Non c’è solo l’emergenza sanitaria, anche quella economica inizia a farsi sentire. E, dato il probabile prolungamento delle misure di contenimento, occorre un piano preciso ed efficacie per non far cadere nella disperazione centinaia di migliaia di famiglie.
La crisi economica comincia a farsi sentire e cresce nelle famiglie italiane il profondo terrore di non poter affrontare altri giorni di isolamento forzato. Come scrive Il Corriere della Sera, la probabile proroga delle misure di isolamento potrebbe far cadere ben 260mila famiglie italiane sotto la soglia di povertà. Eccetto le categorie considerate essenziali, annoverate nell’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la stragrande maggioranza degli italiani non si sta recando a lavoro e non ha, dunque, un’entrata o un reddito. I più colpiti sono i possessori di partita IVA, i lavoratori con contratti determinati e i lavoratori con contratti indeterminati in cassa integrazione o in congedo straordinario.
Valutando i dati forniti dalla Banca D’Italia sui bilanci medi delle famiglie italiane, in linea con la soglia di povertà dagli studi OCSE, è ipotizzabile che le famiglie che potrebbero trovarsi in grossi guai finanziari dopo due mesi di quarantena oscillano dallo 0,4%, ovvero 100mila famiglie (ipotizzando la perdita di oltre l’80% di profitti per i lavoratori indipendenti), all’1%, ovvero 260mila famiglie, (ipotizzando anche una riduzione del 20% dei redditi da lavoro dipendente). Situazione che andrebbe chiaramente ad aggravarsi se le misure restrittive dovessero protrarsi per lungo tempo. Se la quarantena dovesse durare sino all’autunno prossimo, cioè per 6 mesi totali, il numero delle famiglie a rischio salirebbero a una cifra compresa tra 180mila, pari allo 0,7%, e 390mila , pari all’1,5%.
Queste percentuali medie vengono valutate su base nazionale. Entrando nello specifico, per 2 mesi di quarantena, le percentuali si alzano al Sud, dove raggiunge il 2%, e al Centro del Paese, dove arriva all’1,5% contro l’1% del Nord. Questo perchè nel Mezzogiorno vivono famiglie che hanno minori ricchezze finanziarie, quindi un minor risparmio economico accumulato negli anni. Mentre nel Centro ci sono in maggioranza aziende a conduzione familiare, colpite maggiormente dalle misure di isolamento. Le misure adottate dal Governo non sembrano sufficienti, e non sono concentrate sulle categorie più a rischio. Senza contare, e va detto senza ipocrisie di sorta, ci sono tantissimi lavoratori che operano nel sommerso, che non potranno avere alcuna tutela.
Primi segnali di insofferenza sociale si sono già verificati nel Paese. Come spiega Open, le misure adottate per le partite Iva, ovvero i 600 euro di rimborso previsti, non possono essere sufficienti. Racconta Don Andrea Regina, Coordinatore della Caritas: “Stanno aumentando le richieste di beni di prima necessità alla Caritas, gente che mai era venuta da noi, oggi ci chiede aiuto. I nuovi poveri sono quelli che non avevano tutele. A loro bisognerà dare presto delle risposte”. Come spiega Angelo Pedrini di Sial Cobas, questi giorni di marzo sono terribili: “Molti hanno percepito lo stipendio del mese precedente tra il 10 e il 15 febbraio. E quindi in questi giorni stanno fronteggiando così l’emergenza. E poi? Cosa succederà da aprile?”.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Open
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