L’Associazione lancia l’allarme sui fondi previsti. Carlo Sangalli,denuncia la mancanza di un progetto a lungo termine per il rilancio dei settori più in crisi, come quello turistico. Bene, anche se arrivata in ritardo, l’azione di sburocratizzazione, ma occorre fare presto.
Il “Decreto Rilancio” approvato pochi giorni fa dal Governo del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato accolto tiepidamente dalle associazioni di categoria. L’intento dell’azione del Premier è superare i ritardi accumulati nei mesi di marzo ed aprile sia per il lavoratori autonomi che per i lavoratori dipendenti. E il Decreto introduce aiuti richiesti a gran voce dagli imprenditori, come gli investimenti a fondo perduto. La preoccupazione maggiore delle imprese è sui tempi: la strada scelta – ovvero la sburocratizzazione – è quella giusta, ma ci sono seri dubbi sulla sua effettiva attuazione. Inoltre, nonostante le rassicurazioni del Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, i fondi messi a disposizione non sembrano soddisfacenti per la crisi attutale e quella che si prospetta, specie nel campo turistico.
Perplessità di cui ha parlato anche il Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, a La Stampa. I numeri forniti dell’Associazione sono drammatici: 84 miliardi di consumi in meno – e siamo solo a maggio – rispetto all’anno scorso nello stesso periodo, con il Nord, più colpito dall’epidemia da Covid 19, che perde 48,5 miliardi (16,2 la Lombardia, 10,3 il Veneto, 5,3 il Piemonte e 2,5 la Liguria); 19,1 sono invece le perdite registrate al Centro, con l’Emilia Romagna e Toscana che perdono 7,3 miliardi e 9,1 il Lazio; 16,2 miliardi persi invece al Sud. Spiega Sangalli: “Importante la scelta di sopprimere le clausole di salvaguardia che ci evita aumenti automatici di Iva ed accise. Ma non ancora sufficienti i contributi a fondo perduto”. E ancora: “Lo stanziamento dovrebbe essere tra i 6 ed i 7 miliardi ed interessa lavoratori autonomi ed imprese con fatturato fino a 5 milioni. È una platea amplissima ed il rischio è che i benefici siano insufficienti: serviranno sicuramente più risorse”.
Ma ci sono altri passaggi da effettuare, secondo il Presidente di Confcommercio: come l’impegno dello Stato a soddisfare i pagamenti che la Pubblica Amministrazione ha in arretrato con le aziende, un maggiore sostegno alle spese delle imprese per la messa in sicurezza sanitaria dei locali e un rafforzamento del credito di imposta, anche per venire incontri ai tanti che in questi mesi sono stati chiusi per il lockdown, ma si sono visti recapitare bollette ed affitti. Ma avvisa Sangalli con tono preoccupato: “Non tutto può essere risolto col credito d’imposta”. Punto cruciale del Decreto sono i prestiti a fondo perduto, dunque, ma alcuni aspetti vanno rivisti, ha spiegato Sangalli: in primo luogo una maggiore facilità di accesso ai prestiti e la garanzia al 100% dello Stato anche sopra gli attuali 25mila euro – sopra questa cifra i prestiti sono garantiti al 90% – per tutti i tipi di impresa.
In secondo luogo i tempi: 6 anni per la restituzione sono troppo pochi per settori, come quello turistico, che rischiano di trascinarsi gli strascichi di questa crisi per molti anni. Sangalli su questo è perentorio: “Il fardello dei prestiti rischia di diventare macigno del debito”. Le direttive del Governo preoccupano molti ristoratori, molti dei quali hanno deciso di non riaprire il prossimo 18 maggio. Impossibile, denunciano, rispettare il distanziamento sociale imposto. Spiega il Presidente di Confcommercio: “Rispetto alle indicazioni scientifiche, serve la responsabilità politica di individuare un necessario punto di equilibrio. Quando ci si confronta, le soluzioni si trovano. Bisogna farlo”.
Fonte: La Stampa