Per il premier Giuseppe Conte questo è il migliore governo possibile

Un lungo e articolato discorso, in Parlamento, tenuto dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a un mese e mezzo dall’entrata in vigore delle misure di contenimento della diffusione del Covid-19. Poi, l’informativa in Senato. Ma il discorso non cambia di molto. E neanche la sostanza: avvio della fase due e l’orientamento del governo sul MES e sugli altri strumenti di sostegno all’economia europea.

Giuseppe Conte Mes - Leggilo.org

Mes si, Mes no. Sulla questione ci si interroga da settimane, e domani si giocherà il tutto per tutto, in Europa, per stabilire quali e quante saranno le misure per far fronte al disastro economico, che è la faccia neanche tanto oscura del Covid-19. Il dibattito sul Meccanismo Europeo di Stabilità ha di fatto diviso l’Europa, portando ad un – parziale – ripensamento anche un’europeista convinto come Mario Monti. L’intento al riguardo è quello procedere con la massima cautela, dal momento che l’Europa non può permettersi di ripetere gli errori commessi nella crisi finanziaria del 2008, quando non si riuscì a dare una risposta comune. “Bisogna dare una risposta adeguata e coraggiosa, ma soprattutto unitaria”, ha detto il Premier Giuseppe Conte nell’informativa al Senato di ieri pomeriggio, in vista del Consiglio UE previsto per domani. E se l’Europa sembra aver fatto passi indietro, facendo un mea culpa e chiedendo scusa all’Italia per bocca della von der Leyen, anche l’Italia sembra fare passi avanti verso l’Unione Europea.

Giuseppe Conte fa un passo indietro sul Mes, di nuovo

Gli animi con cui ci si prepara all’incontro di domani sembrano essere, più che accesi, cauti e amorevoli. “Ci sono Paesi in Ue che hanno dimostrato interesse al Mes senza condizioni. Rifiutare questa nuova linea di credito significherebbe fare un torto a questi Paesi che ci affiancano nella battaglia” , ha detto Conte al Senato e al Parlamento. Quindi, se il vecchio Mes è inaccettabile, quello rivisto potrebbe essere secondo il Premier una soluzione. E se, nella conferenza stampa di qualche giorno fa, il Presidente del Consiglio ha ribadito un no deciso al Mes, citando Giorgia Meloni e Matteo Salvini, ora la posizione sembra essere meno netta. Per capire se la nuova linea di credito che fa riferimento al Mes sarà effettivamente senza condizionalità bisogna attendere l’elaborazione dei documenti predisposti per erogare questa linea di credito. “Solo allora potremo discutere se il relativo regolamento può essere o meno opportuno agli interessi nazionali”, ha detto Conte. Le porte, quindi, non sono chiuse.

“Stiamo elaborando un programma di progressive riaperture che sia omogeneo su base nazionale e che ci consenta di riaprire buona parte delle attività produttive e anche commerciali tenendo sotto controllo la curva del contagio”, ha aggiunto il premier, annunciando lo stanziamento di altri 50 miliardi per far fronte alle difficoltà economiche delle imprese. Ma, intanto, il decreto anti crisi è slittato nuovamente al 27 aprile prossimo. Nulla di fatto, quindi. Ma solo altre parole che vanno ad aggiungersi alla catasta di debiti con la bocca che, al Governo, ci si fa ormai da tempo.

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Siamo pronti a fare da soli, aveva detto Conte qualche giorno fa rifiutando la proposta arrivata dall’Europa e dando di fatto un ultimatum all’Europa. Ma ieri, nell’intervento al Parlamento, ha preparato un sì al Mes. “C’è, senza dubbio, una grande abilità forense, nel sostenere l’opposto di quel che si è detto, solo un paio di giorni fa, rivendicando una coerenza di fondo”, scrive Alessandro De Angelis sull’ Huffington Post. Le teorie, insomma, si sono scontrate con la realtà, fatta di consensi e di spirito collaborativo. Si sono anche abbassati i toni e il conflitto e “si rientra in quello schema di negoziato che, da sempre, ha sostenuto il Pd, scevro da un approccio ideologico in materia”, prosegue l’editoriale. Ciò che è chiaro, è che non si andrà in Europa con una presa di posizione netta, piuttosto con l’intenzione di trovare un accordo in fretta, anche se questo dovesse significare rimangiarsi quanto sostenuto da tempo. “La nuova linea di credito è stata accettata dalla Spagna, verificando le condizioni per le spese sanitarie”, ha detto Conte nel suo discorso nelle Aule. Facendo intendere, neanche velatamente, che l’Italia potrebbe allinearsi a quanto fatto dalla Spagna. E facendo anche intendere, agli alleati europei, che l’Italia non si predispone ad un rifiuto, quanto ad un tacito accordo.

