60mila euro all’ospedale bergamasco Papa Giovanni XXIII; 100mila euro alla Caritas; 30 respiratori. Sono questi alcuni degli aiuti materiali donati da Papa Francesco in questa fase di grande emergenza.
60mila euro all’ospedale Papa Giovanni XXIII. Questa la cifra donata attraverso la Diocesi di Bergamo da Papa Francesco ad una delle strutture bergamasche più colpite dall’emergenza Coronavirus. ”Si tratta di un nuovo segno della sua vicinanza“, spiega la Diocesi, come riporta SkyTg24. L’ospedale impiegherà la cifra donata dal Papa anche nella struttura sorta in Fiera. Il vescovo della diocesi, Monsignor Francesco Beschi, ha espresso all’Elemosiniere Pontificio e al Capitolo di San Pietro profonda gratitudine, trasmettendo all’ospedale il dono del Pontefice. Ma gli interventi del Vaticano a sostegno della sanità impegnata nella lotta al Covid-19 non finisco qui.
Giovedì 26 marzo, ricorda Avvenire, il Papa ha acquistato e affidato 30 respiratori all’Elemosineria Apostolica per essere donati ad alcune strutture ospedaliere nelle zone più colpite dalla pandemia. I respiratori sono stati mandati in alcune strutture in Italia e in Spagna, Paesi in maggiore sofferenza a causa del Covid-19. Il 23 marzo, poi, l’elemosiniere Konrad Krajewski – volto noto alle cronache – si era recato presso la Casa Generalizia delle Figlie di San Camillo a Grottaferrata e presso la Congregazione delle Suore angeliche di San Paolo sulla via Casilina – strutture in isolamento – per fare sentire loro la vicinanza e l’affetto del Santo Padre. Il Cardinale ha donato loro alcuni prodotti, come latte fresco e yogurt, donazione avvenuta anche per la Casa di riposo Giovanni XXIII. A cura di Krajewesky, anche “il sacchetto del cuore”, con dentro pasti e generi di prima necessità e destinato ai più bisognosi.
Va anche ricordato che la Caritas della diocesi di Roma, di cui il Papa è vescovo, tiene aperte le mense sia pranzo che a cena, nel rispetto delle norme di sicurezza. Insieme ai quattro centri di accoglienza diocesani, è stata creata anche la “Fraterna Domus”, struttura temporanea per ospitare 90 persone, finanziata dalla Diocesi di Roma e dalla Cei. Proprio alla Caritas, informa La Stampa, sono stati donati 100mila euro finalizzati al primo soccorso. Bergoglio, tramite il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, ha devoluto la cifra per un primo soccorso in questa fase di emergenza. “Tale somma vuol essere un’immediata espressione del sentimento di spirituale vicinanza da parte del Santo Padre verso tutti quei servizi essenziali a favore delle persone più deboli della nostra società“, spiegava in un comunicato.
In Vaticano, dunque, si sta cercando di far fronte all’emergenza con interventi economici su vari fronti, nonostante le entrate del piccolo Stato si siano ridotte al minimo. Chiusi i Musei Vaticani, e fortemente limitata l’attività dell’Annona e della Farmacia, restano però i costi di gestione. Città del Vaticano e Santa Sede hanno complessivamente circa 5mila dipendenti e la spesa per gli stipendi è tradizionalmente quella che incide maggiormente sul bilancio consolidato della Santa Sede. Inoltre, si starebbe pensando alla possibilità di ridurre i canoni di locazione degli immobili di proprietà dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, adibiti a esercizi commerciali. Ciò per venire incontro alle necessità dei gestori, fortemente penalizzati.
“Mancato pagamento dell’Ici? Notizia falsa” dice il Vaticano
Queste notizie, scrive Avvenire, smentiscono quanto circola sui social circa l’insufficiente impegno impegno economico del mondo cattolico sul fronte Coronavirus. Non solo. La questione del presunto mancato pagamento dell’Ici-Imu da parte del Vaticano, che avrebbe sottratto alle casse dello Stato risorse per qualche miliardo, non sarebbe nient’altro che una fake news. A smentire la tesi, il Presidente dell’Apsa, il vescovo Nunzio Galantino, in una articolo apparso su “Vatican News“.
