Calano contagi e decessi ma cresce la paura per la crisi economica che colpirà il Paese dopo la pandemia che ha paralizzato l’economia italiana. E’ necessario ridistribuire la ricchezza.
Se i medici e gli operatori sanitari possono tirare un sospiro di sollievo di fronte al calo dei contagi e dei decessi per Covid-19 nel nostro Paese, lo stesso non si può dire per gli innumerevoli lavoratori che perderanno il posto e rischieranno di trovarsi senza occupazione. Un esito inevitabile, almeno nel breve e medio periodo, a seguito alla massiccia crisi economica che sta per colpire non solo il nostro paese ma tutto il mondo.
Il direttore del Fondo Monetario Internazionale Kristalina Georgevia ha parlato chiaro: “Le nostre previsioni rivelano che 170 paesi sui 189 che fanno parte del fondo registreranno un calo del reddito pro capite” riferisce Il Sole 24 Ore. Gli economisti si aspettano ora “La più grave crisi economica dalla Grande Depressione”: in particolare, nel nostro paese sarebbero 10 milioni gli italiani che rischiano di ritrovarsi in povertà nei prossimi mesi. Secondo Repubblica che ha elencato i numeri della crisi economica che sta per travolgerci, i sostegni economici della Cassa Integrazione rischiano di arrivare tardi e di essere insufficienti per i 6 milioni e 750mila di lavoratori aventi diritto. Inizialmente, l’arco di tempo previsto tra la presentazione della richiesta e la consegna dell’assegno doveva aggirarsi sui sessanta giorni. In verità, siamo ancora in alto mare con milioni di persone che ancora attendono i finanziamenti.
Per quanto riguarda la cifra netta che spetterebbe ai lavoratori, si va da un massimo dell’80% della retribuzione mensile lorda alla perdita del 40% dello stipendio per chi si trova in cassa a zero ore. Facile immaginare come saranno i redditi più bassi quelli più a rischio povertà. Tuttavia, in questo scenario sconfortante, si intravede una possibile soluzione
Per combattere la crisi economica: guadagnare meno per guadagnare tutti
Repubblica tuttavia riporta il virtuoso esempio della multinazionale EssiLux che produce lenti e occhiali. L’azienda avrebbe dimezzato lo stipendio di consiglieri e dirigenti permettendo la creazione di un fondo per la crisi causata dal Covid-19 da devolvere ai dipendenti in difficoltà, accumulando 100 milioni di euro. Cosa succederebbe se tutte le maggiori aziende in Italia seguissero questo piano d’azione?
Con un reddito medio superiore ai 100mila euro all’anno, se i 173mila dirigenti italiani dimezzassero il proprio stipendio per allestire un fondo di emergenza si arriverebbe a disporre di una cifra che oscilla tra i 750mila euro e i 2,5 miliardi di euro, a seconda del taglio applicato. Questo si tradurrebbe nel finanziamento di una cassa integrazione con il massimale di 998 euro a 850.000 aventi diritto. Alessandro Fiorelli, CEO di JobPricing ha evidenziato come un iniziativa simile “Darebbe l’idea di aziende che operano come comunità dove i membri si aiutano tra loro” aggiungendo che “La ridistribuzione della ricchezza è una prerogativa dello Stato“. Del resto, a volte la soluzione più ovvia è anche la migliore: chi ha di più potrebbe rinunciare temporaneamente a una parte della sua ricchezza per aiutare chi rischia di sprofondare in povertà.
Ma cosa ne pensano i diretti interessati?
Tra il personale dirigente in Italia, la sensazione predominante è che la migliore soluzione per risollevare l’economia mondiale dal baratro sia un aumento degli investimenti: Businesspeople riporta gli esiti di un sondaggio sottoposto ai manager italiani riguardo le loro impressioni sulla crisi economica dovuta alla pandemia. Il 90% di loro si aspetta una forte recessione ma l’84% degli intervistati sostiene anche di aspettarsi un forte aumenti negli investimenti. I dirigenti italiani vogliono dunque vivere la ripresa economica da protagonisti. In ogni caso, non si può più ignorare la tempesta in arrivo causata dallo stop forzato causato dalla pandemia ed è necessario prendere subito delle misure eccezionali. Chissà che uno dei criteri di divisione e distribuzione di fondi non possa essere quello solidaristico. Del resto è lo stresso criterio che chiediamo all’Europa