Il dossier sulla revoca delle concessioni autostradali non è mai arrivato in Consiglio dei Ministri. Dopo la richiesta del gruppo Autostrade di un prestito allo Stato, causa perdite dovute al lockdown, Benetton minaccia di non investire più nel Paese come promesso. Ira dei Cinque Stelle e Maggioranza spaccata.
La partita sulle concessioni autostradali – apertasi dopo la tragedia del Ponte Morandi di Genova del 14 agosto del 2018 – è stata congelata dalla pandemia globale, e il dossier, preparato dal Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli è rimasto nei cassetti. Una braccio di ferro che aveva causato non pochi problemi alla Maggioranza, con il Movimento Cinque Stelle deciso a revocare le concessioni per i mancati controlli sulla struttura e un Partito Democratico che cercava di convincere gli alleati di Governo ad optare per una maxi-sanzione. Nessuno si aspettava di certo che la questione si potesse accantonare per sempre. Ma il contrattacco di Autostrade Spa, appartenente al gruppo Atlantia, il cui principale azionista è la famiglia Benetton, mette l’Esecutivo con le spalle al muro e scuote dalla base una Maggioranza che nelle ultime settimane ha rischiato più volte di capitolare. Come spiega HuffingtonPost, il lockdown ha provocato danni ingenti ad Autostrade Spa e Aspi – sua partecipata che gestisce tratti minori della rete nel nostro Paese – quantificati in 1 miliardo di euro. Nel mese di aprile l’azienda ha chiesto 200 milioni di euro alla Cassa Depositi e Prestiti, ma la richiesta non è stata accettata, additando come giustificazione – fanno sapere da fonti vicino ai Benetton – una non meglio precisata “motivazione oggettiva”. Pochi giorni fa, l’azienda ha fatto il grande passo, chiedendo un prestito di 1,25 miliardi a garanzia dello Stato. Di contro non era arrivato che silenzio dalla Sace, che tutt’ora non ha mai dato una risposta ufficiale ai Benetton. Una istanza che ha scatenato più di qualche polemica, tanto da far intervenire – lo scorso 20 maggio- in prima persona Stefano Buffagni, Sottosegretario allo Sviluppo Economico, e fedelissimo del Capo del Dicastero Stefano Patuanelli, che ha cercato di chiudere la questione: “Domandare è lecito, rispondere è cortesia: no grazie”. O almeno ha provato a chiudere, perchè la contromossa di Autostrade, e della casa madre Atlantia, è una vera sfida lanciata al Governo.
In questo clima, in Consiglio di Amministrazione straordinario, convocato pochi giorni dopo le dichiarazioni degli esponenti del Ministero dello Sviluppo Economico, ha prodotto un comunicato dai toni minacciosi da parte dell’azienda. Nella nota, che cita apertamente la dichiarazione di Buffagni definendola “molto preoccupante”, l’azienda comunica le mosse future. Si fa riferimento all’articolo 35 – approvato nello scorso Decreto Milleproroghe – che ha modificato le penali che lo Stato avrebbe dovuto sborsare nel caso di revoca delle concessioni autostradali. Una mossa vista dagli uffici di Autostrade come l’anticamera dell’atto di recessione. Scrive l’azienda: “Le modifiche normative introdotte in modo unilaterale e retroattivo con l’articolo 35 del decreto Milleproroghe hanno stravolto il quadro di riferimento previsto nella Convenzione Unica”. In altre parole i Benetton addossano allo Stato la responsabilità del mancato piazzamento sul mercato delle quote della società. La possibilità di revoca ha difatti convinto molti investitori a capitalizzare, facendo abbassare il rating di Autostrade e Aspi.
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Come osserva La Stampa, c’è un punto specifico che preoccupa il Premier Giuseppe Conte e il suo Governo e riguarda in particolar modo l’azienda Aspi. Il contratto prevede che in caso di modifica dei termini, Aspi ha 6 mesi di tempo per accettarla o meno: l’azienda può incassare il nuovo Milleproroghe oppure restituire la concessione. Ma se ciò dovesse avvenire – sostengono i legali dell’azienda – questo attiverebbe il relativo indennizzo del valore ante Decreto, ossia i vecchi 23 miliardi di euro, con il risultato di un gigantesco contenzioso fra i Benetton e lo Stato. Ma non è finita qui: la casa madre Atlantia ha versato 900 milioni di euro nelle casse di Autostrade – per far fronte alla crisi e nella certezza che non arrivasse un euro dallo Stato – ma stralciando la promessa, fatta mesi fa, di investire in Italia 14,5 miliardi di euro. Un investimento che avrebbe dovuto rappresentare il ramoscello di ulivo tra i Benetton e il Governo, e invece oggi viene utilizzato come spauracchio. Autostrade e Aspi hanno 13mila dipendenti nel Paese e ora sono a rischio; l’Esecutivo non si aspettava di certo che l’azienda potesse arrivare a tanto. Mentre i 5 Stelle parlano chiaramente di “chiaro ricatto”, i Dem cercano un punto d’incontro. Su un’altra lunghezza d’onda Italia Viva, che ha difeso la richiesta di prestito dell’azienda. Ciò che colpisce della vicenda è il silenzio – o immobilismo – del Governo, così come avvenuto per ArcelorMittal o TyssenKrupp nelle ultime settimane, tanto per citarne solo alcune. La partita è ricominciata.
Fonte: HuffingtonPost, La Stampa