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Economia

Autostrade: Benetton potrebbe appellarsi alle sedi europee per chiedere un maxi risarcimento

Atlantia non vuole mollare la società e potrebbe partire una battaglia legale lunghissima. Intanto convocato Cdm in serata per discutere del caso. 

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha auspicato – come spiega Ansa– che nel prossimo Consiglio dei Ministri previsto in serata, che si arrivi presto alla chiusura del dossier di Autostrade. Il Governo – almeno pubblicamente – non vuole cedere, ed è stato lo stesso Premier a dichiarare che: “Lo Stato non si siederà mai al tavolo con in Benetton”, rigettando la proposta del gruppo Atlantia di maggiori investimenti e aumento dei fondi per la manutenzione stradale uniti ad un importante riduzione della quota societaria, dal 88% a meno del 50%. Ma cosa accadrebbe se i Benetton decidessero di non ritirarsi volontariamente dal gruppo? Questa è la domanda che si stanno ponendo sia al Ministero delle Infrastrutture, guidato dalla Dem Paola De Micheli, che al Ministero dell’Economia di Roberto Gualtieri, anch’egli PD. Vi è il rischio – piuttosto reale dal momento che nessuno si aspetta che Atlantia molli la presa – che lo Stato possa essere trascinato in tribunale.

Ci sono alcune premesse da fare. In primo luogo l’articolo 43 del Decreto Milleproroghe, che diminuisce da 23 a 7 i miliardi di risarcimento in caso di revoca. Un provvedimento da sempre contestato dai Benetton, che hanno più volte condannato l’illegittimità di una norma che cambia le regole in corsa dopo un contratto stipulato tra pubblico e privato. Su questo fronte il Premier Conte ha dichiarato che ci sono valide ragioni – da portare in aula – per giustificare l’atto di revoca, partendo chiaramente dalla tragedia del Ponte Morandi dell’agosto 2018. Ha spiegato il Capo del Governo: “Cattive o mancate manutenzioni legittimano lo Stato ad avanzare pretese risarcitorie consistenti”. Una posizione che però non convince gli esperti di diritto. Come spiega Open, il Professore Marco Ponti, esperto di Economia e Trasporti, ha dichiarato che lo Stato non solo rischia di essere trascinato in anni di battaglie legali, ma potrebbe addirittura perdere.

Secondo il Professore Ponti, la maggiore insidia è insita nelle sedi giuridiche sovranazionali, ovvero europee, a cui il gruppo guidato da Benetton potrebbe appellarsi. Fermo precisando che le istituzioni europee potrebbero rilevare le responsabilità, e quindi anche i giusti motivi per la revoca di cui parlava Conte, potrebbe contestare allo Stato di non aver adempiuto al contratto stipulato con il privato. Ha spiegato Ponti: È il rischio regolatorio a cui l’Europa è molto attenta perché, se passa questo concetto della ‘revoca facile’, i privati tendono a non fidarsi più dello Stato”. Vi è poi bisogno di stilare una tappa che porti immediatamente sul mercato i tratti autostradali, dal momento che la gestione da parte del pubblico – ovvero in questo caso del Ministero delle Infrastrutture – non è ipotizzabile, dal momento che è stato lo stesso Ministero a non accorgersi della mancata manutenzione stessa sulla quale doveva vigilare.

Per il professore, dal momento che lo Stato guadagna quasi il 50% dai profitti autostradali, più i canoni di concessione e l’Iva, parrebbe un tentativo di nazionalizzazione che difficilmente verrebbe accettato dalle regole economiche in ambito europeo. Serve, ad ogni modo, tutelare gli utenti – ovvero i cittadini – che ormai da anni pagano una tassa iniqua, quella dei pedaggi. I soldi che verrebbero a mancare dalla mancata entrata dei pedaggi, secondo il Professore Ponti, potrebbero essere prelevati dal carburante, con cui ogni anno lo Stato guadagna 40 miliardi di euro l’anno. Conclude Ponti: “Poi, metta in gara dei tratti di tutta la rete autostradali e ripeta la gara periodicamente ogni 5-7 anni. Solo così si evita il rischio di cattura”. Il timore insomma è che si possa passare dalla gestione di Autostrade a quello di un altro – compreso lo Stato – che alla stessa maniera vessi i cittadini con tasse da forte impatto per le tasche degli utenti. Non basterà, dunque, la revoca – o la vittoria in tribunale – per rilanciare la rete autostrade italiana, servirà un nuovo modello di gestione e sviluppo.

 

Fonte: Ansa, Open

Pubblicato da
Mario Cassese

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