Sull’annosa questione della statua di Montanelli a Milano si è espresso anche il giornalista ex di Repubblica, appena passato al Il Fatto. Per Lerner, Montanelli è stato un grande professionista ma non ha mai rinnegato il suo passato durante il ventennio.
Gad Lerner, giornalista ed ex firma storica di “Repubblica”, approdato a “Il Fatto Quotidiano” dopo il passaggio della proprietà del quotidiano romano (passato dai De Benedetti alla famiglia Elkann), ha deciso di raccontare il suo personalissimo Indro Montanelli. Ovvero qual è, insomma, la sua visione della vicenda che in questi giorni sta infiammando Milano. Pochi giorni fa, come spiega Adnkronos, la statua eretta in ricordo del giornalista nei giardini di via Palestro è stata imbrattata con la scritta: “Razzista e stupratore”. L’atto – il secondo in anno – è stato rivendicato con un post su Facebook da “Rete Studenti Milano”. Le associazioni Sentinelli e Arci hanno chiesto al Sindaco di Milano Beppe Sala di rimuovere la statua con l’accusa che Montanelli, negli anni in cui fu in Etiopia, sposò una giovane 12enne del posto. Fatto confermato dallo stesso giornalista che non si pentì mai del gesto (la stessa accusa mossa dal gruppo “Non una di meno” che imbrattò tempo fa la statua con della vernice rosa).
Il racconto di Gad Lerner su Il Fatto Quotidiano, parte da qui e dalla sua contrarietà alla rimozione della statua ( e sulla stessa linea si terrebbe il Sindaco Sala). Per Lerner rimuovere la statua comporterebbe un doppio problema: in primo luogo non si affronterebbe la storia che si cela dietro a tali monumenti – in linea generale – e in secondo luogo l’azione di rimozione potrebbe portare ad alimentare un’eccessiva venerazione per Montanelli. Scrive Lerner: “Non ho difficoltà a riconoscerne lo straordinario talento giornalistico e la prosa sopraffina”. Ma Montanelli, spiega il giornalista, a differenza di altre grandi penne del suo tempo non ha mai aderito in profondità ai mutamenti del nostro Paese e non si è mai lasciato compromettere. Continua Lerner: “La vicenda della dodicenne etiope comprata come moglie, appartiene anch’essa a consuetudini odiose ma considerate normali all’epoca”.
Per il giornalista, Montanelli era un conservatore libertino ed aveva una visione del mondo dove la maschilità dominante inquadrava le donne come oggetti di piacere. Ciò che conta davvero, continua Lerner, se vogliamo inquadrare il suo lavoro e basarci sui suoi racconti della colonne dei giornali dell’Italia, bisogna concentrarci sugli anni della fine della guerra e del passaggio dal fascismo alla democrazia. Continua Lerner: “Si rintracciano nei suoi libri di storia la base della sottocultura anti-antifascista che avrebbe fatto molti proseliti”. Gli ultimi anni di carriera, dal “no” a Silvio Berlusconi ha dimostrato come Montanelli avesse scelto di stare in minoranza, anche contro quelli che lo ritenevano una guida. Nel bene e nel male è stato testimone del nostro Paese. Conclude Lerner: “Scriveva da Dio, gliene sia reso merito. Ma io preferisco Giorgio Bocca. Anche lui da ragazzo era stato fascista. Ma poi è salito in montagna”.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, Adnkronos
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