Il Capo dell’Esecutivo ha fatto sapere che nessuna apertura sarà anticipata e che tutto avverrà nei medesimi tempi senza differenze regionali. Oggi il Premier alla Camera e al Senato. Montano le proteste degli imprenditori: la voce di Cipriani, storico ristoratore di Venezia che chiede al Governo di fare presto.
A meno di due settimane dalla data di scadenza delle misure di contenimento, il Governo guidato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte appare ancora in difficoltà, stretto tra la Comunità Scientifica che teme un alleggerimento troppo frettoloso e settori industriali e commerciali che vogliono ripartire al più presto. Si ha la certezza che ogni giorno di chiusura verrà pagato a caro prezzo e il braccio di ferro in Europa sugli strumenti di tutela finanziaria e finanziamento economico non fanno altro che incutere paure nel domani. Le Regioni, con Lombardia e Veneto e Piemonte in testa, premono per un’apertura anticipata, con le dovute preoccupazioni. Mentre al Sud, il Governatore della Campania Vincenzo De Luca, ha già fatto sapere che, qualora ciò dovesse avvenire, è pronto a chiudere le frontiere regionali e a bloccare anche i treni provenienti dal Nord. Stamane, come riporta Repubblica, il Premier Conte, che in giornata andrà prima a Montecitorio e poi a Palazzo Madama, informerà le Aule sulle prossime azioni dell’Eseutivo.
Il Presidente Conte, con un lungo post su Facebook, chiude a qualsiasi ipotesi di riapertura anticipata ed annuncia che, entro la fine della settimana e ciò potrebbe avvenire con un’altra diretta sui social e in televisione, verrà comunicato il piano di riapertura che, ad ogni modo, non inizierà prima del 4 maggio. Scrive Conte: “Riaprire ora sarebbe irresponsabile. Vi sono le esigenze delle imprese e delle attività commerciali di ripartire al più presto, mi piacerebbe poter dire: ‘Riapriamo tutto’, ma non possiamo”. Il Capo del Governo avverte però che tutte le misure saranno adottate su scala nazionale: “l governo prenderà decisioni sulla fase 2 nell’esclusivo interesse di tutto il Paese. Nell’interesse dei cittadini del Nord, del Centro, del Sud e delle Isole. Non permetterò mai che si creino divisioni”.
Il Premier dunque ha deciso di non accettare le richieste dei Governatori Attilio Fontana, Luca Zaia e Alberto Cirio. Sarà, molto probabilmente, una fase ad apertura scaglionate, così come lo saranno anche le uscite dei cittadini, magari per fasce di età. Ma cresce sempre di più l’insoddisfazione dei commercianti e degli imprenditori, che temono un tracollo finanziario dal quale non potrebbero più riprendersi. In una lunga intervista rilasciata a La Verità, Arrigo Cipriani, proprietario dello storico “Harry’s Bar” di Venezia, uno dei più famosi locali di ristorazione italiana nel mondo, ha parlato del momento difficile che la categoria sta attraversando, facendosi portavoce di tantissimi imprenditori che temono per le sorti delle loro aziende. La sensazione, che appare evidente nelle parole anche di Cipriani, è che il Governo non abbia un piano ben preciso, ma si affiderà, di volta in volta, agli eventi. Un problema enorme per chi, già proveniente da una chiusura prolungata, deve programmare, e quindi anche investire, in un locale o in una azienda.
L’Harry’s Bar ha quasi 100 anni di storia ed è una tappa fondamentale per chi visita la città di Venezia. Da qui sono passati Hemingway, Welles, Onassis e la Regina Elisabetta, ed è stato proclamato dai Beni culturali luogo di interesse nazionale nel 2001. Insomma un vero e proprio monumento della città. Questi saloni sono sopravvissuti alla guerra, ma per la prima volta dalla sua nascita ha dovuto chiudere, causa pandemia da Covid-19. Spiega Cipriani: “Dobbiamo riaprire o moriremo. È chiaro che Giuseppe Conte sta andando avanti per tentativi, senza una piano preciso. È un avvocato che non sarà mai uno statista”. E continua: “Zaia è uno di noi. Parla il linguaggio dei veneti, e lo dico senza campanilismi. È l’unico che riesce a interpretare i bisogni della nostra gente”. Con le dovute precauzioni riaprire, dunque. Ma farlo, perchè se anche una città come Venezia suona l’allarme, la crisi che rischia di franarci addosso potrebbe tagliare le gambe al Paese.
Ma Cipriani, 88 anni appena compiuti, conosce bene il virus: suo figlio è stato colpito, ma fortunatamente adesso sta bene. Ma per riaprire bisogna organizzarsi e non arrivano tante indicazioni da Roma: si progetta con gli Assessorati e le associazioni di categoria, con l’incubo che il Governo possa prolungare i tempi. Continua Cipriani: “Anche di quarantena si muore. Con i tavoli lontani sarà difficile tenere aperto, ma la mia idea di ristorante è anzitutto accoglienza Sicuramente avremo le mascherine ma certamente non mi arrenderò al plexiglas”. La preoccupazione per Cipriani è anche per i suoi collaboratori: 75 dipendenti a Venezia che non hanno ancora visto la cassa integrazione, mentre la crisi morde alle caviglie. Per tornare ai livelli pre-pandemia ci vorranno almeno due anni. Un tempo lunghissimo per rivedere i turisti e i cittadini affollare di nuovo la città. Ma Cipriani ha costruito in tanti lunghi anni una catena di ristoranti all’estero: ma lì c’è più fiducia sulla ripresa. Continua l’esperto ristoratore: “Si soffre anche a New York, ma negli gli Stati Uniti, a differenza nostra, Donald Trump sta facendo cose straordinarie, ha tirato fuori subito 2.000 miliardi. Dovremmo prenderlo ad esempio, noi europei”. Le somme che si prevedono dall’UE non rassicurano gli imprenditori, anzi: “La crisi esisteva già prima ed è stata prodotta da un’UE fondata sull’ideologia dello strapotere tedesco. Dall’Europa un’elemosina: di miliardi non ne servono 37, ma 500, e a fondo perduto. Altrimenti diventa un cavallo di Troia, anzi, di troika. Vogliono cuocerci a fuoco lento”.
La paura di Cipriani è la stessa di tantissimi imprenditori e lavoratori di questo Paese. Mancano le certezze, le sicurezze sui tempi e sulle modalità. Per quanto la crisi sanitaria abbia stravolto tutto, si chiede al Governo un atto di coraggio, il prendere con decisione una strada e percorrerla. Conclude Cipriani: “Sento dire che questa è una guerra, ma attenzione, io l’ho vista la guerra. A volte ho paura che si esageri con l’allarmismo, con la diffusione del terrore”. E ancora: “Rischiamo di abituarci agli ingressi nei locali scaglionati, al controllo di massa: è una forma di dittatura che potremmo accettare senza accorgercene”.
Fonte: Repubblica, La Verità