C’era stato che i bambini erano esclusi dal pericolo che il Coronavirus rappresenta. Le ultime scoperte, però, cambiano tutto e ci fanno tremare.
Quando a a fine febbraio il Covid-19 ha cominciato a circolare in Italia le domande sono state tante e i dubbi ancora di più, la certezza invece una sola e ci si appigliava saldamente in cerca di una speranza: i bambini non erano soggetti alla trasmissione del virus e potevano quindi essere considerati fuori pericolo – a differenza di altre fasce di età quali gli anziani, tra i più sensibili. Nonostante ciò negli ultimi giorni sono arrivate nuove notizie dagli ospedali, in cui i pediatri hanno riportato un’aumento di bambini soggetti alla sindrome di Kawasaki. Che possa esserci una correlazione con la diffusione del Coronavirus? Andiamo per gradi per scoprirlo.
I sintomi della malattia
Si tratta di una sindrome linfonodale muco-cutanea, spiega Fanpage: un’infezione ai vasi sanguigni – vasculite sistemica febbrile – che colpisce prevalentemente i bambini al di sotto dei 5 anni. I possibili sintomi sono vari e numerosi, quali la congiuntivite, lingua color fragola, labbra secche e febbre alta, oltre che problemi gastrointestinali – vomito e diarrea – e infiammazione cardiaca. Ma le conseguenze sono ben più gravi, come spiega all’AdnKronos Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria: “Possono svilupparsi aneurismi delle arterie coronariche e rompersi o causare infarto del miocardio. La terapia, se attuata in tempo, permette di non avere esiti importanti, ma il fattore tempo è fondamentale”. La malattia, spiega l’esperto, è ormai conosciuta da anni e proprio per questo si conosce già una cura efficacia per contrastarla.
Il rischio maggiore di questa sindrome è l’attacco al muscolo del cuore, spiega Angelo Ravelli, primario di reumatologia all’ospedale pediatrico di Genova, docente all’università e responsabile del gruppo di reumatologia della Società Italiana di Pediatria, su Repubblica: un rischio ridotto al 4-5% grazie alla somministrazione di alte dosi di immunoglobuline. Da un donatore di sangue vengono prelevati anticorpi generici, spiega e, sebbene non si conoscano appieno il funzionamento del meccanismo, sappiamo che è sufficiente a” calmare la tempesta infiammatoria che si scatena nell’organismo. Se si instaura una terapia con immunoglobuline entro il decimo giorno si possono contrastare gli effetti più gravi della sindrome di Kawasaki“. In caso di recidivi, circa un quinto precisa lo stesso Ravelli, si passa ai farmici antinfiammatori – come il tocilizumab, usato in via sperimentale anche negli adulti affetti da Covid .
Kawasaki e Coronavirus, c’è una correlazione?
Ma allora perchè la sindrome di Kawasaki negli ultimi giorni è finita al centro dell’attenzione mediatica? La causa riguarda l’ipotesi di una sua possibile correlazione con il Covid-19i l’incidenza sarebbe diventata di ben 30 volte superiore al passato. La questione della possibile coincidenza tra il virus e la malattia è stata sollevata dai pediatri dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che hanno valuto l’indice di bambini risultati soggetti alla Kasawi e l’aumento in corrispondenza con la diffusione del Coronavirus. A esprimersi a riguardo è ancora Angelo Ravelli: “All’ospedale Gaslini abbiamo visto cinque casi in tre settimane. Normalmente ne vediamo otto o nove all’anno” spiega il medico. Proprio per questo, si è deciso di mandare una lettera ai pediatri di tutto il paese – fino a 11 mila. Nonostante lo stato di allerta il medico ci tiene a precisare che prova certa di una concomitanza non vi sia ancora: “La Kawasaki è nota dal 1967. Non ne conosciamo la causa esatta, ma c’era già il sospetto che potesse avere a che fare con un’infezione. Nel 2005 fu segnalato un caso, rimasto isolato, legato a un Coronavirus. Dei 5 bambini curati al Gaslini, 2 erano positivi al tampone. Anche gli altri erano entrati in contatto con persone infettate. Alla fine sono tutti guariti bene”. Ma non tutti i casi di Kawasaki rilevati sono risultati positivi anche al Coronavirus, motivo per cui è importante non lasciarsi andare ad allarmismi e non diffondere il panico.
Simona Contaldi
Fonte: Repubblica, AdnKronos, Fanpage