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Sentenza su Berlusconi, per l’Associazione Nazionale Magistrati non c’è alcun scandalo. E basta così

La parole del Magistrato Amedeo Franco, relatore in Cassazione nel processo Mediaset contro Silvio Berlusconi, rimettono al centro del dibattito il ruolo della Magistratura. Mentre le parti politiche chiedono una riforma e maggiore chiarezza, l’Associazione nazionale magistrati fa presente il suo disappunto sulle diffusioni delle registrazioni da parte del Riformista.

“Il processo Mediaset nei confronti di Silvio Berlusconi per frode fiscale fu un plotone d’esecuzione”. A dirlo, il magistrato Amedeo Franco, relatore in Cassazione, in una registrazione pubblicata su Il Riformista. Il Tribunale civile di Milano ha così smontato le accuse di frode fiscale all’ex Premier, condannato nell’agosto 2013 a 4 anni di reclusione. Riesaminando le carte del processo, non si trova traccia di nessuna fattura gonfiata, né di alcuna interposizione fittizia sulla compravendita dei diritti su alcuni film americani. Dopo la diffusione dell’audio, la Cassazione ha replicato che non risulta che il consigliere Franco abbia manifestato un dissenso, ribadendo che quello su Berlusconi non fu un verdetto pilotato e che anzi il processo si sia svolto “nel pieno rispetto del giudice naturale precostituito per legge”. Tra l’altro, il fascicolo venne assegnato a un collegio già costituito in data anteriore all’arrivo degli atti in Cassazione.

A detta di Franco, il magistrato Antonio Esposito, Presidente della sezione feriale della Cassazione, sarebbe stato “pressato” per il fatto che il figlio, anch’egli magistrato, era indagato dalla Procura di Milano dopo essere stato trovato in possesso di droga. A poche ore dalla pubblicazione delle intercettazioni, Forza Italia è insorta a sostegno dell’ex Premier, chiedendo una riforma della Magistratura, già sotto accusa dopo lo scandalo Palamara.  Alcuni parlamentari hanno invocato una commissione d’inchiesta sull’uso politico della giustizia, oltre che una riforma della giustizia con la separazione delle carriere, rimettendosi nelle mani del Capo dello Stato in quanto Presidente del Consiglio superiore della Magistratura. Intervenuta sulla questione anche l’Associazione nazionale magistrati, che ha invece presole difese della Cassazione.

“Gravi distorsioni”, dice l’Associazione Magistrati

In una nota, informa Repubblica, l’Anm ha sostenuto che nella ricostruzione della vicenda ci siano state gravi distorsioni. Ad esempio, l’utilizzo di presunte registrazioni di un magistrato deceduto trascina nella contesa una persona che non potrà smentire, precisare né spiegare tali dichiarazioni. In secondo luogo, le affermazioni gravissime non soltanto attribuiscono gravi reati ai giudici autori della sentenza, ma attaccano “violentemente ed irresponsabilmente la Suprema Corte di Cassazione, pilastro della giurisdizione della Repubblica”. Finisce sotto accusa anche l’intero ordine giudiziario, accreditato come “gruppo operante fuori dalla legalità”, si legge nella nota.

“È evidente che il disegno di persecuzione viene attribuito a un pezzetto di Magistratura. E a un pezzetto della Cassazione”, si difende il Riformista. Non a caso, la protesta è per l’assegnazione del processo a una sezione non competente. Se invece fosse stata assegnata a una sezione competente, cioè al giudice naturale, la sentenza sarebbe stata di assoluzione. Nel comunicato dei Pm, si nega inoltre un collegamento tra questo caso e il caso Palamara che, secondo l’Anm, riguarderebbe solo le relazioni improprie tra pochi magistrati e politica. “Gran parte del comunicato sembra copiato dall’articolo pubblicato dal Fatto online”, attacca il giornale responsabile dell’accusa. Il Fatto, ovviamente, interviene a difesa del Giudice Esposito, suo editorialista.

Prima il caso Palamara, poi la riapertura della sentenza di condanna di Silvio Berlusconi: di fatto le toghe vivono un periodo non felice che portano sempre meno ad avere piena fiducia nella Magistratura, che sembra invece organizzata per correnti politiche e per interessi di casta. Le sentenze sembrano rispondere a criteri lontanissimi da quello dell’accertamento della verità. Certo, esistono i giudici onesti. Ma sono, spiace dirlo, ormai sembrano una rarità.

Repubblica, Il Riformista

 

Pubblicato da
Chiara Feleppa

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