Nicola Zingaretti, con una lettera su Il Corriere della Sera, ha lanciato un appello ai grillini e al Premier per ricorrere al Mes. Ma il Premier temporeggia per evitare una crisi di Governo.
Giuseppe Conte tra due fuochi: il PD da una parte, il M5S dall’altra. I primi favorevoli a ricorrere al Mes; i secondi che insistono su un no secco e deciso. L’ultimo pressing è arrivato da Nicola Zingaretti che, con una lettera su Il Corriere della Sera, ha lanciato un appello ai grillini e al Premier per ricorrere al Salva Stati europeo da investire per le spese sanitarie. Un’occasione d’oro per l’Italia, da non perdere, in quanto i fondi a disposizione per la Sanità sono “risorse mai viste”, dice il dem. “Chi sta governando l’Italia ha l’obbligo di non tergiversare“, ha riferito il Segretario del PD, chiedendo per il futuro un modello di integrazione delle politiche sanitarie e sociosanitarie. Infatti, l’attuale sistema di cura fondato su tre politiche distinte – sanità, sociale e terzo settore – spesso non comunicanti avrebbe mostrato tutti i suoi limiti e la sua inadeguatezza. I soldi del Mes potrebbero invece realizzare grandi investimenti per migliorare la qualità dell’assistenza, dando un impulso alla ripresa economica.
Non è cambiata, invece, la posizione dei pentastellati. Il reggente del Movimento Vito Crimi considera il Mes uno strumento pericoloso. E se dovrà esserci un debito, allora meglio farlo con lo scostamento di bilancio. Ma i democratici sono coesi e uniti, stavolta, e definiscono gli alleati “miopi e irresponsabilmente ideologici”. Il capogruppo Graziano Delrio si è invece detto a tutto per ottenere il Mes, tanto che nelle prossime ore tutti gli altri governatori di centrosinistra lo chiederanno. La tensione sarebbe altissima a Palazzo Chigi, tanto che Luigi Di Maio insieme a Stefano Patuanelli, Vito Crimi e alcuni emissari vicini a Roberto Fico avrebbero contattato il il Presidente del Consiglio per metterlo in guardia su una scissione impossibile da evitare, a meno che non si cede a compromessi. “Subiremmo una scissione. La crisi di governo diventerebbe inevitabile”, avrebbe riferito il pentastellato. Ma Giuseppe Conte, dal prendere una decisione, è forse ancora lontano.
I passi di Giuseppe Conte, insomma, sono lenti e titubanti. Non sa cosa fare, ancora una volta, e di nuovo si trova immerso tra due fuochi. Al centro, ancora lui. Ma si prospettano giorno di fuoco: la maggioranza è pronta a cadere e l’esecutivo è pronto a spaccarsi definitivamente. Il Premier vorrebbe rimandare le mosse al prossimo settembre, far passare l’estate, visto che tra due mesi ci sarà il Recovery Fund e lo scenario potrebbe essere diverso. “E si torna a Conte, alla paralisi decisionale. Rimandare per sopravvivere”, scrive Repubblica. Così, per il voto al Senato alla vigilia del Consiglio europeo, il 15 luglio, Palazzo Chigi ha richiesto che nel testo di maggioranza si dia mandato al Premier di trattare sul Recovery fund e sul Bilancio Ue. Un altro testo di fuoco è il decreto Semplificazioni, che dovrebbe essere portato in Consiglio dei ministri di giovedì. Si è lontani, però, da un’approvazione, visto che il contenuto della bozza resta ancora un mistero.
Giuseppe Conte ha quindi provato a prendere tempo, quanto basta per completare il quadro europeo e chiudere l’accordo con la UE al prossimo Consiglio. “Poi farò il possibile per convincere il M5S”, avrebbe riferito ad alcuni Ministri del PD, riporta Il Corriere. Il Premier, pur messo sotto pressione da entrambe le parti, non è contrario ai finanziamenti per la sanità del Meccanismo europeo di stabilità, né ritiene che ci siano rischi o condizionalità che mettano a repentaglio l’indipendenza della politica economica italiana. Ma non può permettersi un crollo della maggioranza. Crollo che, tuttavia, la lettera di Nicola Zingaretti sembra aver preannunciato. Il silenzio da Palazzo Chigi, però, dimostra che Conte è ancora indeciso, vuole attendere il prossimo Consiglio Europeo, valutare soldi e strumenti e disposizione. Chiede quindi pazienza al PD, per evitare che l’abbandono di sette, otto senatori faccia saltare il governo. Ma la pazienza del Pd è ormai agli sgoccioli.
Fonte: Repubblica, Corriere
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