Notizie sempre più drammatiche da Wuhan: il nuovo coronavirus ha superato le vittime dell’allora epidemia Sars. Intanto il Governo lavora per riportare a casa Niccolò, il 17enne bloccato da una settimana nella città in quarantena.
Sembrava tutto pronto per riportarlo a casa, ma invece il giovane Niccolò di Grado, in provincia di Gorizia, partito per la Cina nell’ambito del progetto “Intercultura”, non è salito insieme agli altri 8 nostri connazionali sul volo organizzato dall’Aeronautica militare britannica. Come racconta Il Corriere della Sera, che ha intervistato Sara Platto, professoressa universitaria di Brescia che si sta occupando del ragazzo, Niccolò pur essendo risultato negativo ai test del coronavirus non può ancora lasciare la Cina. Il perchè lo spiega la stessa professoressa: “Prima di partire gli hanno misurato la febbre e il termometro segnava 37,3°. Le normative cinesi in questi giorni prevedono che sopra i 37°, anche se 37,3° si considera semplice rialzo termico, non lo possono far imbarcare, ma la decisione finale non spetta ai cinesi”. Niccolò non è solo: ad affiancarlo c’è il signor Tian, volontario cinese della “China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation”, che si prende cura di lui e cerca, attraverso l’apporto delle autorità di non fargli mancare nulla. Sono tanti i volontari, autorizzati dal Governo cinese, che stanno dando una mano alla popolazione locale, in special modo agli stranieri rimasti in città. Controllare una quarantena collettiva di una Megalopoli di 11 milioni di abitanti è quasi impossibile. Sono stati interrotti i trasporti pubblici e chiusi gli uffici e tutti i luoghi dove il virus potrebbe facilmente propagarsi. Continua la professoressa Platto: “Vorrei fargli arrivare qualcosa da mangiare di italiano, pasta, sugo. E poi ho anche la Nutella. Ma siamo a tre quarti d’ora di macchina da dove sta lui e io non ho un’auto a disposizione”. Ma Niccolò non è il solo. In città infatti vive anche il manager vicentino Lorenzo Mastrotto con la moglie e due bambini, ma non ha chiesto di essere evacuato, dal momento che vive e lavora da anni a Wuhan e questa è ormai la sua città. Intanto il Ministro degli Esteri del Governo Luigi Di Maio ha promesso che la Farnesina con l’aiuto della Protezione Civile e dell’Aeronautica Militare ha pronto un piano per riportare Niccolò in Italia.
Coronavirus ha già causato più vittime di tutta l’epidemia Sars
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha comunicato che il nuovo coronavirus ha superato per
numero di morti, 814, quelle della Sars, la sindrome respiratoria acuta che nel 2002-2003 fece registrare 774 decessi. Come riporta
Repubblica, nelle ultime 24 ore ci sono stati 89 morti, dato che segna il macabro record della nuova epidemia. Come ha dichiarato il responsabile del programma di emergenza sanitaria dell’Oms,
Michael Ryan, il numero degli infetti invece sembra andare a stabilizzarsi, anche se è troppo presto per annunciare che il virus ha raggiunto il suo picco:
“Stiamo registrando un periodo di stabilità di quattro giorni, in cui il numero di casi segnalati non è aumentato. Questa è una buona notizia e potrebbe riflettere l’impatto delle misure di controllo che sono state messe in atto”. Sono molte le similitudini tra il nuovo coronavirus e la Sars. In primo luogo entrambe sono state per la prima volta riscontrate in Cina, la prima a Wuhan e la secondo a Foshan. Sembra che il virus, in tutti e due i casi, abbia compiuto il decisivo passo dagli animali all’uomo nei mercati rionali di pesce delle due città, dove si vendono anche animali vivi che, insieme alla scarsa igiene di questi luoghi, hanno fatto venire in contatto l’uomo con questo virus. Nel caso della Sars l’animale in questione è stato individuato nello zibetto, mentre per il nuovo coronavirus gli scienziati non sono ancora sicuri se sia partito da alcuni serpenti o dal pipistrello, entrambi commestibili in Cina e venduti proprio in quei mercati. Ma se è vero che il coronavirus è più infettivo, cioè si trasmette molto più facilmente, la Sars aveva un tasso di mortalità molto più alto. Nel 2003, anni in cui la Cina si apprestava a salire sulla rampa della crescita economica, il Governo temendo ripercussioni nel commercio, nascose volontariamente il propagarsi della Sars al mondo intero. Basti pensare che i primi casi riscontrati risalivano al novembre 2002, mentre Pechino ammise l’esistenza dell’epidemia soltanto nel febbraio del 2003. L’esistenza del nuovo coronavirus invece è stata annunciata nel gennaio di quest’anno dopo i primi casi di metà dicembre. Resta, ad ogni modo, l’ostracismo di Pechino nel rivelare e condividere gli ultimi dati disponibili, nonostante le pressioni dell’Oms e della Comunità Internazionale. Il medico
Li Wenliang, il 34enne che a fine dicembre aveva dato l’allerta sul nuovo virus, venne arrestato dalla polizia di Wuhan con l’accusa di aver turbato l’ordine sociale, come egli stesso raccontò alla Cnn qualche settimana fa. Ammalatosi, è deceduto lo scorso 3 febbraio. Una vicenda, anch’essa, che riporta a quella del medico italiano
Carlo Urbani, che lavorava nell’ufficio dell’Oms ad Hanoi, tra i primi a capire nel 2003 la pericolosità della Sars. Si ammalò e morì l’11 marzo dello stesso anno, all’età di 49 anni, dopo aver messo il mondo in guardia dalla nuova epidemia.