Riaperture: il premier Giuseppe Conte ha un piano di riserva, consigliato dal PD

Giuseppe Conte teme che le riaperture del 4 maggio saranno già una prova ardua per il Paese. 3 milioni di persone in più che tornano al lavoro mettono a rischio la curva epidemica. Per questo, dal Governo ci si prepara ad un piano alternativo.

nicola zingaretti - Leggilo

C’è un piano alternativo, nei piani del governo, per accelerare le riaperture nelle aree meno colpite dall’emergenza Coronavirus. Come scrive Repubblica, infatti, a fare pressione nella maggioranza c’è il PD, che guarda con sospetto e con scetticismo all’ultimo Dpcm in vigore dal prossimo 4 maggio. Una data fatidica, questa, che testerà la curva del contagio dopo le prime aperture nel Paese e che, forse, ci dirà realmente a che punto siamo dell’epidemia. E’ quasi certo, ha detto Conte in Conferenza stampa, che la curva dei contagi tornerà a salire. Uno scenario prospettato anche dal Comitato tecnico scientifico che, non a caso, ha frenato sulle riaperture invitando alla massima prudenza. Nel governo, il PD preme per riaprire già il 18 maggio nelle zone meno colpite i bar, i ristoranti, i parrucchieri e le altre attività la cui ripartenza è prevista il primo giugno.

“Dopo il 18 maggio conteranno le differenze territoriali”, secondo quanto riferito dal Ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, che prospetta quindi una riapertura asimmetrica, a zone e a fasi. Ciò che sta facendo, in Spagna, Pedro Sanchez e ciò che ha fatto anche la Germania anche se, da lì, non sembravano essere arrivate notizie incoraggianti. Dopo la fine delle misure restrittive, in Germania, la curva dei contagi sembrava infatti essersi rialzata, notizia poi smentita e che ha quindi fatto tirare un sospiro di sollievo a chi guardava con timore alla fine del lockdown. In generale, le due settimane che vanno dal 4 al 17 maggio, quelle normate dal dpcm, sono considerate una sorta di prova generale. Ma secondo Nicola Zingaretti, Andrea Orlando, Graziano Delrio e Andrea Marucci – i democratici riunitisi in videoconferenza per discutere dell’ultimo dpcm – il primo giugno è troppo tardi per alcune categorie – come bar, ristoranti, parrucchieri, estetiste – che non possono aspettare.

Non c’è tempo, e non ci sono neanche soldi, visto che molti di loro non potranno riaprire e, quindi, si preparano al fallimento certo. Andrea Orlando, così come Zingaretti, spingono affinché, pur senza dimenticare il principio di prudenza, si possa procedere ad una riapertura differenziata. “Non si può far ripartire tutte le regioni allo stesso modo, indipendentemente dallo stato del contagio e dalla situazione degli ospedali“, ha detto il Ministro del Sud Beppe Provenzano. La sensazione, insomma, è che tutta l’Italia stia aspettando il Nord, visto che al Sud la situazione è decisamente più tranquilla. Di fatto, sembra che questo scenario su cui spingono i Dem venga preso in considerazione in ipotesi da Conte. Pertanto, dal 18 maggio, è probabile che in Basilicata, Molise, Sardegna e nelle regioni dove il contagio è quasi scomparso, bar, ristoranti o parrucchieri possano partire prima. Questo è, del resto, ciò che aveva chiesto fin dall’inizio il Ministro dello Sviluppo Patuanelli, e che non aveva trovato d’accordo il Comitato tecnico-scientifico.

La pressione dei governatori

Intanto, dal Sud continuano le proteste dei Governatori, spaventati di ritrovarsi di nuovo a dover affrontare l’esodo dei fuorisede, come già accaduto settimane fa, visto che sarà consentito il ritorno al proprio domicilio. Lombardia e il Piemonte, sono le regioni che maggiormente preoccupano, e si chiede restino isolate, ancora, con una sorta di “lockdown selettivo“, riferisce La Stampa. I Presidenti delle Regioni meridionali spingono affinché venga approntata una soluzione del genere, in modo anche da liberare aree dove la curva è più bassa. Nello Musumeci, Regione Sicilia, fa notare come nell’isola non ci siano grandi fabbriche, ma piccole e medie imprese nel commercio nel turismo, nell’artigianato e nei servizi che chiedono di riaprire.

Non è possibile pensare che parrucchierie, barberie e centri estetici possano ancora tenere abbassate le saracinesche, con il serio rischio di fallimento per le loro imprese“, scrive il presidente di Unicoop Sicilia, Felice Coppolino, in una lettera inviata al Presidente della Regione e al Prefetto di Palermo, visionabile su Adnkronos. La richiesta è che Musumeci avvii senza indugi l’apertura per il 4 maggio prossimo di tutte le attività di cura e benessere della persona, per salvare così dalla povertà migliaia di lavoratori che, tra l’altro, avrebbero già predisposto procedure e modalità di accoglienza dei clienti in piena sicurezza. Riaprire il 1 giugno, come stabilisce il decreto Conte, “mette seriamente a rischio la tenuta sociale in Sicilia, così come nel resto del nostro Paese”.

Due strade possibili

Il problema dell’Italia, inutile girarci intorno, è la Lombardia. Ma nessuno ha il coraggio di dire che un Paese intero è fermo a causa di una Regione o poco più. Malata e motore industriale del Paese, una nazione è ferma indistintamente. Ma la fase 2, in realtà, potrebbe richiedere due linee d’azione che invece non sono state per ora considerate: blindare di nuovo le regioni più colpite per evitare spostamenti in massa e allentare le misure dove i contagi sono minimi. Una soluzione di cui si discuterà dopo le due settimane di prova – dal 4 al 18 maggio – perché per ora, per Conte, è prematuro. L’occhio di tutti sarà puntato sull’indice di contagio RO, quell’indice che, guardando al caso tedesco, si è rialzato dopo poco tempo dalle prime riaperture. Cosa che, se spaventa Conte, dall’altra lo rasserena di aver fatto la cosa giusta. Senza le adeguate misure di contenimento, la seconda ondata del Covid-19 potrebbe essere molto peggiore della prima, come accadde nel caso dell’influenza spagnola.

Un rischio su cui il comitato tecnico-scientifico fa pressione da giorni, come a mettere in allarme il Premier che le riaperture del 4 maggio, per quanto limitate, siano già una prova ardua per il Paese, visto che 3 milioni di persone tornano al lavoro. I bar e i ristoranti possono fare servizio d’asporto, i parchi saranno aperti, si potrà andare a correre e a trovare chi si ama. Sarebbe già moltissimo, secondo Conte. Ma per altri, non è abbastanza.

Chiara Feleppa

Fonte: Repubblica, La Stampa, Adnkronos

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