Il protocollo avviato in alcuni ospedali lombardi con la terapia al plasma contro il Covid-19 sta infiammando il dibattito accademico. I risultati incoraggianti ci sono stati, ma il Ministero della Salute non sembra per il momento intenzionato a testarlo su scala nazionale.
La cura al plasma, che attualmente è stata avviata, su soggetti specifici, presso il Policlinico San Matteo di Pavia e l’Ospedale di Mantova, sta dando risultati positivi. Come scrive Il Corriere della Sera, il protocollo sperimentato su 52 pazienti affetti da Covid-19, prevede l’iniezione del plasma, ovvero la parte liquida del sangue. Questo plasma è stato precedentemente prelevato da persone guarite dallo stesso Covid-19, e che hanno dunque sviluppato anticorpi che hanno sconfitto il virus. Dopo il prelievo, il plasma è analizzato, dal momento che va constatato l’effettivo livello di anticorpi presenti. Di questi, 48 hanno visto le loro condizioni cliniche migliorante. L’attenzione mediatica riversatasi sul protocollo, giustificata chiaramente dalla mancanza di una cura efficace contro il Covid-19, ha spaccato la Comunità Scientifica.
Come spiega Il Giornale, la cura sperimentata da Giuseppe De Nonno, Primario presso il Reparto di Pneumologia dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova, che ha seguito alcuni studi effettuati già a metà marzo a Wuhan in Cina, sarà presto avviata anche all’Ospedale Cotugno di Napoli e l’Ospedale Santa Chiara di Pisa. Attualmente, si rilasciano autorizzazioni alle strutture che ne fanno richiesta, ma non c’è un progetto nazionale coadiuvato da Ministero della Salute e Istituto Superiore della Sanità. Urgono ulteriori dati che possano giustificare una sperimentazione su larga scala. I risultati scientifici definitivi devono infatti ancora arrivare anche da Pavia: il plasma ha effettivamente migliorato le condizioni cliniche di alcuni pazienti, e creato quindi anticorpi in grado di contrastare il virus, ma bisogna attendere per rilevare quanto duri questo contrasto.
Una ricerca su scala nazionale porterebbe a risultati più veloci e più attendibili. Come ha spiegato Cesare Perotti, dirigente di Immunoematologia del Policlinico San Matteo di Pavia è necessario terminare le analisi dei parametri biologici e clinici, da presentare poi alla Comunità Scientifica, prima di poter affermare se la cura la plasma funzioni effettivamente. Tale terapia verrà presto sperimentata anche negli Stati Uniti. Lo scetticismo mostrato anche dal Comitato Scientifico nei confronti del lavoro dei medici di Pavia ha creato vari strascichi. Dinanzi alle resistenze, l’ospedale lombardo ha specificato che il costo delle sperimentazioni sarebbe piuttosto contenuto per il Sistema Sanitario Nazionale, circa 90 euro per paziente.
Intanto fioccano le prime testimonianze, come quella del medico di base Mario Scali, ricoverato per Covid-19 presso l’Ospedale di Mantova, dove lavora anche sua moglie, che è un’immunologa, che ha spiegato: “Sono guarit dopo essere stato sottoposto alla terapia iperimmune. I dubbi derivano dalla malattia poco conosciuta, e concordo che servano altre prove scientifiche. Ma non capisco questo scetticismo“. Il noto virologo Roberto Burioni, Ordinario presso l’Università San Raffaele-Vita, ha usato toni duri nei confronti del collega De Donno, sull’utilizzo della terapia. Il primario dell’Ospedale pavese si è ritenuto offeso e deluso dagli attacchi, a suo dire privi di fondamento. Per Burioni: “Non è una pozione magica”, a voler quasi sottolineare come l’attenzione mediatica che stanno avendo i medici di Pavia possa essere fuorviante e dare false speranze.
Fonte: Il Corriere della Sera, Il Giornale