Al Policlinico di Pavia è stata avviata la sperimentazione della plasmaterapia, grazie all’utilizzo del plasma dei guariti da Covid-19 che, dopo aver contratto la malattia, hanno di conseguenza sviluppato anticorpi.
Anche se Giuseppe Conte ha chiarito, nell’ultima conferenza stampa di ieri sera, che anche coloro che hanno già contratto e sconfitto il virus dovranno seguire le misure di contenimento sociale, quindi attenersi ai decreti, questi ultimi sembrano essere utili per ricerche e tentativi di ricerca di una cura efficace. Informa Ansa che a Pavia ha preso il via una nuova sperimentazione. Alcuni malati di Covid-19 sono stati curati con il plasma dei guariti, che quindi hanno sviluppato gli anticorpi.
La “plasmaterapia” – per utilizzare un termine tecnico – è stata avviata al Policlinico di Pavia. Il protocollo è stato predisposto dal servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale del San Matteo, in collaborazione con altre strutture come l’Ats di Mantova. I primi due a donare sono stati i medici di Pieve Porto Morone, marito e moglie, tra l’altro tra i primi casi di contagio da Covid-19 in provincia di Pavia.
A spiegare la terapia era stato qualche tempo fa Gianpietro Briola, presidente di Avis – l’Associazione Volontari donatori del sangue – che alla Stampa aveva parlato della ricerca avviata con le Università di Pavia e Lodi. L’obiettivo è quello di ricavare farmaci plasmaderivati da somministrare ai pazienti più fragili con malattie croniche oppure, in alternativa, come terapia per i malati Covid. Gli enti coinvolti nella sperimentazione hanno dapprima effettuato il tampone su alcuni donatori di Castiglione d’Adda, in provincia di Lodi. Di questi, 40 sono risultati positivi ma asintomatici: hanno di conseguenza sviluppato la malattia senza accorgersene e hanno prodotto gli anticorpi.
“Sapevamo già che nella zona focolaio avremmo trovato un’ alta incidenza di positivi asintomatici, con gli anticorpi“, spiega Briola. E infatti, dai test è emerso che il 70% dei donatori sono risultati positivi al Covid-19. Gli asintomatici, però, sfuggono ai dati ufficiali. Per questo, i medici del Lodigiano hanno chiesto che vengano effettuati tamponi a tappeto. Massimo Vaiani, Presidente dell’Ordine dei Medici, intervistato su La7, ha spiegato che la preoccupazione, nelle zone ex rosse, è per chi uscirà di casa e tornerà al lavoro. Il tampone post quarantena, infatti, viene fatto solamente a chi ha sviluppato la malattia in modo grave o con sintomi forti, mentre per tutti gli altri non ci sono prove dell’avvenuta guarigione. “Per questo – spiega Vaiani- stiamo chiedendo di potenziare l’utilizzo del tampone o comunque di scegliere un metodo di monitoraggio allargato per mappare le persone asintomatiche che rischiano di continuare a portare in giro il virus”. Si cerca, in questo modo, di evitare la possibile seconda ondata del Coronavirus.
Fonte: Ansa, La Stampa, La7
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