Carlo Bonomi è il nuovo Presidente di Confindustria e avrà la responsabilità di far ripartire un sistema produttivo soffocato dall’emergenza Coronavirus.
Carlo Bonomi, imprenditore del settore biomedicale e presidente di Assolombarda dal 2017, è stato eletto Presidente di Confindustria all’unanimità. La sua candidatura era stata annunciata a novembre, ma le sue prime parole sono state dedicate alla riapertura delle attività economiche. La sfida che attende Confindustria è infatti tutt’altro che semplice; la ripartenza delle attività economiche, avviatasi da qualche giorno, è un banco di prova per valutare l’operato dell’Italia durante questi mesi e per fare ipotesi sul futuro. “Non possiamo più permetterci di perdere tempo”, ha detto Bonomi a Repubblica, chiedendo per Confindustria un posto di primo ordine nelle decisioni del Governo.
Tuttavia, il neoeletto ha ribadito la sua delusione circa l’operato di Palazzo Chigi nel gestire l’emergenza Coronavirus. Non abbiamo ancora dispositivi di protezione distribuiti in massa; non abbiamo tamponature a tappeto; non abbiamo indagini per valutare la concentrazione dei contagi; non abbiamo test sierologici sugli anticorpi; non abbiamo tecnologie di contact tracing. Problemi, questi, che non permettono riaperture estese e funzionali. Inoltre, non c’è tempo: “Non possiamo più rinviare decisioni che devono essere chiare e con tempi rapidissimi, ma senza calendari diversi da Regione a Regione”, ha proseguito il nuovo leader degli industriali. A suo dire, comunque, parte dei ritardi è da attribuire ai troppi tecnici di cui si circonda Palazzo Chigi. Il loro ruolo indicherebbe una politica che non sa dove andare e non ha idea della strada da percorrere.
L’obiettivo attuale di Confindustria è riconquistare in due o al massimo tre anni non solo i 9-10 punti di Pil che si prevede l’Italia perda in questo 2020, ma anche i tre punti che a fine 2019 separavano dal 2008. Una sfida difficile, scrive Bonomi su Il Sole 24 Ore, che può essere affrontata osservando gli errori del passato. Guardando al passato, le vittime della crisi rappresentano per la politica una preda ambita: “Una vasta platea da illudere elettoralmente”, dice Bonomi. Confindustria, comunque, non avrebbe alcuna intenzione di schierarsi politicamente.
Il leader degli industriali critica poi la confusione normativa di Palazzo Chigi, tra decreti legge, Dpcm, linee guida, circolari applicative, ordinanze regionali e comunali. L’appello al Governo per cambiare strategia era stato già lanciato le settimane scorse. “La risposta del Governo alla crisi si esaurisce in una distribuzione di danaro a pioggia”, aveva detto in un’intervista al Corriere della Sera, affermando che l’azione del Governo per rispondere alla crisi e al collasso dell’economia sembrava essere un continuo rimando e slittamento di azioni annunciate ma ancora non verificate. Non a caso, il decreto previsto per Aprile per sostenere gli imprenditori e i commercianti al collasso è stato slittato a Maggio. La domanda, a cui rispondere, non è solo quanto denaro sarà investito, ma soprattutto come e da dove. “Si tratta di soldi presi a prestito. Possiamo andare avanti così un mese, due, tre. Ma quando i soldi saranno finti senza aver fatto un solo investimento nella ripresa del sistema produttivo, allora la situazione sarà drammatica”, chiarisce il Presidente di Confindustria. E’ stato stabilito che le imprese non debbano licenziare; ma l’obbligo di un mancato licenziamento non è sufficiente e non salva le aziende dal fallimento. Aziende che, se costrette a chiudere, porteranno comunque milioni di lavoratori alla perdita del lavoro.
Servono insomma riforme per uno Stato equilibrato nelle competenze, non antagoniste tra centro e autonomie; con un fisco che sia leva di crescita, e non un ostacolo; con un welfare concentrato davvero su chi ha meno e su giovani, donne e famiglie, lavoratori a minor reddito e quelli da riorientare al lavoro. Riforme di questa portata vanno inquadrate in un programma di riduzione strutturale del maxi debito pubblico italiano, che renderà l’Italia il Paese più esposto a crisi. Ma – teme il neo presidente di Confindustria – “di questo la politica italiana continua a non volerne sentir parlare”. Alla prossima legge di bilancio occorrerà dunque un credibile piano di rientro del debito a cui vincolare il sostegno europeo per continuare a ricevere gli ingenti investimenti di cui l’Italia avrà bisogno per anni. Risorse che l’Unione Europea sta mettendo a disposizione e che vanno usate, senza pregiudizi.
Si spiega, così, il flop delle domande sui mini-prestiti. Troppa burocrazia e politiche del governo che non fanno chiarezza: di fatto, la liquidità alle imprese non sta arrivando. Bisognerebbe procedere, secondo Confindustria, con lo sblocco di tutte le opere pubbliche già finanziate; con liquidità immediata; con una detrazione sulle imposte. Scettico, Bonomi, anche sull’assenza all’interno delle task-force di esperti di imprenditori: “Stiamo ripartendo senza un metodo, con uno scontro fortissimo governo-Regioni. La confusione è sotto gli occhi di tutti”. Le imprese, che intanto hanno riaperto, pagano il prezzo più alto: stanno riaprendo con costi maggiori e con una produttività più bassa a causa del distanziamento. Inoltre, stanno aumentando anche i costi della logistica e delle materie prime. Gli sforzi dei dipendenti, però, vanno premiati: “Per questo abbiamo chiesto al governo di detassare e decontribuire gli aumenti che le imprese possono garantire ai lavoratori alle prese con l’orario ridotto e la Cig”. La risposta però è stata ancora una volta incerta e titubante.
Un punto di vista condiviso anche da Franco Bechis su Il Tempo. Il rischio è quello di un’esplosione di una vera e propria emergenza sociale al prossimo settembre. Anche Confindustria deve rimodulare la sua agenda, per dare strumenti alle imprese e al Paese per superare la crisi. Le proposte non mancano, ma il governo non ascolta, sostiene Bonomi la cui impressione è che ci si prepari a scaricare le responsabilità su banche e imprese. La responsabilità, invece, è una: di chi è al Governo. E’ da lui che dipende, in gran parte, la reazione dell’Italia alla crisi. Ma la risposta è incerta, titubante, poco chiara.
Fonte: Il Tempo, Corriere della Sera, Repubblica, Il Sole 24 ore
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