Dal nuovo Codice del 2016 sono stati nominati 25 commissari per altrettante grandi opere pubbliche. Un modo anche per scavalcare la burocrazia che allunga i tempi della opere.Ma il Premier Giuseppe Conte, già ai tempi del Governo Giallo-Verde, aveva promesso un intervento strutturale.
Lo “Sblocca-Cantieri” annunciato dal Premier Giuseppe Conte, che cercherà di rilanciare l’economia attraverso un piano di investimenti pubblici e privati, pone dinanzi ad un grande dibattito iniziato con la realizzazione del nuovo Ponte Morandi a Genova. Il cosiddetto “modello Genova”, è stato indicato da più parti come il modello da seguire per i prossimi mesi. Come ricorda Il Corriere della Sera, il Sindaco della città ligure Marco Bucci, nominato commissario straordinario per la costruzione dell’opera, poche settimane fa aveva incoraggiato il Governo a sostenere tale sistema per tutte le grandi opere pubbliche da innalzare nel Paese. Nella sua veste, Bucci, ha potuto operare con la massima autonomia sulle decisioni da prendere: dalla concessione degli appalti alle aziende ai tempi di lavoro sui cantieri. Un modello privato applicato al pubblico, dunque, che ha ridotto sensibilmente i tempi e permesso la ricostruzione del ponte, crollato il 14 agosto del 2018, in soli 10 mesi. Si è proceduto in parallelo, e non in sequenza come di solito avviene nel pubblico, permettendo di evitare gli inceppi burocratici in cui molte aziende di solito si ritrovano. Ma, paradossalmente, il modello così decantato è un modello che deroga le norme del Codice degli Appalti con speciali poteri affidati, appunto, ad un commissario.
Una strada, questa, molto battuta negli ultimi anni. Come ha spiegato la Repubblica, dall’aprile del 2016, ovvero dall’approvazione del nuovo Codice per gli Appalti voluto dall’allora Governo Renzi, sono stati nominati 25 commissari straordinari per altrettante opere pubbliche. Dall’aprile del 2019 è stata rilevata una media di un commissario ogni tre settimane. Nel 2016 il Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, parlando del nuovo Codice, disse che sarebbe stato “una rivoluzione per gli italiani”, ma l’obiettivo dello snellimento delle norme di riferimento fu solo una chimera, dal momento che rimasero 220 articoli. Certo, meno dei 278 articoli, 38 allegati e più di 1.500 commi del precedente Codice del 1996 – quello voluto dall’allora Ministro dei Lavori Pubblici del Governo Prodi, Paolo Costa – ma che di certo non aveva intaccato la macchina burocratica. Coniugare l’alleggerimento delle norme e la sicurezza nelle procedure d’appalto è comunque una sfida ardua. Ha senso che il pubblico voglia tutelarsi ma è importante non sfiduciare le aziende, specie in questa fase e con una crisi economica che all’orizzonte incombe.
L’ultimo commissario in ordine di tempo è stato nominato per la ricostruzione del viadotto di Albiano, sul fiume Magra, crollato poco meno di un mese e mezzo fa. Prima era stato nominato un commissario per la realizzazione dell’Ospedale di Siracusa, e prima ancora commissari straordinari erano stati nominati anche per la preparazione dei grandi eventi di natura internazionale, come per i giochi olimpici invernali di Milano e Cortina o le Universiadi di Napoli. L’elenco è però lunghissimo e incide su opere fondamentali per i territori: come il sistema idrico del Gran Sasso, il Terzo Valico, il Mose o il commissario straordinario nominato l’indomani del terremoto che colpì l’isola di Ischia. Tutti nominati con lo scopo di scavalcare leggi esistenti che, per stessa ammissione della nomina, non funzionano. L’ultimo intervento sul Codice è stato fatto dal Governo giallo-verde, che introdusse altri 313 articoli. E ora in Parlamento – da Matteo Salvini, a Matteo Renzi, sino al Partito Democratico) tutti vogliono un intervento sulle norme che regolano gli appalti,- esaltando il modello Genova. In pratica si continua a chiedere un accentramento di poteri in un unico commissario invece di un intervento strutturale.
Fonte: Corriere della Sera, Repubblica
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