Le regole europee potrebbero permettere un sostanzioso aiuto di Stato della Germania alle sue imprese: allarme di Francia e Italia. Ma il Paese guidato da Angela Merkel ha già goduto di oltre il 55% degli aiuti anti-crisi.
La battaglia in Europa si fa sempre più aspra. Sui tavoli di Bruxelles, oltre ai Coronabond, giace una richiesta dei Paesi mediterranei: la deroga ai divieti di aiuti di Stato. Francia, Spagna e Italia hanno lanciato l’allarme sui salvataggi delle aziende su spinta pubblica. I Paesi del Nord, come Germania e Austria che hanno debiti pubblici relativamente bassi e maggiori liquidità, sfruttando la crisi economica creata dalla pandemia da Covid-19, potrebbero approfittare della sospensione delle regole sulle ricapitalizzazioni statali, previste nel Patto di Stabilità, e tentare il salvataggio di aziende private. Informa Repubblica che un’azione del genere, andrebbe ad aumentare il gap economico tra i Paesi del Nord e del Sud UE, creando una modifica dei mercati interni che difficilmente potrà essere sanata nel breve periodo.
La sospensione del Patto di Stabilità
La sospensione del Patto di Stabilità, decisa dalla Commissione UE, e valutata positivamente da tutti gli Stati membri, ha però un vizio iniziale: ossia la differenza di liquidità disponibile tra i Paesi UE. L’intento è permettere ai Governi di evitare fallimenti a catena delle imprese e in quest’ottica rientra la possibilità dell’intervento pubblico per il salvataggio di aziende private. Il problema è stabilire sin dove può arrivare la mano pubblica: Bruxelles propone l’assenza di notifica dell’intervento da parte di un Governo fino a 100 milioni di euro. Oltre questa cifra le ricapitalizzazioni avranno bisogno di ricevere il via libera dalla Commissione UE per la Concorrenza Margrethe Vestager. La Commissione dovrà dunque valutare, di volta in volta, se i fondi pubblici sia stato usati per la crisi oppure i Governi usino tale liquidità per il salvataggio di aziende già in difficoltà prima dello scoppio della pandemia. Come scrive La Stampa, ciò è già avvenuto, dal momento che la Commissione UE ha approvato il piano del Governo della Cancelliera Angela Merkel per assicurare un prestito di 550 milioni di euro alla compagnia era Condor, garantito con fondi pubblici.
Cosa è successo nel 2008
La preoccupazione legittima di Parigi e Roma, nasce anche dalla richiesta del Governo tedesco di aumentare tale soglia, senza autorizzazione, da 100 milioni a 5 miliardi di euro, poi rivista a 3. Numeri, ad ogni modo, elevatissimi. L’Austria, il 21 aprile, due giorni prima del Summit UE sul Recovery Bond, scrisse a Vestager che avrebbe acconsentito alla solidarietà sui debiti degli Stati UE, se in cambio venissero tolti i limiti all’intervento pubblico per le aziende private in crisi. Un pò come accadde nel 2008, quando Berlino e gli altri Paesi del Nord si garantirono margini di vantaggio sugli altri Stati salvando le loro banche, ma impedendo in Europa agli altri di fare altrettanto. Sui 1.800 miliardi di aiuti pubblici approvati dall’UE dall’inizio della pandemia, il 55% è andato alla Germania, tra sussidi, prestiti e garanzie, aiuti di poco superiore ai 200 miliardi di euro, nonostante il governo abbia annunciato misure di garanzia per oltre 400 miliardi. Il 20% è andato alla Francia e solo il 10% all’Italia, nonostante sia di gran lunga il Paese più colpito. Il rischio che Berlino ricapitalizzi le proprie industrie, in virtù anche della disponibilità di denaro pubblico è reale. Quando sarà finita l’emergenza torneranno le norme pre-crisi: a quel punto raggiungere la Germania potrebbe essere impossibile.
Le rassicurazioni della Commissione Ue
La Commissione UE ha già annunciato che la linea delle ricapitalizzazioni libere e senza vincoli non passerà: “Il controllo sugli aiuti di Stato resta necessario per preservare mercato interno della CE”. La decisione finale, ad ogni modo, è prevista a giorni, ma dovrebbe passare la linea, indicata da Francia e Italia, di un limite fissato a 250 milioni per gli aiuti senza notifiche. Si pensa anche ad un sistema misto, che peschi tra Rei e Bilancio UE, per permettere a tutti gli Stati di aiutare le loro aziende. Come spiega Guntram Wolff, direttore del “Bruegel” il rischio è alto e servono reazioni immediate da parte dei Paesi più deboli o esposti alla crisi dell’UE: “Se lo schema temporaneo lo consente, la Commissione non può certo impedire a uno Stato che ha ampi margini fiscali di intervento. La risposta italiana è stata debole, anche se le decisioni più recenti vanno nella buona direzione”. Continua l’economista tedesco sul Recovery Found: “Roma può prendere in prestito soldi sui mercati a un tasso ragionevole, visto che la Bce continua a fare il suo lavoro. Ma è giusto dare all’Ue il compito di reperire fondi sui mercati e controllare come vengono spesi anche se il volume del fondo appare troppo piccolo”. E conclude: “E poi sarà in vigore soltanto dal prossimo anno, mentre la necessità è ora”. Infine un consiglio all’Italia: “Aiuti soltanto le aziende più produttive. Bisogna scegliere quelle che meritano veramente di essere supportate, perché non si può continuare a nutrire i vecchi dinosauri improduttivi”.
Fonte: Repubblica, La Stampa