Il Premier Conte: “Non sono pentito delle mie scelte, rifarei tutto uguale”

Per la prima volta dall’inizio dell’epidemia, il Presidente del Consiglio è andato in Lombardia, Regione più colpita dal Covid-19. Conte ha sottolineato come la situazione epidemiologica preoccupi il Governo, che sarà pronto ad intervenire nel caso dovesse aumentare la curva dei contagi.

La fase 2 scontenta gli italiani, ma Conte si difende: "Valutati i rischi, rifarei tutto" - Leggilo.org

L’annuncio della fase 2, anche se fino al 18 maggio trattasi di fatto di fase 1.0, ha aperto un dibattito aspro, con molti italiani delusi dalle scelte fatte dall’Esecutivo. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha deciso di andare in Lombardia, dove il Governatore Attilio Fontana aveva chiesto di anticipare la riaperture delle aziende, anche non strategiche. Richiesta che venne respinta in blocco. Il Premier è stato a Milano, dove ha incontrato Fontana, il Prefetto e una delegazione dei Sindaci, oltre al Presidente di Confindustria. Poi tappa a Bergamo, città più colpita dall’epidemia, dove il Capo del Governo ha incontrato il Sindaco Giorgio Gori e i vertici della Questura e della Prefettura. Conte, che ha capitalizzato un notevole indice di gradimento dall’inizio della quarantena, sembra voglia difendere la sua posizione, magari anche in vista di una possibile corsa solitaria alle prossime elezioni. Ma gli attacchi, il fuoco incrociato di queste ore, che arrivano dall’opposizione, dagli industriali, dai commerciati, ma anche da Italia Viva, e dal Partito Democratico sulla questione delle chiese chiuse, lo hanno costretto a muoversi in fretta.

Durante la sua visita, Conte ha rilasciato un’intervista a La Stampa, in cui ha cercato di rispondere ai malumori che serpeggiano anche tra quelli che fin qui lo hanno sostenuto apertamente. Spiega Conte: “Non sono pentito. Io ho una grande responsabilità nei confronti del Paese. Non posso permettermi di seguire il sentimento dell’opinione pubblica che pure comprendo nelle proprie emozioni”. Il Presidente torna dunque sulle valutazioni epidemiologiche, effettuate dal Comitato Tecnico-Scientifico, che guidano i suoi provvedimenti. Un Comitato che ha avvertito Conte sull’impossibilità di riaprire in breve tempo e sulla necessità di un intervento tempestivo al minimo accenno di aumento della curva dei contagi. La task force guidata da Vittorio Colao, oltre ad un parte del Governo guidata dai renziani, spingevano per un’altra direzione. Ecco perchè la decisione, come avviene del resto da inizio epidemia, è toccata solo a Conte.

Continua il Premier: “Capisco il sentimento di frustrazione e di contrarietà, l’indice del contagio RO adesso è sotto l’uno. Se tornasse a 2 vorrebbe tantissimi contagi dire in pochissimo tempo”. E ancora: “Se un paziente uno è riuscito a far esplodere un focolaio tale da obbligarci a chiudere l’intera Italia, riuscite a immaginare cosa potrebbe succedere con 100 mila casi positivi, quali sono quelli attualmente accertati?”. Già, l’annosa questione degli asintomatici: quanti sono attualmente? E che provvedimenti sono stati messi in campo per trovarli e isolarli? Su questo cala ancora il silenzio. Il rischio di ricaduta è dietro l’angolo, ma non si intravede il piano d’uscita che potrebbe permettere di controllare i contagi e le ospedalizzazioni.

Come aggiunge HuffingtonPost, Conte si è poi concentrato sulla Lombardia, Regione in cui il braccio di ferro con la Lega diviene più importante di giorno in giorno. Continua il Premier: “La preoccupazione è massima: abbiamo aperto all’industria e questo significa non 3 milioni, ma 4 milioni e mezzo di lavoratori che si sposteranno nel Paese”. Eppure questa fase 2 è ancora troppo confusionaria, basti pensare alla confusione avvenuta sul termine “congiunti”, che non ha valore giuridico, su cui il Governo ha dovuto spiegarsi più volte, trasformandolo poi in “affetti stabili”, provocando anche una certa ilarità generale, ma scaricando di fatto l’onore dell’interpretazione alle forze dell’ordine che, e non si sa in che modo, dovranno stabilire di volta in volta le eventuali sanzioni di attuare. Una confusione, questa, che certo non aiuta chi da oltre due mesi è in strada per far rispettare le regole.

Continua Conte: “Ai cittadini abbiamo voluto allentare un po‘, per andare incontro ai desideri comuni, evitando però una sensazione di liberi tutti e di trasformare la ritrovata libertà in un diffusore del contagio anche tra i familiari e gli amici”. Anche per tale motivo è stata mantenuta l’autocertificazione, che molti nel Governo e negli ambienti 5 Stelle avrebbero voluto superare. Il Governo poi, sarà pronto ad intervenire su possibili focolai territoriali istituendo nuove zone rosse. Infine il Premier parla della polemica con il Presidente della CEI Gualtiero Bassetti, insoddisfatta dalla decisione di continuare a tenere chiuse le Chiese: “Con la Cei lavoreremo per concordare uno specifico protocollo di sicurezza, in modo da garantire a tutti i cittadini che parteciperanno a celebrazioni liturgiche condizioni di massima protezione”. E dagli ambienti di Palazzo Chigi circolano già le prime date per le riaperture: l’11 o il 18 maggio.

 

Fonte: La Stampa, HuffingtonPost

Gestione cookie