Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, interviene nel dibattito sul Coronavirus. Ritiene che il Governo abbia emesso decreti poco efficaci per contenere il virus.
Il Coronavirus, oltreché una questione medica, è anche una questione di politica. E’ compito della politica, infatti, emanare direttive efficaci al fine di contenere, per quanto possibile, un’ulteriore diffusione della pandemia. Il 25 marzo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha emanato un nuovo decreto che, di fatto, ha depenalizzato l’inosservanza ad uscire di casa. In pratica il cittadino che trasgredirà a questo divieto e uscirà dalla propria abitazione durante il periodo di quarantena sarà passibile di multa pecuniaria ma non verrà arrestato. E proprio su questo aspetto è intervenuto il pm di Agrigento Luigi Patronaggio che – a Repubblica – ha spiegato le ragioni della sua contrarietà. “Ci voleva più coraggio e consentire l’arresto in flagranza di reato con l’accusa di delitto colposo contro la salute pubblica”. Secondo il magistrato questo susseguirsi di decreti non farebbe altro che gettare i cittadini e gli operatori di giustizia nella confusione più totale. E, inoltre, rimettere tutto a sanzioni pecuniarie creerebbe un ulteriore problema: le Prefetture, deputate alle sanzioni amministrative, saranno ingolfate ma lo sarà anche il sistema di giustizia perché saranno moltissimi i cittadini che faranno ricorso al giudice di pace contro queste multe. La soluzione proposta da Luigi Patronaggio è una: arresto in flagranza, da scontare ai domiciliari, e sequestro del veicolo. “L’arresto non deve scandalizzare. In questa situazione mettere in pericolo la salute degli altri cittadini è ben più grave che rubare al supermercato, truffare attraverso inserzioni pubblicitarie o appropriarsi dei beni di un socio”.
Secondo Patronaggio le decisioni del legislatore lasciano trasparire una latente sfiducia nella magistratura inquirente e nel sistema repressivo penale. Il magistrato agrigentino conclude sostenendo che questa pandemia deve essere l’occasione per riflettere se il sistema di giustizia è in grado di affrontare gravi problemi di sicurezza nazionale.
Solo due settimane fa – riportava l’Ansa – il magistrato era intervenuto per ribadire che violare le “zone rosse” costituiva reato e che chi lo faceva rischiava l’arresto fino a 3 mesi. Nella fattispecie Patronaggio faceva riferimento ad un video diffuso sui social network da due ragazze, di cui una proveniente da una zona rossa. Queste erano state le parole del pm: “In merito ad alcuni video che circolano sui social network, la Procura di Agrigento ricorda che violare le cosiddette zone rosse integra il reato di cui all’articolo 650 del codice penale che prevede la pena dell’arresto fino a tre mesi.”
Ma ora, con il nuovo decreto del Governo Conte, le parole del magistrato risalenti ad appena due settimane fa sembrano già sorpassate e anacronistiche.
Fonte: Repubblica, Ansa
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