Borghi è il terzo medico di base deceduto a causa del Covid-19 nella provincia lodigiana, ovvero il primo focolaio dell’epidemia. Sua figlia racconta di un uomo che è caduto sul campo, e che è stato un punto di riferimento per un’intera popolazione nelle settimane più dure.
La situazione in Lombardia, attualmente la Regione con il più alto numero di contagi da Covid-19, resta drammatica. Le zone più colpite restano le città metropolitane di Bergamo e Brescia. Sono calati invece i contagi nella provincia lodigiana, epicentro del primo focolaio d’Italia, anche se restano critiche le aree di Codogno, Castiglione D’Adda e Casalpusterlengo. Comuni in cui, quando non era ancora scattato nel Paese l’allarme Coronavirus, i primi a combattere contro quelle “strane polmoniti”, sono stati i medici di base. Sono stati tre, in quest’area, a cadere sotto i colpi del Covid-19 e tantissimi si sono ammalati. E tra questi anche il Dottor Giuseppe Borghi, 63 anni, che aveva uno studio medico in Via Marsala a Casalpusterlengo. Borghi aveva sposato Daniela, piacentina, ma aveva deciso di rimanere nel suo Comune di nascita, in quello studio dove, dagli anni ottanta, accoglieva i suoi pazienti. A raccontare la sua storia ad Avvenire, sua figlia Elena, specializzanda in chirurgia pediatrica all’Università di Padova: “Non si è mai fatto problemi a restare ben oltre l’orario di ambulatorio, se qualche paziente lo chiamava per chiedergli di aspettarlo”. E ancora: “C’è sempre stato per tutti, senza gesti eclatanti ma vivendo giorno dopo giorno il suo lavoro con impegno e abnegazione”. Quando il Dottor Borghi ha iniziato ad avere i primi sintomi ha deciso di auto-isolarsi: lo ha fatto per proteggere tutti, i suoi pazienti, la sua famiglia. Poi la situazione è peggiorata ad inizio marzo: complicazioni polmonari gravi hanno reso necessario il ricovero a Piacenza, poi il trasferimento a Bologna. Ma non c’è stato niente da fare: l’11 marzo è deceduto. Una comunità che piange un altro suo medico, un uomo che ha dato tutto per i suoi pazienti. E sua figlia Elena, promette di andare avanti nel suo nome: “Non si sentiva un eroe. Era un bravo papà, un bravo marito, un bravo medico: tutto qui. Solo ora mi rendo conto quanto sulla mia scelta di studiare medicina abbia influito vederlo sempre motivato, sereno, col desiderio di fare al meglio il suo dovere”.
Come aggiunge Il Giorno, il Dottor Borghi è il terzo medico di base deceduto nell’area del primo focolaio, la zona lodigiana, insieme al Dottor Ivano Vezzulli, di 61 anni originario di San Rocco al porto, con uno studio medico a Maleo, e Marcello Natali, 57 anni, che accoglieva i pazienti nel suo studio di Via Carducci a Codogno. Natali era anche Segretario per la provincia di Lodi della Federazione dei Medici di Medicina Generale. E proprio dall’Ordine è arrivata una lettera diretta al Ministro della Salute Roberto Speranza, in cui si chiede di tutelare i medici di base in una fase così critica: “Il mondo ci sta guardando: noi vogliamo che i nostri medici, che sono la risorsa più preziosa del nostro sistema sanitario, siano tutelati adeguatamente”. E concludono: “I medici di famiglia stanno svolgendo un incessante e faticoso lavoro nei confronti della popolazione, disorientata e spaventata. Il prezzo pagato dalla categoria è inaccettabile da parte di qualunque Paese civile”.
L’Ordine dei medici di Lodi nei giorni scorsi inviato una lettera al Ministro della Salute chiedono di potenziare le unità di intervento domiciliare, la chiusura al pubblico degli studi medici con attività ambulatoriale preceduta dalla valutazione telefonica. “Il mondo ci sta guardando: noi vogliamo che i nostri medici, che sono la risorsa più preziosa del nostro sistema sanitario, siano tutelati adeguatamente – scrivono –-. I medici di famiglia stanno svolgendo un incessante e faticoso lavoro nei confronti della popolazione, disorientata e spaventata. Il prezzo pagato dalla categoria è inaccettabile da parte di qualunque Paese civile”
Fonte: Avvenire, Il Giorno