Riunione con la task force di Colao, poi incontro con i ministri e con il comitato scientifico, quindi con la maggioranza, infine con le parti sociali nel pomeriggio e con le Regioni. Giuseppe Conte, negli incontri di ieri, ha chiarito a tutti la stessa cosa. Nel giro di pochi giorni, un piano articolato per la riapertura progressiva del Paese.
“La revisione delle misure di distanziamento sociale non significa un liberi tutti, ma non possiamo chiudere i cittadini in casa per sempre”. Così, riporta Rai news, il Premier Giuseppe Conte ha parlato nel corso della cabina di regia con le Regioni e gli enti locali, insieme al ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, a quello della salute Roberto Speranza, ai rappresentanti di Regioni e Comuni e Vittorio Colao, alla guida della task force sulle riaperture. Idea comune, sui cui convergono sia il Presidente del Consiglio che il team di esperti, è che bisogna ripartire tenendo sotto controllo la curva del contagio. Il costante aggiornamento delle informazioni dai territori sarà fondamentale per gestire in condizioni di massima precauzione la fase due per evitare l’esplosione di altri focolai. La risalita della curva è un’ipotesi che prende concretezza di ora in ora. Con l’allentamento delle misure restrittive, infatti, e la graduale ripresa delle attività, è quasi certo che si avranno numeri più alti. Tuttavia, l’Italia di più non reggerebbe, ha chiarito Conte.
La data del 4 maggio sarà una sorta di spartiacque. “Bisognerà riaprire, con cautela ma riaprire”, ha riferito il Presidente alle parti sociali, incontrate nel pomeriggio a Palazzo Chigi. Il verbo adatto, informa Il Corriere, è allentare le misure; il che non significa un via libera per tutti: “Anche se non si possono tenere cittadini in casa per sempre, non sarà un liberi tutti, sarà fondamentale, in questa fase, rafforzare il protocollo di sicurezza sui luoghi di lavoro”, ha ribadito il Premier. Nel momento in cui un’area mostrasse una risalita del contagio dovuta alla fine del lockdown si potrebbe intervenire con un piano che avrebbe in sé già i numeri aggiornati della ricettività sanitaria locale andando a stroncare la criticità, con interventi mirati. Non si esclude quindi un ritorno rapido alla fase uno, nella zona in cui il contagio dovesse riacutizzarsi.
Dal 4 maggio, quindi, dovrebbe cominciare la “fase 2“: dovrebbero ripartire i settori manifatturieri e delle costruzioni, insieme ad alcune attività commerciali, in maniera non indiscriminata e con un piano di riapertura scaglionata. Andranno seguite le regole generali di prudenza e distanziamento sociale. Secondo le cifre, sarebbero 2,7 o 2,8 milioni gli italiani che tornerebbero al lavoro dal 4 maggio, anche se già dal 27 aprile alcune medie e grandi aziende potrebbero riaprire. In ogni caso, bisogna riaprire e anche al più presto: la pressione dei sindacati è sempre più insistente, così come quella dei lavoratori. Ogni settimana di blocco costa all’incirca mezzo punto di Pil.
Il programma delle riaperture
Nello specifico, il piano di Colao prevede che lunedì 27 aprile chi è in regola con tutti i protocolli di sicurezza possa già ricominciare. Poi dal 4 maggio riprenderanno almeno 2,7 milioni di persone. Entro fine settimana, informa Il Sole 24 Ore, il Premier indicherà il programma nazionale delle aperture dal 4 maggio. I negozi potrebbero aprire i cancelli l’11 maggio, mentre bar e ristornati dovrebbero attendere la settimana successiva. Tra i primi passi da compiere, ci sarà protocollo per i mezzi pubblici, usati ovviamente da molti lavoratori. La raccomandazione della task force è di usare la bicicletta o la macchina. Ma, quando questo non sarà possibile, bisognerà comunque ricorrere ai mezzi pubblici. A tal proposito, i Sindaci hanno presentato un piano da 5 miliardi per rafforzare il trasporto pubblico.
Bisognerà aggiornare il protocollo di sicurezza firmato con i sindacati il 14 marzo: guanti, mascherine e distanziamento sul luogo di lavoro, termoscanner per misurare la temperatura, sanificazione degli ambienti. Problema attuale quello delle mascherine: ne servono almeno sette milioni al giorno ma, in questo momento, come ha dichiarato il commissario Domenico Arcuri, le consegne sono ferme a quattro milioni. In cima ai settori più a rischio c’è l’industria automobilistica, il tessile e abbigliamento, metallurgia, siderurgia e costruzioni. Colao aveva proposto di esonerare dal rientro i lavoratori 60enni, ma l’ipotesi è sfumata.
“Restano ancora molte questioni aperte su cui discutere e l’ipotesi di riprendere immediatamente tutte le attività è impercorribile”, fanno eco i sindacati. “Bisogna, dunque, attivarsi, nei prossimi giorni, per ottenere le necessarie garanzie e per evitare che si rischino dolorosi passi indietro sul fronte dei contagi”, hanno richiesto in una nota unitaria Cgil, Cisl e Uil. Dubbi anche sugli spostamenti: saranno permessi al di fuori dal proprio Comune e all’interno delle singole Regioni, lasciando però in vigore i limiti alla mobilità intra-regionale. Niente di deciso, ma per ora sembra essere questo l’orientamento prevalente. Secondo quanto si apprende da diverse fonti, si starebbe pensando ad altre risorse da destinare al settore della sanità, per garantire alcune migliaia di assunzioni di infermieri e per fare fronte anche al carico dell’assistenza domiciliare legata all’epidemia di Covid-19.