Taglio dell’Iva, la proposta del Premier non scalda i cuori: M5S e PD isolano Conte, mentre il Tesoro ipotizza difficoltà nelle realizzazione. Sono tutto qui gli Stati Generali?
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nella giornata di ieri, nella consueta conferenza stampa di fine giornata all’interno degli Stati Generali dell’Economia, ha voluto lanciare un’altra sua personalissima proposta per la ripresa economica: il taglio dell’Iva. Personalissima perchè è arrivata come un fulmine a ciel sereno per la Maggioranza, per nulla consultata sulla proposta. E, probabilmente, quella che dovevo essere – nei progetti del Premier – l’asso nella manica dell’Esecutivo si è rivelato un autentico flop. Nella forma, nei contenuti e finanche nella comunicazione. Ma andiamo con ordine. Come spiega Il Sole 24 Ore, Conte, ha affermato che il taglio Iva sarebbe “temporaneo” – pur non specificando il lasso di tempo in questione – e mirato a peculiari settori commerciali e industriali particolarmente colpiti dalla crisi causata dalla pandemia, come la filiera del turismo, dell’artigianato o il settore automobilistico. Nello specifico, nei piani di Palazzo Chigi, si guarda con particolare interesse al modello tedesco. Il Governo della Cancelliera Angela Merkel, per far fronte alla crisi ha previsto, per sei mesi a partire dal 1° luglio, il taglio dal al 19 al 16% per l’aliquota più alta e dal 7 al 5% per quella più bassa. Si ipotizza un taglio di due punti sui prodotti di largo consumo, mentre un taglio dell’Iva di un punto per i pagamenti digitali. Ma sono, al momento, soltanto ipotesi.
Questo perchè nessuno dei membri dell’Esecutivo è stato messo a conoscenza della proposta. L’idea è stata accolta in maniera piuttosto gelida dai partiti della Maggioranza, nonchè dai tecnici del Ministero del Tesoro e sarebbe maturata durante gli incontri con le categorie del settore, in particolare durante il faccia a faccia con il Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. Conte – che ha intuito le difficoltà di mettere nero su bianco un Recovery Plan dal nulla in pochi giorni – ha cercato il colpo ad effetto. E c’è da dire che molti sono rimasti spiazzati, ma non nelle modalità che auspicava il Premier. Il Partito Democratico, che ormai lavora nelle stanze di Via del Nazareno in sede distaccata, non ha addirittura proferito parola, lasciando Conte al suo destino. Come spiega Repubblica, soltanto diverse ore dopo, il Viceministro dell’Economia Antonio Misani – uno che, per il ruolo ricoperto, deve necessariamente esprimersi sulla questione – ha definito la proposta: “Decisamente complessa”. Resta il silenzio del Ministro delle Finanze Roberto Gualtieri, un uomo che, durante la pandemia, ha affiancato Conte in ogni sua decisione e che oggi si guarda bene da mettere la propria firma sull’evento.
Il problema, come intuibile, verte su diverse posizioni: possiamo permettercelo? E, soprattutto, è questa l’idea che eviterà al Paese di soccombere sotto i colpi della più grande crisi economica dal 2008?. Il taglio di ogni punto di Iva costerebbe tra i 4 e 4,5 miliardi di euro di mancati introiti. Se – come in Germania – i punti fossero 3, si arriverebbe ad un mancato introito fiscale tra i 12 e 13,5 miliardi. Inoltre, ha indispettito e molto gli europarlamentari Dem, che si sono chiesti se fosse il caso di inserire l’argomento nel bel mezzo del braccio di ferro a Bruxelles con i Paesi frugali. C’è, chiaramente, un problema di priorità. Gli interventi, mirati, devono essere esaustivi, da crisi emergenziale quale è quella che stiamo vivendo. La proposta è stata stroncata anche dall’ex Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che ha parlato di altre necessità per il sistema Italia: “Il Paese ha bisogno di abbassare le tasse e non mi sembra ovvio che la riduzione dell’Iva sia prioritaria rispetto al taglio del cuneo fiscale o più in generale alle tasse sul lavoro”.
E, ad ogni modo, se ne potrebbe riparlare in autunno: magari con un Recovery Plan in tasca. La proposta è stata immediatamente liquidata anche dal Movimento 5 Stelle: “L’urgenza del momento riguarda soprattutto le scadenze di giugno. A partire dalle imposte sui redditi, vale a dire saldo e acconto Irpef e Ires”. Oltre il contenuto vero e proprio dell’idea, Pd e 5 Stelle hanno voluto mandare un messaggio chiaro a Conte: senza di noi – o se noi non siamo d’accordo – non si danno questi annunci. Altrimenti si rischia una brutta figura. E, probabilmente, anche con tali motivazioni – con l’intento di dividere il Governo – è arrivato il via libera del leader della Lega Matteo Salvini: “Avrà l’appoggio della Lega”. Più pragmatica Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia: “Sono basita: solo propaganda, il Premier ne parla senza uno straccio di documento sulla ripartenza”. In effetti, in tutto questo marasma si è perso di vista un punto cruciale: non è stato ancora presentato, fosse solo in bozza, il documento finale degli Stati Generali.
Mario Cassese
Fonte: Il Sole 24 Ore, Repubblica
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