Il clima è teso nella Maggioranza, con i 5 Stelle che incassano la sconfitta sulla revoca. Ma il Cdm ha rivelato altre tensioni, comprese quelle tra il Premier e il PD.
L’intesa raggiunta nella Maggioranza sul dossier Autostrade, al netto delle dichiarazioni di vittoria del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è arrivata dopo circa 6 ore di Consiglio dei Ministri, dove si sono succedute accuse reciproche e colpi bassi tra i partiti del Governo. Come spiega Il Giornale, il Movimento 5 Stelle ha incalzato ripetutamente il Premier sino dall’arrivo del Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che ha portato in Cdm l’ultima delle 4 proposte avanzate da Atlantia per il riassetto della società. Che tirasse una brutta aria per i grillini era già evidente: appena pochi giorni prima, Conte aveva dichiarato che: “Lo Stato non siederà mai con i Benetton“, salvo poi fornire, oltre alla possibilità di cedere le quote a Cassa Depositi e Prestiti, il 10% delle quote alla famiglia veneta, anche se, tale indice, non permette un posto in Cda. Ma, alla fine, lo Stato siederà affettivamente accanto a chi ha accusato di essere responsabile della tragedia del Ponte Morandi – che costò la vita a 43 persone – dell’agosto del 2018.
Nessuna revoca, se Atlantia decidesse di tirare dritto, cosa che ha già promesso di non fare. E allora si può chiamare vittoria, se l’obiettivo prefissato non è stato raggiunto? E’ quello che si è chiesto, ed ha chiesto ad alta voce, l’ex capo politico e Ministro degli Esteri Luigi Di Maio durante il Cdm. Tutto è nato – come scrive Repubblica – da una battuta provocatoria del Ministro dei Beni Culturali, il Dem Dario Franceschini, che rivolgendosi a Conte ha dichiarato: “Presidente ti va dato atto che tenendo una posizione ferma hai portato a casa una vittoria per tutti”. Con quel “per tutti” il big di Via del Nazareno ha voluto intendere che, alla fine dei conti, il Premier è sceso a più miti consigli, arrivati proprio dal Partito Democratico, non calcando la mano sulla revoca, come invece richiesto dal Movimento. Il Segretario PD Nicola Zingaretti – e diversi Ministri – hanno appoggiato dall’inizio la linea dura di Conte, ma si fa largo l’idea nei 5 Stelle che il Premier abbia cavalcato la proposta grillina soltanto per trattare, trascinando quindi, in un pantano di ambiguità, il Movimento stesso.
Di Maio non si è trattenuto ed ha rilanciato a sua volta: “Per noi non è una vittoria. Otteniamo un risultato importante, ma sembrerà un arretramento”. E di fatti lo è, dal momento che di revoca si è parlato sin dall’inzio, in verità sin dal Governo giallo-verde. Chiosa il Capo della Farnesina: “Abbiamo alzato l’asticella, poi la tiriamo giù”. Perchè adesso la patata bollente passa nella mani del reggente 5 Stelle Vito Crimi e agli altri capi del Movimento che dovranno spiegare alla base il motivo di tale decisione e la presenza in società di Benetton per ancora un anno. Ma c’è di più: Di Maio sembra ormai essere al limite della sopportazione e lo si intuisce dall’eloquente: “Cercheremo di spiegare noi al nostro mondo cosa è successo, lasciateci fare”. Come a dire: Conte ha usato una nostra bandiera per trattare ma a noi toccherà sorbirci le critiche.
Un monito anche per il Premier che ormai spesso cavalca le praterie grilline, si pone come ipotetico leader. Di Maio teme di essere divorato dalle mire di Conte che poi magari utilizzerà quell’elettorato per correre da solo. E gli altri? Alessandro Di Battista, l’antagonista all’interno del Movimento, non ha dubbi che si tratti di una vittoria e prende la palla al balzo per ringraziare Conte. Il Partito Democratico resta alla finestra, convinto di aver fatto il giusto, ma incassa i sospetti dei 5 Stelle che mettono nel mirino il Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, giudicata la vera artefice dell’apertura della trattativa. I renziani di Italia Viva – i primi a sostenere l’abbassamento delle quote di Benetton, anche se non a tali livelli – restano seduti sulla riva del fiume, in attesa del passaggio del cadavere del nemico. Cosa che potrebbe avvenire a breve. Perchè dopo il Tap, il Tav, la revoca ad Autostrade era l’unica vera battaglia solitaria del M5S. Anzi, ce n’è un’altra, e si chiama Mes. Per il passaggio a Palazzo Madama serve la maggioranza assoluta, ovvero 160 voti, una cifra che al momento appare come una chimera data la divisione del Governo sul tema. A tal proposito, Conte potrebbe chiedere aiuto a Forza Italia, da sempre favorevole al Fondo Salva-Stati.
Fonte: Il Giornale, Repubblica