Preoccupazione della comunità internazionale per la mossa di Ankara. La situazione potrebbe precipitare.
Il Parlamento turco, con un voto nella serata di ieri, ha approvato la risoluzione per l’invio delle truppe del Paese nel nord della Libia. Il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan, ha ottenuto il via libera senza troppi affanni. Il voto è la conclusione delle trattative avviate da Erdogan con il Capo del Governo di Conciliazione Nazionale della Libia, Fayez Al-Sarraj, lo scorso 27 novembre. La Turchia volta le spalle dunque al Capo della Cirenaica Khalifa Haftar, ma compie un passo in avanti per il controllo di una delle aeree più influenti del Mediterraneo. Nella risoluzione non vi è una data ufficiale e, come spiegano molti analisti internazionali, difficilmente Erdogan invierà truppe a sostegno di Al-Serraj nel breve termine. Ma vi è ad ogni modo una presa di posizione importante e significativa. Ma quali sono i rischi di questo passo compiuto dal “Sultano” di Ankara? La cosa peggiore, e probabilmente è quello a cui mira Erdogan, è controllare le due rotte dei migranti che fuggono dal Paese di Assad o dal Nord Africa. Questo piano è stato già ampiamente sviluppato, e con successo, nella vicina Siria. Il Governo turco pretese, infatti, miliardi di euro per bloccare la rotta dei balcani seguita dai migranti per entrare in Europa. Soldi che Bruxelles concesse, e concede tutt’ora, molto volentieri. Ma cosa capiterà se la Turchia dovesse mettere mano anche sulla rotta che dal Nord della Libia porta in Italia? Nulla lascia presagire il meglio. Ed è per questo che sorprende il silenzio del Governo del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sulla questione. L’Italia ha colpevolmente lasciato quella che dovrebbe essere un’area di interesse nazionale, alla mercè degli altri Stati. E ora la situazione si complica ancora di più. Il 17 dicembre scorso, come ricorda questo articolo de Il Fatto Quotidiano, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio era volato in Libia per incontra prima a Tripoli Al-Serraj e poi a Bengasi Haftar. Il capo dei grillini aveva parlato di “incontri proficui e di alti livelli politici”, auspicando una risoluzione governativa in tempi brevi e di “far riprendere all’Italia il ruolo di interlocutore principale, di Paese amico”. Ma la mossa di Erdogan non era poi così imprevedibile, o meglio, Francia e Stati Uniti, che nel Paese ci sono da anni, avevano capito da tempo le mire del Presidente Turco.
A condannare la mossa di Erdogan ci sono in primis gli Stati Uniti di Donald Trump, che esprimono preoccupazione per “le interferenze straniere che possono complicare la situazione in Libia”. Anche la Lega Araba si è mostrata contraria, così come l’Unione Europea. Bruxelles ha dichiarato che “una soluzione militare per la Libia non esiste” e ha ribadito “il suo appello a cessare tutte le azioni militari e riprendere il dialogo politico”. Putin, che sostiene Haftar, al momento tace ma è previsto a breve un incontro con il Presidente turco proprio sul dossier libico. Ma quali sono le intenzioni a breve termine di Ankara? Lo spiega, sulle colonne de Stampa, l’analista Fehim Tastekin: “Il memorandum firmato con Al Sarraj e con il quale Erdogan ha giustificato la votazione dell’intervento è un pretesto per legittimare la sua politica in Libia. Il suo vero partner sono i Fratelli Musulmani. L’accordo con Tripoli gli serve anche per rivendicare l’utilizzo delle acque nell’Est del Mediterraneo e i giacimenti di gas che si trovano sui loro fondali. Una presenza sul campo equivale a un maggiore potere contrattuale in fase di negoziazione. Erdogan userà sicuramente tutte le sue armi per fare risorgere il sogno ottomano. Ma c’è una bella differenza fra le sue ambizioni e le sue capacità”.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, La Stampa