A Nembro, piccolo Comune considerato il focolaio dell’epidemia bergamasca, ci sono tantissime storie come quella raccontata da Cinzia. Sua madre è stata ricoverata dopo tre giorni dal manifestarsi della malattia; ma per lei era ormai troppo tardi.
Una storia tragica, purtroppo una delle tante, è stata raccontata da Cinzia a Fanpage. Un lutto terribile, che ha provocato dolore e rabbia a causa di soccorsi allertati ma mai arrivati. Siamo a Nembro, in Valle Seriana, Comune considerato insieme a Alzano, focolaio dell’epidemia che ha travolto la provincia di Bergamo. Siamo al 24 febbraio quando la mamma di Cinzia inizia ad avere la febbre. Dopo tre giorni, viene chiamato il medico di base che rifiuta di andare di recarsi a visitare la paziente e che si limita, invece, a prescrivere tre tachipirine al giorno per far scendere la febbre. La donna, però, è sempre più debole. Cinzia racconta di aver discusso col medico, per intimarlo a raggiungere la madre. Eppure, la situazione non cambia. Così, Cinzia chiama il 112 perché sua mamma inizia ad avere difficoltà respiratorie. I medici, tuttavia, le rispondono che non usciranno e che, molto probabilmente, la paziente non sarebbe stata portata neanche in ospedale con i suoi sintomi.
Il saturimetro, strumento che serve per misurare l’ossigenazione nel sangue, segnava 67%, e già sotto il 90% è da considerarsi allarmante. Continua Cinzia: “Ho chiamato il 112 e mi hanno detto che avrebbero richiamato, ma non lo hanno fatto. Mia zia aveva una bombola d’ossigeno, l’abbiamo attaccata”. Dopo circa un’ora e mezza il 112 chiama dicendo di dover aspettare un’altra po’. Intanto, la saturazione era scesa al 54% e sull’avambraccio sinistro erano ben visibili i segni del cosiddetto “effetto marmorizzato”, ovvero un colorito rossastro provocato dalla mancanza di ossigeno nel corpo. Cinzia decide di richiamare alla 22 e alle 23 arrivano i volontari della Croce Verde di Colzate. Continua Cinzia: “Il Pronto Soccorso era pieno, ma mia madre era grave perché aveva avuto una polmonite bilaterale. Ha dovuto aspettare anche per la flebo”.
Arrivata martedì 3 marzo, la mamma è stata ricoverata giovedì 4, verso sera. Da allora non l’ha più vista. Il sabato della stessa settimana una telefonata dall’ospedale la avverte che sua mamma si è aggravata. Il martedì seguente i medici comunicano a Cinzia che ormai stanno eseguendo soltanto cure palliative per la mamma. 12 giorni dopo dell’aggravarsi delle sue condizioni in casa, la mamma di Cinzia muore. Il dolore di Cinzia lascia il posto, per un attimo, alla rabbia, seppure composta: “Non l’ha visitata nessuno in una settimana di tempo a casa sua. Qualcuno doveva almeno venire a vederla. L’avrei portata prima al Pronto Soccorso ma io non potevo andarci. Ci dicevano che era una semplice influenza”.
La storia tragica di Cinzia è, come detto, una delle tante di questo falcidiato territorio. Come ha spiegato Il Giornale, il Comune di Nembro è ormai un territorio in perenne lutto, con una popolazione che mai potrà dimenticare queste settimane. Racconta l’Assessore ai Lavori Pubblici Matteo Morbi: “Questo è un paesino di 11.500 abitanti dove dal 25 febbraio ad oggi il Covid ha fatto 91 morti. Ma la cifra ufficiale comprende solo quelli a cui è stato fatto il tampone”. E conclude: “Se ci aggiungi i morti in casa senza tampone il numero sale. E poi vi sono circa 140 malati chiusi nelle proprie abitazioni in attesa di capire se miglioreranno o peggioreranno”.
Fonte: Fanpage, Il Giornale