Quando era ancora Ministro dell’Interno, Matteo Salvini veniva attaccato dai giudici per il suo operato sui migranti. Ma una chat su Whatsapp sconfessa le toghe coinvolte nel caso Palamara, che si tinge sempre più di giallo.
Una chat di Whatsapp relativa ad agosto 2018 tra il capo della Procura di Viterbo Paolo Auriemma e Luca Palamara riaccende i riflettori sull’operato di Matteo Salvini quando era Ministro dell’Interno nel 2018. ”Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il Ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c’entri la Procura di Agrigento”. In fondo al messaggio Whatsapp la raccomandazione di non diffondere il contenuto del testo. La risposta di Palamara arriva quasi subito: ‘‘Hai ragione. Ma adesso bisogna attaccarlo”. La conversazione, riportata da La Verità, accende i riflettori sul fatto che nel 2018 certe toghe ammettessero che Salvini non stesse facendo niente di sbagliato; tuttavia, doveva comunque essere attaccato. Tanti i protagonisti della vicenda, tra cui il Presidente dell’Associazione nazionale magistrati Francesco Minisci: “C’è anche quella merda di Salvini, ma io mi sono nascosto“, gli scrive Palamara. Mentre al consigliere del Consiglio superiore della magistratura Nicola Clivio: “Cazzo, ho Salvini davanti”. In altre intercettazioni con la sua famiglia, il magistrato cerca di non farsi notare e riferisce, riferendosi a Salvini: “E’ davanti a me nei controlli in aeroporto”; oppure: “E’ sul mio stesso aereo nei posti in mezzo”.
Queste e molte altre chat, informa Il Giornale, sono agli atti dell’inchiesta che ha scosso le fondamenta del Consiglio superiore della magistratura. La discussione tra i due va avanti, Auriemma è dubbioso: “Tutti pensano che abbia fatto benissimo a bloccare i migranti’. Noi siamo indifendibili. Non ha permesso l’ingresso a soggetti invasori”. Il periodo di riferimento è quello in cui Salvini era finito sotto accusa da parte della Procura di Agrigento. In altri messaggi, con altri interlocutori, Palamara esprime tutto il suo disagio di fronte all’eventualità di incontrare pubblicamente Salvini, oltre a richiedere i pdf delle sentenze del processo di Umberto Bossi e Francesco Belsito. Agli atti, anche una chat tra Palamara e Bianca Ferramosca, componente della giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati che accusa i colleghi di aver dato ragione a Salvini sull’allora decreto Sicurezza.
Uno scandalo nell’ambito della Magistratura, quello che ha colpito Luca Palamara, ex Presidente dell’Anm – Associazione nazionale Magistrati. L’accusa a suo carico, mossa dalla Procura di Perugia e seguita dal pm Gemma Milani, è di corruzione nell’ambito della vicenda che lo vede legato, tra gli altri, a Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone. Quello che si ipotizza è uno scambio di regali tra i due legato a diversi favori. Uno scandalo che si è allargato e ha tirato in ballo via via sempre più nomi, gettando ombre sull’operato dell’intero Consiglio superiore della Magistratura.
Facendo un passo indietro, infatti, il Csm si trova a dover scegliere il nuovo Procuratore di Roma, successore di Giuseppe Pignatone, in pensione. Ma l’indagine su Palamara, attualmente Pm della procura di Roma, sta rallentando il tutto. L’ex presidente dell’Anm, infatti, avrebbe avviato trattative sie per ottenere il ruolo di Procuratore aggiunto, sia per decidere sulla scelta del successore di Pignatone. Palamara è indagato con le accuse di aver accettato denaro, viaggi, gioielli e regali da parte di alcuni lobbisti e avvocati, in cambio di favori nelle nomine di alcuni Magistrati. I fatti risalirebbero a quando Palamara era membro del Csm. L’indagine a suo carico, iniziata mesi fa, mette al centro dell’inchiesta, in particolare, i rapporti tra lui e Fabrizio Centofanti, lobbista arrestato nel febbraio 2018 per reati fiscali. Sarebbe stato il secondo a corrompere Palamara offrendogli viaggi e favori per pilotare le nomine dei Magistrati nelle varie Procure. Una tesi smentita da Palamara che parla di accuse ingiustificate.
Non ne sa nulla, dice, dei “40mila euro che avrebbe ricevuto” né dei viaggi a Favignana, Dubai, Taormina. Ma iscritti nel registro ci sono anche altri nomi: Piero Amara e Giuseppe Calafiore. Tra le nomine che avrebbe dovuto pilotare vi era quella di Giancarlo Longo come Procuratore di Gela. Un altro filone riguarda invece Luigi Spina, ex consigliere del Csm, dimessosi lo scorso anno, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale. Spina avrebbe informato il collega di Palamara dell’inchiesta di Perugia. Tra gli indagati anche il Pm romano Stefano Rocco Fava, per favoreggiamento e rivelazione del segreto di ufficio in concorso con Spina.
Fonte: La Verità, Il Giornale
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