Secondo il virologo Andrea Crisanti ci vorranno almeno 4 mesi per tirarci fuori dal Coronavirus. Tuttavia lo scienziato consiglia di tornare alla normalità gradualmente. Intanto, arrivano gli ultimi dati forniti dalla Protezione civile.
Arrivano gli ultimi dati della Protezione civile. Come di consueto, il Capo Angelo Borrelli ha riferito in conferenza l’andamento dell’epidemia da Coronavirus nel nostro Paese. I contagi sono in totale 85388, + 2339 casi nelle ultime 24 ore. I decessi sono stati invece 766. Il totale dei guariti è di 19758, +1480. Dati incoraggianti, dunque, che ci fanno sperare che la fine del tunnel sia vicina. Probabile, ma bisogna andarci cauti. Uno dei pensieri ricorrenti in tutti gli italiani ormai è: quando potremo tornare alla normalità? Quando potremo tornare a non avere più paura di venir contagiati dal Coronavirus? Quando potremo tornare a lavorare e a fare tutte quelle piccole cose che prima davamo per scontate ma che ora ci appaiono meravigliose? La risposta certa nessuno può ancora darcela.
Qualche giorno fa il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha proposto di riaprire subito fabbriche e scuole perchè, intanto – a suo giudizio – non ci libereremo tanto presto dal Covid 19 e, dunque, dobbiamo imparare a conviverci. La proposta non è parsa plausibile a molti che temono che, se si seguisse questa linea, i contagi tornerebbero presto a salire. Gli esperti, cautamente, cominciano ad avanzare ipotesi.
Il professor Andrea Crisanti, virologo e direttore dell’Unità complessa diagnostica di Microbiologia a Padova, prevede ci vorranno almeno 4 mesi. Un periodo ben più lungo, dunque, di quello previsto dal Governo. Tuttavia – ha spiegato Crisanti a Il Tempo – è impensabile tenere tutto il Paese fermo e le produzioni bloccate per 4 mesi. Sarebbe una disfatta economica. Ed è, inoltre, impensabile tenere le persone, e i bambini soprattutto, chiusi tra le quattro mura domestiche per ancora settimane e settimane. Così, secondo il virologo, dovremo tornare piano piano alla normalità, in modo graduale. “Bisogna capire quale sia il rischio accettabile e procedere per gradi, con le dovute accortezze”. Lo scienziato argomenta che, se tra un mese, riapriamo tutto di botto, il rischio è di tornare al punto di partenza e creare una nuova ondata di contagi. Pertanto sarà necessario riaprire sì ma monitorando chi va a lavorare, chi resta a casa e rinforzare le misure di sicurezza. Continuare ad utilizzare le mascherine, limitare i contatti e tracciare gli spostamenti.
Per la cura del virus potrebbero servire anni. Al momento si stanno sperimentando diversi farmaci in Italia come il Tocilizumab, l’Avigan e l’antivirale Remdesivir. Un vaccino non c’è ancora e non sarà pronto a breve considerando che saranno necessarie tutte le dovute sperimentazioni prima di metterlo in commercio. Pertanto – conclude Crisanti – l’Italia dovrà potenziare le capacità diagnostiche sia nel fare i tamponi sia nel dosaggio degli anticorpi.
Già qualche tempo fa – riportava Askanews – il professor Crisanti era intervenuto per specificare che gli aspetti in cui confidare per sconfiggere il Coronavirus sono 3: quarantena, sorveglianza attiva e bella stagione. Il virologo, in particolare, si era occupato dei contagi nel Comune veneto di Vò Euganeo. Qui si è riusciti a far scendere la curva degli infettati proprio grazie alla diagnosi e all’isolamento di tutti, sintomatici e asintomatici. E lo scienziato proponeva di adottare le stesse misure preventive nel Sud Italia dove bloccare tutto e isolare tutti è più facile rispetto ad una Regione come la Lombardia dove chiudere il 100% delle attività produttive è, di fatto, impossibile. “Bisogna fare tutto il possibile per mettere in sicurezza il Sud, dove ancora si può. Se ci riusciremo allora là potremo riaprire le produzioni. Il Nord non ce la farà in breve tempo”.
Fonte: Il Tempo, Askanews
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