Non è stato più docile Adriano Biondi, nel suo commento su Fanpage: Un discorso ampio e molto ben strutturato. Cui però manca qualcosa: la forza di ammettere cosa è andato storto e quanti errori siano stati commessi“. Ciò che sembra mancare, nei discorsi del Premier, è un’assunzione di responsabilità da parte del Governo. Che Giuseppe Conte abbia sulle spalle il peso di una nazione intera è chiaro a tutti, così come è chiaro che da queste responsabilità non si possa ormai più fuggire. Comitati, task force, esperti sono un supporto all’azione di governo, ma non possono sminuirla. Cosa che, invece, è apparsa agli occhi di tutti. Il ruolo delle task force non è chiaro, e non è chiaro a questo punto neanche quello della politica: che rapporto c’è, che distanza c’è, e soprattutto che legame di subordinazione c’è tra chi ha un ruolo politico e chi uno scientifico? Ma non c’è chiarezza neanche sui tempi, sui dati, sulle misure economiche annunciate e rimandate di giorno in giorno. “Le strategie sono accennate, le risposte smozzicate, le scelte mai definitive”, scrive Biondi. E in effetti l’alone di incertezza e provvisorietà sembra albergare in ogni discorso, intervista o conferenza stampa.

Non eravamo pronti

A questo clima di confusione va aggiunta un’altra costante: la totale assenza di autocritica in ogni intervento del Presidente del Consiglio, dei ministri o dei rappresentanti della Protezione Civile. Tutti hanno agito nel migliore dei modi, tutti hanno fatto il massimo, nessuno ha sbagliato. E invece non è proprio così. Perché di errori ne sono stati commessi e neanche pochissimi, come quei 20 giorni intercorsi tra il primo caso di Codogno e l’avvio del lockdown, giorni persi e che si sono rivelati quasi fatali per la diffusione della pandemia. Mai è stato ammesso che non eravamo pronti, ed eravamo anzi impreparati, dinanzi ad una tragedia che nessuno si aspettava. Non si era pronti al governo, non si era pronti negli ospedali, non si era pronti da nessuna parte. Il sistema, nel suo complesso, non era pronto. E il tracollo è stato netto, portando alla luce i troppi intoppi e le troppe disfunzionalità del sistema stesso.

Il ruolo stesso di Giuseppe Conte impone di farsi carico di tutto ciò che non ha funzionato. E se, dopo più di un mese dalla chiusura, la curva dei contagi si è stabilizzata ma non è di certo calata, è chiaro che qualcosa non ha funzionato. E il governo italiano dovrebbe risponderne, così come dovrebbe rispondere la Cina. Numeri altissimi, milioni di famiglie a rischio, economia a picco, confusione in ogni Regione, disagi dei lavoratori: va tutto bene, sul serio? I nostri sacrifici, hanno senso sul serio? E ciò che è stato fatto era sul serio l’unica cosa da fare?

Domande a cui forse non si avrà una risposta, ma su cui possono essere fatte ipotesi. L’intera gestione dell’emergenza sembra, a ben guardare, un procedere per tentativi. Un procedere a tentoni, e anche un po’ a casaccio, a dispetto di quella linea d’azione coerente, sicura e lineare di cui Conte si fa portavoce. Il Parlamento si è dimostrato essere il grande assente di questa crisi, e deputati e senatori sembrano essere accessori dinanzi agli occhi del Presidente del Consiglio, meno validi addirittura della task force di esperti che circondano il Premier. Cosa ne sarà di tutta questa gran confusione? Non è dato sapere, per ora. Ma se la fase 1 è stata dominata da una grande confusione, ciò che accadrà nella fase 2 può essere ancora peggio.

Chiara Feleppa

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