Il fondatore del Movimento torna a riprendersi la scena e stringe un patto con il Capo del Governo contro Di Battista e per la durata del Governo.
Beppe Grillo, fondatore e attualmente garante del Movimento 5 Stelle, ha deciso di riprendersi la sua creatura, di blindarla e donarla, anima e cuore, alla causa del Premier Giuseppe Conte. L’ex comico genovese, saltuariamente sulle scene da oltre 2 anni – ovvero dalla nomina a capo politico dell’attuale Ministro degli Esteri Luigi Di Maio – è (ri)sceso in campo, assumendosi l’onere di traghettare i grillini verso lidi più apprezzati, anche al Partito Democratico. Eppure – prima della pandemia – era stata scelta un’altra strada: quella degli Stati Generali, del rinnovamento interno e delle liste elettorali, per ovviare al crollo nei sondaggi e ai tanti malumori che dalla base pian piano risalivano sino alla cima. Ma qualcosa è cambiato sia nel M5S che nel Governo. Grillo, che ha sempre benedetto l’alleanza con PD, Italia Viva e Leu, ha evidentemente capito che derubricare a “scheggia impazzita” le manovre anti-Esecutivo nel M5S non è servito poi molto e che, dietro le sortite di questi giorni, c’è l’amico/nemico di sempre, Davide Casaleggio, Presidente della Fondazione Rousseau e proprietario della piattaforma di voto interno.
L’affondo arrivato dall’ex deputato romano Alessandro Di Battista, la richiesta della convocazione di un Congresso, il pressing sul Premier Conte, sono azioni di una manovra che va ben oltre un manipolo di parlamentari. C’è in gioco la proprietà di un partito che – nel bene e nel male – ha caratterizzato, trasformato la politica italiana degli ultimi 10 anni e, di conseguenza, l’esistenza stessa dell’Esecutivo di cui fa parte. Come spiega Tommaso Labate dalle colonne de Il Corriere della Sera, la risposta del fondatore del Movimento all’azione del duo Di Battista-Casaleggio è arrivata, ovvero un patto con il Capo del Governo Conte per ottenere tre punti fondamentali: la durata della Legislatura, il blocco delle contestazioni interne e la costruzione di un’ampia alleanza da riproporre sui territori ed alle prossime politiche. Il rischio, prevedibile, è la perdita di qualsiasi forza di contrattazione all’interno dell’Esecutivo, ma lascia intravedere quanto grandi siano i problemi all’interno del M5S.
Nelle ultime ore Grillo è tornato quello di un tempo: il capo da non contraddire mai, che tracciava sempre la strada giusta a cui – e questo rimane – molti dovevano praticamente tutto. Il suo nome dal simbolo è stato tolto, ma il ruolo di garante gli permette l’ultima parola su ciò che conta davvero: la stesura delle liste elettorali. E cosi, i parlamentari in questi giorni hanno ricevuto telefonate di questo tipo da Grillo: “Sappi che io sosterrò Giuseppe Conte qualsiasi cosa faccia. Dillo in giro. Se qualcuno si mette in testa di tornare alle urne, il Movimento scompare”. O con me o contro il Premier e – ricorda – se dovesse cadere Conte alle prossime elezioni tu non ci sarai nelle liste. Non proprio un messaggio di pace, insomma. Il Presidente del Consiglio va sostenuto: “Qualsiasi cosa faccia”, e quel qualsiasi ha un solo grande riferimento: il Mes. L’azione politica dell’Esecutivo che potrebbe riportare forza ai dissidenti passa per i 37 miliardi di euro che l’Europa metterà a disposizione per la sanità di ciascun Paese.
Conte e Grillo hanno bisogno l’uno dell’altro in questa fase: era già successo sul tema Tav, quando fu il Premier a fare un passo indietro durante il Governo giallo-verde. Ora tocca a Grillo sconsacrare il Mes, giustificarlo, esaltarlo, renderlo accettabile per l’elettorato grillino. Il fondatore del Movimento ha dalla sua parte tutta la vecchia guardia: da Luigi Di Maio al gruppo legato a Roberto Fico, dall’attuale reggente Vito Crimi alla fedelissima Paola Taverna. E poi ancora Roberta Lombardi, che spera in un rimpasto di Governo, magari per andare ad occupare il posto della criticatissima Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina. E poi ancora il Guardasigilli Alfonso Bonafede – la cui poltrona è stata salvata proprio dal Premier e dalla sua mediazione in Maggioranza – e il Ministro Stefano Patuanelli. Tutti fedelissimi? Certamente, o quasi. Perchè sulla testa dei big pende la spada di Damocle del doppio mandato, che Grillo è pronto stralciare qualora giurassero fedeltà assoluta. Di nuovo.
E mentre Casaleggio, contrario ad una deroga del doppio mandato, prepara le armi – nella giornata di ieri ha lanciato la nuova piattaforma Level up, una sorta di Rousseau 2.0) – Di Battista può contare sul sostegno dell’ex Ministro del Sud Barbara Lezzi e gli europarlamentari anti-Mes Ignazio Corrao, Piernicola Pedicini e Rosa D’Amato. Come aggiunge Affari Italiani, la prima grande prova del patto di ferro potrebbe arrivare già nel 2021, quando si andrà al voto nella Capitale. Il sacrificio di Virginia Raggi (che potrebbe però essere riciclata in uno dei nuovi gruppi reggenti) in cambio del sostegno ad una coalizione molto ampia comprendente i Dem e il centrosinistra unito, potrebbe essere il preludio ad una grande coalizione che andrebbe poi a sfidare il centrodestra di Matteo Salvini e Giorgia Meloni alle politiche. Non è detto che la Sindaca di Roma subisca questo affronto della non candidatura in tutta serenità (a favore, tra l’altro ,di un PD che le fa la guerra in Consiglio Comunale), ma potrebbe essere il prezzo da pagare. E il simbolo? Forse anche quello. Con buona pace del sogno della rivoluzione 5 Stelle.
Mario Cassese
Fonte: Il Corriere della Sera, Affari Italiani