Dapprima diagnosticata come polmonite, Jessica Barcella era stata rimandata a casa. Poi la situazione è precipitata: soltanto dopo gravi complicazioni è arrivato il via libera per il tampone, che ha segnato la positività al Covid-19.
La situazione nella città metropolitana di Bergamo è drammatica. Lo scenario sembra quello di una guerra: tra le strade deserte sfrecciano ambulanze, il reparto di terapia intensiva e sub-intensiva dell’Ospedale Giovanni XXIII è saturo in ogni ordine di posto, e colonne di camion dell’Esercito prelevano le bare dal Cimitero Monumentale. Il bilancio delle vittime segna una media di circa 50 decessi al giorno. Il Sindaco Giorgio Gori ha chiesto alla Curia della città di poter utilizzare le Chiese come camere mortuarie. Nessuno dei deceduti avrà un funerale, come prevede il Decreto Emergenza del Governo del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma dietro a quei numeri, ci sono storie: storie di nonni, padri e madri. Perchè va sempre più accantonandosi l’idea che il Covid-19 non sia pericoloso per i giovani, o per quelli che non hanno patologie pregresse.
Jessica Barcella, di Padrengo, in provincia di Bergamo, aveva 43 anni ed era madre di due figli, Samuel e Christian, come racconta Fanpage. Non aveva alcun problema di salute. Dopo qualche giorno di febbre, sabato 29 febbraio, suo marito, a causa dei forti dolori al petto, decide di portarla all’Ospedale di Seriate, per fare delle lastre, che rivelano una “polmonite con versamento pleurico sinistro”. Non siamo ancora in piena emergenza, ma già da giorni ci sono stati casi di Covid-19 nella vicina provincia lodigiana: a nessuno viene in mente di fare il tampone per il Coronavirus. Le viene prescritta una cura antibiotica, che i primi giorni ha effetto: Jessica Barcella, si riprende. Poi di nuovo la febbre, qualche giorno dopo, fino all’aggravarsi della situazione, il 10 marzo. Quella mattina, suo figlio Samuel, il più piccolo, si accorge che qualcosa non andava: sua madre non si svegliava. Una volta chiamato aiuto, la famiglia decide di chiamare i soccorsi: Jessica viene trasferita all’Ospedale di Giovanni XXIII di Bergamo, dove le sue condizioni appaiono subito critiche. I medici, nelle nuove lastre effettuate, rivelano una diversa polmonite da quella diagnosticata giorni prima e decidono di effettuare il test, che rivela la positività. Jessica Barcella viene intubata, ma purtroppo non ce la fa: troppo gravi le conseguenze della polmonite causata dal Covid-19. Morirà il 19 marzo, dopo un calvario lungo 20 giorni.
Come racconta l’Eco di Bergamo, sua sorella Iris ha rivelato che Jessica godeva di ottima salute: “Stava benissimo, in generale non ha mai avuto un’influenza nella sua vita. Non fumava, non beveva: era anche salutista nel mangiare, benché mai estremista. Eppure si è ammalata ed è morta”. E continua: “I medici l’hanno presa a cuore, anche perché giovane e mamma. Sono stati davvero splendidi, anche se hanno detto che per loro la scomparsa è stata un grande insuccesso”. Ora Iris, come tutta la famiglia di Jessica compreso il papà e la mamma, sono in quarantena in attesa dei test, anche se hanno comunicato che al momento stanno bene. La notizia ha sconvolto l’intera comunità del piccolo Comune di Padrengo. Conclude Iris: “L’aspetto più straziante sta anche nel non poter vivere il lutto. A me dà fastidio vedere la gente che balla e canta sui balconi, semmai si preghi. Bisogna chiudere tutto. Non uscite o moriremo tutti”.
Fonte: Fanpage, L’Eco di Bergamo