Sarcasmo e autoironia, citazioni dotte, ma anche offese e critiche. Il fenomeno De Luca è diventato di risonanza nazionale. E intanto, le elezioni regionali del prossimo settembre sono il prossimo banco di prova.
Le elezioni regionali si terranno tra il 20 e il 21 settembre. Secondo quanto riporta SkyTg24, il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese firmerà nei prossimi giorni il decreto di fissazione della data delle prossime elezioni. L’ election day prevede il ritorno alle urne sia per le amministrative, quindi per il rinnovo di numerose giunte comunali, sia per le elezioni regionali. Mentre si discute sul probabile utilizzo degli istituti scolatici come sede di voto, in Campania sembra ormai già scritto l’esito delle urne. La grande popolarità piovuta ultimamente addosso all’attuale governatore Vincenzo De Luca, starebbe infatti spingendo il centrosinistra a puntare di nuovo sull’ex sindaco di Salerno, rendendo così di fatto impossibile un’alleanza del Partito Democratico con i 5 Stelle. Il governatore campano è passato da essere un politico distante dai social – legato a mezzi tradizionali come la televisione e a conferenze stampa ufficiali – ad una star digitale internazionale.
La comunicazione politica, che ha trasformato Giuseppe Conte in un sex symbol, ha anche trasformato De Luca in un fenomeno social, sfruttando il connubio di personalizzazione e spettacolarizzazione della politica, unita a quella della comunicazione d’emergenza. E se le conferenze stampa di Governo, Protezione Civile, autorità sanitarie si sono trasformate in veri e propri media events – un appuntamento fisso da non perdere – i social sono stati il riflesso di quanto accadeva dietro gli schermi. Meme, tweet, commenti ironici hanno riempito le pagine “trash”, mentre i politici – o chi sta dietro loro – hanno trasformato le comunicazioni in veri e propri show. Tra tutti, Vincenzo De Luca ha ottenuto il record di visualizzazioni, dando vita al “fenomeno De Luca” e raggiungendo “numeri da politica USA”, scrive Il Corriere della Sera, riportando le parole di un membro dello staff di Vincenzo De Luca analizzando i dati delle dirette social. Nella diretta del 19 aprile scorso, in streaming erano connessi 113 mila utenti, contro i 69.553 della live social di Donald Trump dalla Casa Bianca, che avveniva in contemporanea a quella di De Luca. Numeri che danno l’idea di quanto il governatore sia riuscito a cavalcare l’onda del Covid-19, per ricavarne consenso.
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Il personaggio di De Luca, comunque, esisteva già prima dell’emergenza Coronavirus, tanto che il politico è stato spesso appellato con soprannomi come “il governatorissimo“; “lo sceriffo”; “’O Professore”. E’ certo, però, che la fama è aumentata esponenzialmente negli ultimi mesi e che il tutto non sia stato casuale. C’è uno staff digitale dietro al fenomeno De Luca che muove i fili, riuscendo a sfruttare linguaggi, audience, risonanza mediatica attraverso espressioni divertenti, di impatto, e condivisibili. Le espressioni forbite e a tratti auliche utilizzate dal campano sono diventate in poco tempo virali, facendo leva sul desiderio dei comuni cittadini di ridere – specie in momenti di crisi – e di sentirsi parte di una comunicazione di cui non solo è destinatario, ma anche artefice.
Non è un caso che le dirette Facebook di De Luca abbondino di frasi ad effetto tali da trasformarsi in contenuto virale: “Carabinieri coi lanciafiamme” da mandare alle feste di laurea di chi aggira i divieti di assembramento; “mascherine di Bunny il coniglietto”, in polemica con quanto inviato in Campania dalla Protezione Civile; “le zeppole di San Giuseppe condite con una bella crema al Coronavirus”, in riferimento a chi aveva violato il divieto di vendita di cibi pronti durante la Festa del Papà; “i cinghialoni con la tuta alla zuava” visti correre sui lungomare delle città campane. Sono solo alcuni esempi. In ordine di tempo, l’ultima diretta di Vincenzo De Luca ha visto come bersaglio ancora una volta Matteo Salvini, dopo le polemiche scatenate dai festeggiamenti dei tifosi del Napoli per la conquista della Coppa Italia. “Dobbiamo dedicare qualche nostro pensiero a un somaro politico che ha ripreso a ragliare”, ha detto il governatore, per poi dargli del “cafone politico tre volte somaro”. Tirata in ballo anche Giorgia Meloni, definita la “Vispa Teresa“. Finale: “vuol dire che questo esponente politico ha la faccia come il suo fondoschiena… per altro usurato”.
