Diminuiscono i morti di Coronavirus e le persone ricoverate in terapia intensiva. Si intravede la fase discendente. In questi giorni si è appreso che il Ministero della Salute già a gennaio aveva predisposto un piano per far fronte all’emergenza del Coronavirus. Ma questo piano è stato messo in atto molto dopo.
Sono 105.847 le persone positive al Coronavirus in Italia. Il dato rispetto al bollettino reso noto dalla Protezione Civile scende di 680 unità rispetto a ieri. Un progresso notevole: il bollettino di eri annotava un calo di 321 persone rispetto al giorno precedente. In Lombardia si registrano 71.969 casi, 713 più di ieri.
26.3848 le vittime, 415 più di ieri
Le vittime con Coronavirus salgono a 26.384. Il numero della vittime è ancora molto alto, siamo oltre i 400 morti dopo 45 giorni di Lockdown. In questo caso il dato risulta essere stazionario, visto che proprio nell’aggiornamento di venerdì pomeriggio i deceduti erano stati 420 nelle ultime 24 ore.
63.120 i guariti, 2.622 più di ieri
I guariti e dimessi dagli ospedali con Coronavirus nel nostro Paese sono ora 63.120. Anche in questo la crescita prosegue, visto che il dato in questione è aumentato nelle ultime 24 ore di ben 2.622 unità. Si registra però una lieve decrescita rispetto al bollettino redatto ieri dalla Protezione Civile, che contava un aumento dei guariti e dei dimessi di 2.922 unità rispetto alla giornata precedente.
192.994 contagiati totali, 3.021 più di ieri
Il numero complessivo delle persone contagiate da Coronavirus dall’inizio dell’epidemia in Italia sale a quota 195.351. Un dato che cresce di 2.357 rispetto a ieri. Il bollettino della Protezione Civile di venerdì pomeriggio parlava di 3.021 nuovi casi totali. Il numero di tamponi eseguiti dall’inizio dell’epidemia sono 1.707.743. Nelle ultime 24 ore ne sono stati eseguiti 65.387.
Ricoveri, la situazione migliora ancora
Le persone ricoverate sono 21.533, con un calo di 535 unità rispetto a ieri. Si allenta la pressione in terapia intensiva con 2.101 ricoverati, una decrescita di 72 casi rispetto a ieri.
Una tragedia evitabile, in parte
Siamo ad aprile, eppure gennaio ci sembra già lontanissimo. In meno di 3 mesi la vita di tutti gli italiani è cambiata in maniera così profonda e inaspettata che ci sembra passata un’eternità da gennaio ad oggi. In quel mese sapevamo cos’era il Coronavirus perché ne sentivamo parlare ai TG ma riguardava Wuhan, la Cina, non noi. Da noi non sarebbe mai arrivato, pensavamo ingenuamente. Poi il primo caso a Codogno, nel Lodigiano. Ma, in fondo, era solo uno. Si sarebbe isolato e tutto si sarebbe esaurito in fretta. Persino la virologa dell’ospedale Sacco, la dottoressa Maria Rita Gismondo, sosteneva che nel giro di poco non avremmo più sentito parlare del Covid 19 e che, comunque, si trattava di qualcosa “poco più grave di una normale influenza”. Ma le cose sono andate ben diversamente. Colpa del caso? Sfortuna? Decisamente no.
Il virus ci ha colti impreparati, ci ha messo di fronte a tutta la nostra inadeguatezza, anche sanitaria, di fronte ad una pandemia. Eppure qualcuno già prevedeva e aveva già iniziato a predisporre un piano di emergenza. Chi? Il Ministero della Salute, guidato dal Ministro Roberto Speranza. lo ha confermato al Corriere della Sera Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione sanitaria: già a gennaio fu istituita una task force per elaborare uno studio preciso sul Coronavirus in modo da prepararsi sul possibile impatto sul sistema sanitario nazionale. ” Già dal 20 gennaio avevamo pronto un piano secretato”. In pratica si cercava già di capire quanti respiratori, posti letto e operatori sanitari vi fossero per riuscire a gestire l’emergenza e prendere adeguate contromisure. E anche per valutare quali ipotetiche conseguenze avrebbe avuto la diffusione del Coronavirus sul nostro Paese. Il dossier è stato tenuto segreto. Perché? Perché si temeva di gettare nel panico gli italiani ipotizzando quello che, allora, sembrava impossibile potesse accadere.“Il Ministro Speranza ha deciso che il piano dovesse restare segreto perché certe informazioni non si possono comunicare con leggerezza”. Ha spiegato Urbani.
La prima versione dell’analisi era pronta il 12 febbraio e poi è stata revisionata il 4 marzo quando è stata presentata al Comitato tecnico-scientifico. In quella fase anche tutti i lavori del Comitato si sono svolti nella massima riservatezza. Il piano segreto – secondo quanto spiega una nota ufficiale del Ministero della Salute – ha guidato tutte le scelte fatte a partire dal 21 febbraio in avanti. Nonostante fosse pronto già da prima. Il Governo ha scelto di metterlo in atto non prima di quella fatidica data. Che tutti gli italiani, purtroppo, ricorderanno per sempre. Di fronte alle accuse di sapere e non aver agito per tempo, il titolare della Salute, ha risposto che grazie alle misure intraprese si sono evitati 800.000 morti. E’ intervenuto anche il Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini:”Non ne farei un romanzo. La pandemia si è rivelata per quello che era. Il lockdown ha contenuto contagi e decessi”.
E non abbiamo dubbi quando il Ministro della Salute afferma di aver fatto tutto il possibile. Ma se il piano era pronto già a gennaio ci chiediamo perché ai primi di marzo – dati riportati da Il Giornale – in tutta Italia gli infermieri erano ancora in affanno per carenza di personale. E risultavano ancora insufficienti i posti letto in terapia intensiva. Addirittura ancora a fine marzo – riferiva Huffington Post – il Friuli Venezia Giulia era in alto mare per mancanza di dispositivi medici. E il presidente di Regione, Massimiliano Fedriga, dichiarava che la Regione aveva dovuto comprare ingenti quantità di dispositivi tutto a spese proprie.
E le polemiche al “piano segreto” del Governo arrivano anche da noti esponenti Dem, come il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. Gori – intervistato da SkyTg24 – ha dichiarato che se le informazioni fossero state condivise con sindaci e amministratori locali, anche loro avrebbero potuto agire diversamente e prendere prima le dovute misure contenitive. “Nell’ultima settimana di febbraio, molte città del Nord, hanno detto “noi non ci fermiamo” perché pensavamo fosse possibile tenere insieme salute ed economia. Sapevamo solo che c’era un focolaio nel Lodigiano. Solo in questi giorni abbiamo scoperto che erano già circolate informazioni, a livello governativo, sulla possibile emergenza. Avessimo saputo avremmo protetto i cittadini per tempo”. Gori spiega che già allora c’erano casi di polmoniti che non venivano ancora associate al Covid 19 ma che, con il senno del poi, ora si sa che erano quello. Gori precisa che, in base ai decessi certificati, si sono registrati ben 5500 morti in più rispetto agli anni precedenti nella provincia di Bergamo e che i contagi stimati sono di molto inferiori a quelli reali.Pertanto ora il primo cittadino della città più massacrata dal virus chiede che, quando si riaprirà il Paese, il Governo fornisca informazioni sicure e in anticipo ai territori e alle aziende per potersi organizzare.
Fonte: Corriere della Sera, Il Giornale, Hufington Post, SkyTg24