“Mio padre è morto e io sono in terapia intensiva, non scherzate con il Coronavirus”

Giovanni Zampino è uno dei contagiati da Coronavirus. Attualmente è ricoverato nel reparto di terapia intensiva all’ospedale Maria Vittoria, a Torino. Nello stesso ospedale c’era anche suo padre, che non è sopravvissuto.

giovanni zampino Covid - Leggilo

Giovanni Zampino, 41 anni, è un uomo qualunque. O meglio, la sua storia sarebbe stata quella di un uomo qualunque, se non fosse che la sua vita si è scontrata con il Coronavirus. Un virus contagioso e mortale, che sta provocando panico nel mondo e anche in Italia, dove si è diffuso in un batter d’occhio. Giovanni è stato ricoverato circa una settimana fa al reparto di terapia intensiva dell’ospedale Maria Vittoria di Torino. Insieme a lui c’era anche suo padre Antonio, di 76 anni. Ma se lui prosegue ancora oggi la sua battaglia, il suo amato papà è deceduto.

L’influenza è arrivata a Giovanni circa un mese fa, presentandosi con tosse e febbre a 38. Dopo qualche giorno, i sintomi sono peggiorati. I tamponi effettuati hanno dato esito positivo, e stesso destino è toccato anche al padre. “Quella è stata l’ultima volta che ho visto mio padre”, ricorda Giovanni in un’intervista a La Stampa.Ho scoperto che era morto quando mi è arrivato un messaggio di condoglianze. Mio fratello ha preferito non dirmi nulla dato che sono ancora in ospedale“, ha proseguito. Giovanni non riesce a dimenticare il momento in cui sono stati portati via entrambi in ambulanza, ma neanche lo sguardo dei vicini: “Mi sono sentito un appestato, gli occhi delle persone non li dimenticherò mai”.

Il 41enne ora sta meglio, ma il suo messaggio è chiaro: “Questo non è un gioco, ho perso un padre e non ho potuto salutarlo mentre moriva da solo in un letto di ospedale, in un reparto in cui nessuno dei parenti è potuto entrare“, ha raccontato per poi ammonire le persone che non seguono le disposizioni ministeriali. “Vedo ancora troppi giovani in giro che se ne fregano: questa non è un’influenza, l’influenza non ti manda in terapia intensiva“, ha proseguito.

Giovanni non beve, non fuma, fa sport ed è giovane; mentre Antonio era un soggetto più rischio essendo anziano e dializzato. “Un anno e mezzo fa ho deciso di tornare a vivere con mio padre perché era mancata mia mamma e lui aveva bisogno di essere seguito”, ricorda l’uomo. Da pochi mesi aveva iniziato a lavorare per una società di monopattini a noleggio a Torino. Al momento della diagnosi, aggravata da brividi e respiro corto, il COVID-19 era nei loro corpi da un pezzo. “Quando uscirò da qui mi godrò ogni istante della mia vita, una giornata di sole, una passeggiata. Non avrei mai creduto che la mia vita potesse cambiare in pochi giorni”, ha concluso. Anche lui, come moltissimi altri italiani, è infuriato per una politica, dice, che avrebbe potuto fare di più: “Da italiano sono arrabbiato, qui ci sono medici che lavorano ritmi insostenibili, non si fanno i tagli alla sanità”.

“Sembra un film horror, ma non lo è”

Oltre all’intervista, Giovanni ha parlato anche in un video riportato da Quotidiano piemontese. “Scusate la maschera, ma purtroppo non posso parlare senza. Non posso respirare senza il suo ausilio, e di notte devo portare un casco che mi permette di respirare”, dice Giovanni a fatica. Il ragazzo si è lasciato andare a qualche ricordo dei giorni passati, quando la vita scorreva in maniera tranquilla. Ricorda il lavoro, il suo caro papà di cui si prendeva cura, i suoi hobby, lo sport, gli amici. Una vita normale, quella che conducevano moltissimi italiani fino a poco tempo fa.

“Devo dire che anche io come tanti ho sottovalutato questo virus, non ho fatto nulla per andare incontro e prendere questo virus. Invece purtroppo è entrato nel mio corpo e nel frattempo ha ucciso la persona più cara della mia vita”, dice. A suo dire, in giro c’è troppa ignoranza e troppo poche sono le informazioni date. Il suo consiglio? Stare a casa 15 giorni. Stare con le proprie famiglie. Giocare a giochi di società. Vedere un film. Leggere un libro. Soltanto così, agendo insieme, potremo riprendere in mano la nostra vita. “Non riesco a dormire, la mia vita si è stravolta, vorrei che nessuno provasse le sofferenze che sto provando io, questo sembra un film horror, ma purtroppo non lo è”, ha concluso.

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Fonte: La Stampa, Valsusa Oggi

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