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Ci sarebbe da ridere, e invece no. Perché questi sono insulti, a tutti gli effetti. In piena crisi di lockdown, quando le bare da Bergamo venivano trascinate sui carri dell’esercito e le persone morivano negli ospedali al collasso, Vincenzo De Luca ebbe effettivamente il merito di intuire la gravità della situazione. Così, il suo modo di porsi in conferenza stampa – duro, eccessivo, rigido – dava conforto a quanti, spaventati, cercavano misure e indicazioni precise e forti per sentirsi al sicuro condite dalla sdrammatizzazione e dall’ironia per alleggerire il carico. Analizzando, con maggiore lucidità, le espressioni di De Luca, i detti, i motti ci si rende facilmente conto come i limiti siano stati oltrepassati abbastanza. E se Salvini, che spesso sbaglia modi e tempi, potrebbe aver ragione d’essere attaccato e criticato da parte di chi non ne condivide le azioni, ci sarebbe comunque un decoro da mantenere. Decoro che, nell’espressione “fondoschiena usurato”, non c’è di certo.
Spavalderia e arroganza sembrano essere state le reali evidenze delle espressioni del governatore campano, che hanno comunque fatto presa nel web. Complici, in questo caso, una serie di circostanze esterne: primo tra tutti, il fatto che il bersaglio preferito di Vincenzo De Luca sia Matteo Salvini, che sui social, e specie da parte dei giovani, non gode di grande stima. Si aggiunge, a questo, una buona strategia di comunicazione e marketing da parte di chi muove i fili del democratico. Abile, infatti, la capacità di intuire i desideri del mondo social di oggi, invaso ormai di meme e di contenuti trash. “Se volete collaborare bene, se volete le sciabole meglio” – una delle tante espressioni firmate Vincenzo De Luca – rafforza l’immagine, attribuita all’ex Sindaco di Salerno, di difensore a tutti i costi dell’ordine pubblico e, insieme, di politico vecchio stampo. La dialettica di De Luca attinge a un registro colloquiale e fatto di regionalismi, come “i porta seccia”; “sei scemo o sei buono?”; “cavalli di Frisia”, citati dal Presidente e le cui ricerche hanno raggiunto un picco il 22 aprile,come mostrato da Google Trends. Frasi in ogni caso facili da ricordare e che si adattano a essere riutilizzate da tutti e in contesti diversi. In una prospettiva di campagna elettorale permanente, l’esposizione continua a un messaggio politico potrebbe avere effetti interessanti sulle propensioni di voto, fa notare anche Repubblica.
Concludendo, il fenomeno De Luca si è trasformato in una straordinaria quantità di meme, video virali in Rete, pagine Facebook e Instagram come “Vincenzo De Luca Imperatore dell’Universo”; “Le Bimbe di Vincenzo De Luca”; “Vincenzo De Luca che Chiude Cose”. Spesso, l’intento non è esprimere consenso, ma fare ironia, satira o addirittura critica. La sensazione, però, è che “ormai De Luca sia prigioniero del suo personaggio. Eccessivo e visionario. Bieco e intimidatorio. Sempre dentro un situazionismo magnetico che, lentamente, è diventato stucchevole. E inaccettabile“, scrive Fabrizio Roncone su Il Corriere, ricordando poi i numerosi attacchi sferrati ai politici avversari anche nei mesi precedenti.
Stefano Caldoro è stato definito “un pastorello di San Gregorio armeno“; mentre l’allora Presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro “un oltraggio alla biologia, una polpetta”. Marco Travaglio “uno sfessato”, mentre Michele Santoro “cialtroni, gentaglia, personaggetti”. Si potrebbe continuare a lungo. In sostanza, la strategia di ora non è altro che una strategia passata ma adottata ad un nuovo contesto e rinforzata dal contesto mediatico e emergenziale apertosi con il virus. Che dietro commenti al vetriolo e perifrasi ci sia un tentativo di strategia politica, insomma, non è un dubbio quanto una triste certezza.
Chiara Feleppa
Fonte: Repubblica, Corriere