoltre la registrazione della chiamata per risalire all’identità del vicino.
Il Maresciallo della Caserma di Campo Dell’Olio, Pietro Semeraro, il 22 febbraio scorso, rivolgendosi al Maggiore Stefano Bezzeccheri, dice che: “I ragazzi si sono allargati un pò troppo”, lasciando intendere di essere a conoscenza delle modalità degli arresti effettuati, ma non tuttavia della struttura dell’organizzazione messa in piedi. Secondo il Gip Milani è stata riscontrata: “La totale illiceità e disprezzo dei valori incarnati dalla divisa”, mentre gli uomini di Montella si sentivano sicuri poichè, scrive il Gip: ““In presenza di risultati in termini di arresti, gli ufficiali di grado superiore erano disposti a chiudere un occhio sulle intemperanze e sulle irregolarità compiute dai loro sottoposti”. Il Comandante Generale dell’Arma, Giovanni Nistri, ha dichiarato che: “Episodi del genere possono intaccare la fiducia nell’Arma”, mentre tutti i militari coinvolti sono stati sospesi dall’impiego, senza stipendio. A Piacenza sono state inviate due stazioni mobili e 8 carabinieri per garantire il servizio nella città. La caserma “Levante” – prima volta nella storia repubblicana per una struttura militare – è stata sottoposta a sequestro.
Fonte: Agi, Repubblica