Commercianti in crisi, attività chiuse: ma 101 mafiosi hanno preso il Reddito di cittadinanza

Tegano, Serraino, Pannunzi: sono solo alcune delle famiglie della ‘ndrangheta finite sotto accusa nell’ambito dell’operazione Mala Civitas condotta dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria. Il Reddito di cittadinanza ha aiutato anche loro.

di maio reddito cittadinanza - Leggilo

Una ripartenza a singhiozzo. Quasi paurosa. A tratti disperata. E’ questo lo scenario in cui si è aperta la Fase 2, almeno per i commercianti. Quei commercianti che, costretti a chiudere le proprio attività ormai mesi fa – causa Coronavirus – hanno atteso per mesi indicazioni circa il loro destino. Ad aiuti promessi e non arrivati da parte dello Stato, si sono sommate le speranze su una ripartenza che ha preso il via lunedì 18 maggio. La realtà, in Italia, è stata però un’altra. Lunedì hanno riaperto bar, ristoranti, negozi, parrucchieri, saloni di bellezza, hotel, chiese, musei. Ma l’incertezza sulle misure sanitarie in campo e soprattutto i costi che ne derivano hanno convinto 4 operatori su 10 a proseguire il lockdown, informa Euronews. Molti, infatti, non hanno aperto. E, alle mancanze dello Stato, si è sostituita la criminalità organizzata. Ai clan, infatti, si sono rivolti i cittadini distrutti dalla crisi economica; o per vendere le loro attività, oppure per chiedere prestiti non leciti.

Ma non è tutto. L’operazione Mala Civitas, condotta dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, informa Ansa, ha rivelato che più di 101 boss e gregari delle principali cosche di ‘ndrangheta calabresi hanno richiesto e riscosso il reddito di cittadinanza. I soggetti finiti sotto accusa – che hanno percepito indebitamente per mesi il Reddito – sono stati denunciati, oltre ad altri i 15 sottoscrittori delle richieste irregolari di sussidi di indigenza che avevano inoltrato la domanda. Si tratta di boss e colonnelli di storici casati mafiosi, capi e gregari dei maggiori clan di ‘ndrangheta, ma per l’Erario indigenti e disoccupati da sostenere con aiuti e sussidi.

La Guardia di Finanza ha passato al setaccio una lista dei circa 500 soggetti condannati definitivamente per associazione mafiosa e altri reati di mafia tra la Piana di Gioia Tauro, Reggio Calabria e la Locride. Stando alle norme, nessuno di loro avrebbe dovuto ricevere il sussidio in quanto il reddito non può essere percepito da chi abbia ricevuto una condanna definitiva negli ultimi dieci anni. Ma a quanto pare i controlli non sono stati sufficienti. Un quinto dei boss controllati nei mesi scorsi – destinatari di sequestri milionari – ha messo da parte le pesanti condanne rimediate. Ovviamente, nulla è stato fatto al caso. Così, oltre mezzo milione di sussidi è finito in mano a noti esponenti dei clan.

Come informa Repubblica, fra i beneficiari ci sono esponenti di spicco dei grandi casati di ‘ndrangheta della città: i Tegano e i Serraino, capibastone della Locride e persino i figli di Roberto “Bebè” Pannunzi, il Pablo Escobar italiano, uno dei più grandi broker mondiali di cocaina, in grado di farne arrivare in Italia anche due tonnellate al mese. Arrestato, condannato ed evaso, Pannunzi è stato per anni latitante. Suo figlio Alessandro ha seguito le strade dei traffici internazionali di cocaina, anche grazie a un comodo matrimonio con la figlia di uno dei più grandi produttori di coca di Medellin. Arrestato nel 2018, circa un anno dopo è riuscito ad uscire dal carcere. Così, ha richiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza. Mesi fa, l’operazione Salasso aveva già individuato 237 percettori del reddito di cittadinanza della Locride, tutti con un passato non pulito. Nei mesi successivi i controlli sono stati estesi ad ampio raggio. Toccherà ora all’Inps avviare le procedure di recupero degli oltre 516mila euro di sussidi indebitamente erogati, o quello che ne rimane sulle card. Per il resto, saranno necessari i sequestri. Ma è stata bloccata l’erogazione degli altri 400mila euro che i boss “falsi indigenti” avrebbero dovuto ricevere.

Fonte: Ansa, Repubblica, Euronews

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