“Bisogna ribadire che sugli immobili dati in affitto, da sempre le imposte vengono pagate senza sconti o riduzioni”, ha affermato Galatino. Ad esempio, nel 2019 l’Apsa ha versato 5.750.000 euro di Imu e 354.000 euro di Tasi. Questi soldi sarebbero finiti per oltre il 90% al Comune di Roma, dove gli immobili si trovano. A queste cifre, vanno aggiunti i 3.200.000 euro di Ires, per un totale di 9.300.000 euro.
La sentenza dell’UE
La faccenda del mancato pagamento risale a diverso tempo fa. Facciamo un passo indietro. A quanto diffuso dai giornali, la Chiesa in Italia non paga l’Ici sui suoi immobili e dal 2005 non paga le tasse anche sui beni utilizzati a fini commerciali. Privilegi che ci sono stati contestati dall’Europa già nel 2012 e che hanno portato a una sentenza della Corte di giustizia europea, la quale ha stabilito che la Chiesa deve restituire l’imposta comunale sugli immobili non versata tra il 2006 e il 2011. Una cifra che, secondo stime dell’Anci, si aggira intorno ai 4-5 miliardi.
I giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea, scrive Repubblica, hanno così annullato la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale UE del 2016 che avevano sancito “l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative” nei confronti degli enti non commerciali. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere difficoltà interne all’Italia. La sentenza della Corte di Giustizia dell’UE non consente direttamente ai comuni di recuperare soldi per l’Ici non versata, ma sanziona l’Italia per una norma del 2012 per aiuti di Stato.
Il ricorso accolto dalla Corte di giustizia è stato promosso dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del Tribunale UE del 15 settembre 2016, che in primo grado aveva ritenuto legittima la decisione di non recupero della Commissione europea nei confronti di tutti gli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit, di una cifra che, secondo stime dell’Anci, si aggira intorno ai 4-5 miliardi. La Commissione aveva infatti riconosciuto all’Italia l’assoluta impossibilità di recuperare le tasse non versate nel periodo 2006-2011, dato che sarebbe stato oggettivamente impossibile, sulla base dei dati catastali e delle banche fiscali, calcolare retroattivamente il tipo d’attività svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali, e calcolare quindi l’importo da recuperare.
La Montessori, sostenuta dai Radicali, nell’aprile 2013 fece ricorso contro la Commissione, ma nel 2016 il Tribunale UE confermò la sentenza. La Corte di giustizia ha invece annullato sia la decisione della Commissione europea che la sentenza del Tribunale UE, spiegando che tali circostanze costituiscono mere “difficoltà interne” all’Italia, “esclusivamente ad essa imputabili“, non idonee a giustificare l’emanazione di una decisione di non recupero. A battersi per i cinque miliardi di arretrati dell’IMU della Chiesa era stato anche il MoVimento 5 Stelle, ricorda Il Sole 24 ore. Il senatore Elio Lannutti aveva infatti depositato un emendamento che dispone che la Chiesa paghi l’Imu su tutti i suoi immobili adibiti a ristoranti, bar, alberghi, o anche all’erogazione di servizi ospedalieri o sanitari.
La vicenda sembrava essersi già chiusa nel 2012, quando il governo Monti firmò un accordo con le autorità ecclesiastiche. In base a quell’intesa ogni singola parrocchia o realtà ecclesiastica, se titolare di una attività commerciale, da quel momento era tenuta a pagare l’imposta sugli immobili al Comune di riferimento. Ma ad oggi, a distanza di diverso tempo, è riemersa. In questo momento di tracollo finanziario dovuto al Covid-19, infatti, lo Stato italiano potrebbe certamente trarre beneficio dagli arretrati dovuti dal Vaticano.
Fonte: Avvenire, SkyTg24, La Stampa, Vatican News, Repubblica, Il Sole 24 Ore