Torna il terrore, a Pechino, dove sono stati registrati alcuni casi di Coronavirus. Ancora una volta, la responsabilità sarebbe degli animali venduti ai mercati.
Sembrava che l’emergenza sanitaria in Cina, epicentro della pandemia che ha colpito tutto il mondo, fosse ormai risolta ma il Coronavirus torna a fare paura a Pechino. I nuovi casi confermati nella capitale cinese – riporta La Repubblica – sono 31, un numero irrisorio ma sufficiente per allarmare le autorità che non vogliono assolutamente trovarsi a gestire una seconda ondata di contagi dopo aver tenuto in lockdown il paese per mesi. Il focolaio dei nuovi contagi di Coronavirus a Pechino è stato individuato nel mercato alimentare di Xinfadi e le 76.499 persone che hanno frequentato l’area negli ultimi giorni – riferisce Agenzia Italia – sono state immediatamente rintracciate e sottoposte al test per il Covid-19. Di queste, nei giorni scorsi, 59 sono risultate positive e, di conseguenza, sottoposte alla quarantena. Ventuno quartieri della capitale sono in lockdown, ma non è da escludere che a questi se ne aggiungano presto altri. Il Governo ha provveduto a sollevare dall’incarico alcuni funzionari, rei di non aver monitorato la situazione sanitaria presso il mercato di Xinfadi: tra questi, Zhou Yuqing, vice direttore del distretto di Fengtai; Wang Hua, segretario del partito presso il medesimo distretto di Pechino e Xinfadi; Zhang Yuelin, manager del mercato alimentare dove è stato individuato il nuovo focolaio.
Pechino è il simbolo della ripartenza cinese dopo l’emergenza Coronavirus, e il Governo intende proteggere la capitale ad ogni costo. Secondo quanto diffuso dalle autorità, i nuovi contagi sono stati causati dal salmone norvegese. Il ritrovamento di tracce del virus su un tagliere usato per tagliare l’alimento a Xinfadi ha dato via ad una vera e propria crociata contro il pesce proveniente dal nord-Europa: intere partite di salmone sono state gettate nei rifiuti e alcuni ristoranti cinesi hanno rimosso dal menù la leccornia incriminata. L’ipotesi che a riportare il Coronavirus a Pechino sia stato il pesce però non ha incontrato il parere degli scienziati. Il pesce arriva nei ristoranti e sui banchi del mercato surgelato e, secondo le informazioni sulle dinamiche del contagio in mano agli scienziati, appare improbabile che il Covid-19 possa inattivarsi temporaneamente per poi infettare l’uomo quando il pesce viene scongelato. In più, il pesce non è mai stato individuato come vettore di infezione nel corso delle ricerche sul virus. Di conseguenza, l’ipotesi più plausibile è che un portatore sano del virus abbia tossito o starnutito nei pressi del banco incriminato.
Tuttavia – scrive Fanpage – il Governo cinese insiste nel portare avanti la sua tesi: “Il codice genetico del virus trovato nel mercato di Xinfadi è leggermente diverso da quello del Coronavirus che abbiamo studiato”, ha dichiarato Wu Zunyou, epidemiologo a capo del Centro per la prevenzione delle malattie cinese. Anche l’OMS invita la Cina a riconsiderare la sua teoria e chiede che sia diffuso il genoma del virus trovato a Xinfadi per svolgere delle analisi. Nel frattempo, 20mila lavoratori sono stati mobilitati per sanificare strade, mercati ed edifici pubblici, con l’intento di bloccare sul nascere la seconda ondata. Pechino è sotto stretta sorveglianza da parte delle autorità che non escludono un inasprimento delle misure restrittive per la popolazione.
Fonte: Fanpage, Agenzia Italiana, La Repubblica
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