Finora non era chiaro se la risposta degli anticorpi al virus durasse nel tempo e se il test sierologico potesse essere utile. Ora, però, arriva la conferma.
Il medico riferito da Angelo Borrelli in quella che è stata l’ultima conferenza stampa di questo Covid-19, sembra dare una dose di ottimismo per prepararci alla fase 2. I guariti sono 4693, il numero più alto mai registrato prima, per un totale di 75945 casi. I casi totali sono 205.463, + 1872 nelle ultime 24 ore. Gli attualmente positivi sono 101.551, con un decremento di 3106 pazienti assistiti dalla sanità. Le vittime sono state invece 285, mentre l’80% del totale dei contagi è in isolamento domiciliare senza sintomi o con sintomi lievi. Nell’attesa di un vaccino, intanto, proseguono gli studi e le ricerche. L’ultimo, informa Ansa, proviene da uno studio della Chongqing Medical University e conferma che chi guarisce dal Covid-19 sviluppa sempre gli anticorpi protettivi al virus.
Pubblicato sulla rivista Nature Medicine, e ripreso su Medical Facts da Roberto Burioni, lo studio ha rilevato che nel 100% dei pazienti analizzati (285), c’è la presenza degli anticorpi IgG, cioè quelli prodotti durante la prima infezione e che proteggono a lungo termine. Di conseguenza, emerge ancora di più l’importanza del test sierologico, che può essere utile per diagnosticare i pazienti sospetti, risultati negativi al tampone, e identificare quelli asintomatici. In questa ricerca, guidata da Ai-Long Huang, è stato analizzato come tutti i 285 pazienti posti sotto analisi avevano sviluppato gli anticorpi specifici per il virus dopo circa 17-19 giorni dalla comparsa dei sintomi. Invece, quelli con gli anticorpi IgM – che si attivano subito quando l’organismo entra in contatto con una nuova infezione – erano il 94,1%, dopo 20-22 giorni dall’inizio dei sintomi. Nelle prime 3 settimane dalla comparsa dei sintomi, c’è stato dunque un aumento di entrambi i tipi di anticorpi.
Quindi il 100% dei pazienti trattati ha sviluppato gli anticorpi che risultano essere la “memoria” del nostro corpo all’infezione – gli anticorpi IgG – e anche quelli che indicano la primissima risposta all’attacco del virus – gli anticorpo IgM. Ora si dovrà capire se gli gli anticorpi IgG sono in grado di fornire un’immunità successiva alla guarigione e per quanto tempo. “Lo studio di oggi è importante, perché ci dice che chi ha avuto infezione sviluppa gli anticorpi, cosa che qualcuno metteva in dubbio per via delle recidive. Ora però dobbiamo essere sicuri che siano protettivi, e a lungo termine. La notizia comunque è buona, anche in prospettiva vaccino” sono le parole, riferite dal Corriere, di Gianni Rezza direttore del dipartimento malattie infettive dell’Iss, “Buona notizia: seppure in quantità variabili, i pazienti guariti da COVID-19 producono anticorpi contro il virus. Questo è bene perché rende affidabile la diagnosi sierologica e, se gli anticorpi fossero proteggenti, promette bene per l’immunità” è stato il commento del virologo Roberto Burioni su Twitter .
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