L’eutanasia in Olanda, legale dal 2002, ora può essere applicata anche in casi di pazienti affetti da demenza senile e Alzheimer. Il via libera arriva dalla Corte suprema.
Ci si ricorderà, forse, di Noa Pothoven, l’adolescente diciassettenne olandese che si è lasciata morire rinunciando a nutrirsi e idratarsi dopo anni di sofferenze e patimenti fisici e psichici, in seguito a violenze sessuali subite da bambina. Una notizia che fece il giro del mondo in brevissimo tempo, in quanto si parlò di “un’eutanasia legale”, o peggio di un’omicidio di Stato. Tuttavia, la notizia si rivelò essere poi infondata: la ragazzina si suicidò, lentamente, ma senza alcun aiuto da parte dello Stato. La vicenda, però, accese il già complicato tema del suicidio assistito, tema che oggi torna nuovamente sulle cronache.
Infatti, informa Agi, la Corte Suprema olandese ha dato via libera all’eutanasia per i pazienti affetti da demenza avanzata, anche se non in grado di intendere e di volere. Nello specifico, il Tribunale dell’Aia ha decretato che un medico in Olanda può procedere con l’eutanasia quando il paziente presenta una condizione clinica impossibile da migliorare e che causa enormi sofferenze e umiliazioni. La misura può essere applicata solo dopo la diagnosi di almeno due medici, e viene intrapresa anche se il paziente non è più in grado di dare l’ok a patto che abbia dato il consenso quando era ancora in possesso delle sue facoltà cognitive.
Oltre a quei casi in cui una persona si trova in coma irreversibile e non può comunicare in alcun modo con i medici, il suicidio assistito può essere applicato anche a quei pazienti che soffrono di demenza senile, Alzheimer e altre patologie degenerative incurabili che affliggono il sistema nervoso centrale. La Corte Suprema è arrivata alla decisione dopo anni di dibattito, aperto in particolare dal caso di una dottoressa che nel 2016 applicò l’eutanasia in Olanda su una donna di 74 anni, malata di Alzheimer. La paziente aveva già dichiarato prima del peggioramento delle sue condizioni di non voler convivere con la terribile malattia e la famiglia aveva dato il via libera. La dottoressa, riporta Repubblica, fu rinviata a processo.
Il pubblico ministero aveva poi rinviato il caso dinanzi la Corte Suprema “nell’interesse della legge“, proprio per chiarire le condizioni in cui un medico può procedere all’eutanasia anche se il paziente non è più in grado di rinnovare il suo consenso, quindi senza rischiare il processo. Sulla base dell’ultimo pronunciamento, quindi, i medici potranno procedere all’eutanasia anche per quelle persone che non sono in grado di rinnovare la propria scelta a causa dello stato di demenza.
I Paesi Bassi sono stati uno dei primi Stati al mondo ad aver legalizzato l’eutanasia. In Italia, invece, eutanasia e suicidio assistito continuano a non essere legali, nonostante i numerosi casi al riguardo. Forse il primo e più famoso è quello della studentessa di Lecco, Eluana Englaro, che rimase coinvolta in un incidente stradale il 18 Gennaio 1992. In quel caso, furono i genitori a spingere per la sospensione dell’alimentazione, rappresentando le volontà della ragazza che aveva più volte affermato di non voler vivere in modo simile dopo aver appreso anni prima di una situazione analoga che aveva visto come protagonista un amico.
Un altro caso più recente è quello di Fabiano Antoniani, in arte DJ Fabo, un ragazzo milanese rimasto tetraplegico e cieco dopo un incidente stradale e che aveva più volte chiesto l’eutanasia a causa delle sue dolorosissime condizioni di vita. Fabiano di fronte all’ennesimo rinvio riguardante la legge per l’eutanasia in Italia è stato costretto a recarsi in Svizzera aiutato dall’attivista radicale Marco Cappato, dove ha infine potuto ricorrere al suicidio assistito nel Febbraio del 2017. Cappato si è poi costituito per affrontare il processo in Italia ed è stato assolto.
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