Silvia Romano: “Ho dichiarato che Allah è l’unico Dio”. Vetri contro la sua finesta

La cooperante Silvia Romano, tornata a casa da pochi giorni dopo 18 mesi di prigionia, ribadisce che la decisione di convertirsi all’Islam è stata sua, dettata dal bisogno di credere in qualcosa.

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Sono tante le perplessità e le polemiche sulla liberazione di Silvia Romano, la giovane cooperante rapita in Africa nel 2018 da un gruppo di jihadisti. Ciò che più di ogni altra cosa ha stupito l’opinione pubblica è stata la decisione della ragazza di convertirsi all’Islam, il credo dei suoi stessi carcerieri. Silvia, infatti, ora preferisce farsi chiamare Aisha, nome che ha scelto dopo la sua “rinascita” da donna musulmana. Nome importante poiché la seconda sposa del profeta Maometto si chiamava così. Inizialmente in molti hanno ipotizzato che si sia trattato di una conversione imposta con la forza dai suoi carcerieri. La parole della madre di Silvia, del resto, hanno lasciato intendere che non si sia trattato esattamente di libero arbitrio: “Provate a mandare un vostro parente là per due anni e poi vediamo se non torna convertito“. Ha dichiarato seccamente la donna ai giornalisti appostati sotto casa. Ma Silvia, durante l’interrogatorio – riporta Il Messaggero – ha fornito tutt’altra versione e ha raccontato la sua conversione come un gesto spontaneo durante quei giorni di profondo abbandono: “Avevo bisogno di credere in qualcosa, di conoscere le ragioni di quanto mi stava accadendo. Ho espresso io la volontà di diventare musulmana. Ho recitato le formule e ho dichiarato che Allah è l’unico Dio. E’ durato tutto pochi minuti, nessuno mi ha obbligata, è stata una mia scelta. E in quel momento ho scelto di chiamarmi Aisha”.

Secondo gli inquirenti – riferisce la Repubblica – la conversione della giovane potrebbe essere frutto di una condizione psicologica momentanea. Ipotizzano pressioni subite inconsciamente. Ma la ragazza ci tiene a precisare di essere stata trattata sempre con rispetto. Grazie ai suoi carcerieri ha anche imparato un po’ di Arabo e puntualizza che la sua conversione è avvenuta a metà della sua prigionia quando lei stessa ha chiesto di poter leggere il Corano, testo sacro della religione islamica. Ma la totale libertà di scelta proclamata da Silvia non convince il parroco di casoretto, don Enrico Parazzoli, il quale interpreta questa conversione come una sorta di scambio. Per il sacerdote Silvia avrebbe accettato di convertirsi all’Islam per non essere uccisa o torturata, per garantirsi una sorta di protezione. E, per questo, sostiene che bisogna portare il massimo rispetto a Silvia. Di tutt’altro avviso l’Imam della comunità islamica di Napoli, Amar Abdllah il quale spiega che l’islam rifiuta categoricamente le conversioni forzate:”Silvia è adulta e nessuno può forzare un adulto a scegliere qualcosa. Nessuno può fare il lavaggio del cervello ad un adulto. Poi l’Islam non accetta le conversioni forzate, c’è proprio scritto in un versetto del Corano”

Continuano i gesti di odio contro Silvia Romano

E se la liberazione di Silvia e il suo ritorno a casa è stato motivo di gioia per molti, tuttavia c’è anche chi, invece, ha manifestato e continua a manifestare la sua disapprovazione con gesti di odio. Inizialmente solo insulti e minacce sui social. Ma ora – riferisce Il Fatto Quotidiano – la situazione potrebbe essersi aggravata. Infatti, al primo piano del palazzo in cui vive la ragazza con la famiglia, un inquilino ha trovato dei cocci di bottiglia fuori dal davanzale. L’uomo ha subito chiamato la polizia. Si ipotizza che la bottiglia sia stata lanciata come gesto di odio verso Silvia. Gli investigatori del Ros di Milano stanno passando al setaccio tutti i messaggi online contro Silvia. Gli inquirenti stanno anche verificando che non vi siano collegamenti tra gli autori dei messaggi e gruppi di estrema Destra. A tal proposito lo zio Alberto, fratello della madre della giovane cooperante – riporta il Corriere della Sera – ha invitato tutti ad avere rispetto per la nipote. L’uomo, profondamente scosso per tutto l’odio che, in pochi giorni, si è già riversato sulla sua famiglia, ha detto: “Bisogna avere rispetto per Silvia e per quello che ha passato. E’ quello che lei chiede e che noi tutti le dobbiamo. Ha passato cose che noi non possiamo neanche immaginare e di cui non riesce ancora a parlare nemmeno con noi della famiglia”. Al momento, comunque, la ragazza è in quarantena e per le prossime due settimane non potrà uscire di casa. E l’abitazione è sorvegliata da carabinieri e polizia.

Fonte: Il Messaggero, Repubblica, Il fatto Quotidiano, Corriere della Sera

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