La Lega dell’ex alleato Matteo Salvini, gli ammutinamenti parlamentari e le casse del Movimento che reclamano le quote degli eletti. Di Maio corre ai ripari e mette in scena un piano delicato, quanto pericoloso: decidere di giocarsi il tutto per tutto con il Governo di Giuseppe Conte.
Il Movimento 5 Stelle vive in queste settimane uno dei passaggi più complicati della sua storia politica. E tutto conduce alla figura del capo politico grillino Luigi Di Maio. Il politico pomiglianese non ha la benchè minima intenzione di mollare la presa sul M5S e cerca di rilanciare e puntellare la sua leadership sempre più in bilico. Perchè i malumori, per non dire le defezioni, all’interno del gruppo sono cominciati. E se da una parte, c’è la minaccia del richiamo della Lega di Matteo Salvini, dall’altra c’è un gruppo sempre più forte che ormai segue solo le indicazioni del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Nel fuoco incrociato si trova il Ministro degli Esteri che ora cerca di correre ai ripari, su più fronti. Non ha senso continuare a minacciare gli alleati di Governo, specie se poi è il risultato di rafforzare la posizione del Premier. Così come continuare a tenere per sè tutti le funzioni. Ed ecco che arrivano, sotto spinta di Beppe Grillo, nuove posizioni, nuovi organigrammi, per cercare di risollevare un partito che è passato dal 32% delle politiche 2008 al 17% delle europee di quest’anno. Ma il Movimento non perderà mai, per sua stessa natura, la sua struttura piramidale. Ed ecco che le posizioni create, denominate “facilitatori”, non convincono molto. Nessuna posizione elettiva, nessun congresso, nessuna discussione interna, soltanto la concessione di un briciolo di potere da parte del capo del Movimento. E questi cosiddetti “facilitatori” non avranno autonomia decisionale, ma serviranno soltanto a fare da filtro tra Di Maio e i gruppi parlamentari, le Commissioni e il territorio. Verranno infatti creati anche le versioni “regionali”, ed anche in questo caso i loro poteri sulle alleanze o meno nelle zone di pertinenza sono poco chiari. Se poi si ricorda che per far scendere in campo il Movimento in Emilia-Romagna e in Calabria vi è stato bisogno di un voto su Rousseau, con conseguente perdita di tempo prezioso per la campagna elettorale, ecco che i nodi non vengono sciolti e nemmeno intaccati.
Come scrive Simone Canettieri sul Messaggero, chiunque voglia ricoprire una posizione di “facilitatore”, a livello nazionale o regionale, deve essere in regola con le restituzioni dei compensi parlamentari al 31 dicembre. Si parla, al mese, di 2mila euro per il Movimento e 300 euro alla Casaleggio Associati per l’utilizzo della piattaforma Rousseau. In verità, lo stesso fondatore Grillo ha invitato più volte tutti gli esponenti a mettersi in regola per la restituzione di una parte dello stipendio pubblico, pena sanzioni elevate che arrivano all’espulsione o nei casi più gravi addirittura alla richiesta di pignoramenti. Ma anche se questa è stata, ed è tutt’ora, una delle battaglie più identificative del Movimento, ci sono molti parlamentari che non corrispondono il dovuto da molto tempo. Come spiega lo stesso quotidiano romano, citando i dati forniti dal sito “tirendiconto.it” , organo dello stesso M5S, sono ben 20, tra Camera e Senato, i grillini che non hanno versato nulla nel 2019, e 1 su 3 gli eletti che non hanno versato alcune mensilità. Tra i 13 di Montecitorio c’è addirittura il Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, in rotta con il Governo Conte a causa dei tagli effettuati ai danni del suo Dicastero inseriti nella Legge di Bilancio. A Palazzo Madama invece Vittoria Bogo Deledda, Cristiano Anastasi, Lello Ciampolillo, Luigi Di Marzio, Fabio Di Micco, Pietro Lorefice e Michele Giarrusso non hanno versato le loro quote.
Il piano di Di Maio: rafforzare il Governo Conte per salvare la sua leadership
I problemi per il capo politico però arrivano dai gruppi parlamentari. Con un 2019 iniziato al fianco di Matteo Salvini e concluso con la volontà di votare per l’autorizzazione a procedere contro l’ex Ministro dell’Interno, non poteva essere altrimenti. Le critiche, le virate e gli attacchi nei confronti degli alleati di questi mesi, non hanno fatto altro che spingere una importante fetta dei parlamentari grillini a stringersi intorno alla figura del Premier Conte. In più la minaccia della Lega che attira a sè l’ala destra del Movimento è una vera e propria spina nel fianco del Ministro degli Esteri, che ad inizio mese ha dovuto incassare il passaggio dei senatori Grassi, Lucidi e Urraro al Carroccio. Come racconta Alessandro Trocino su Il Corriere della Sera, Il pressing di Matteo Salvini e soci sui vincitori dei collegi uninominali sta dando i suoi frutti. La promessa di poter continuare la carriera nel mondo politico, lontano cioè dal limite di mandato previsto dai grillini, è ghiotta. Ecco perchè Di Maio, che tutto è pronto a fare tranne che andare al voto, ha capito che il Partito Democratico, con il quale governa, è in questo momento il suo migliore alleato personale. Dal 2020 stop agli attacchi ai dem, e anche a Renzi e i suoi, e totale fiducia nel Presidente Conte, per fare in modo che questa legislatura termini alla sua scadenza naturale.
Un Ministro degli Esteri che ha iniziato subito il suo ennesimo cambio di rotta, cercando di scavalcare anche Pd sul proprio terreno. Ecco il nuovo M5S 2.0, più progressista e attento alle dinamiche sociali. Come riporta Matteo Pucciarelli su Repubblica, Di Maio ha annunciato l’avvio di un cambio di programma, dal gennaio prossimo, dell’Esecutivo giallo-rosso sotto la spinta grillina: “Questo governo deve andare avanti, senza indugi e polemiche. Chi rema contro, rema contro il Paese. Da gennaio si ripartirà con una nuova agenda e un nuovo cronoprogramma per mettere in chiaro ciò che vogliamo realizzare. I primi passi compiuti in legge di bilancio sono stati importanti e significativi, a dimostrazione che quando si lavora da squadra i risultati arrivano. Dobbiamo accelerare per ottenere quanto prima nuovi risultati, a partire dai diritti sociali, come la casa, il diritto a curarsi in tempi certi e quello di avere uno stipendio dignitoso per ogni lavoratore, che passa attraverso il salario minimo orario”. In tale ottica, sono da annoverare le dichiarazioni, e il recente incontro con Al-Sarraj a Tripoli, sulla questione libica e, ancora di più, con l’emergenza migratoria connessa. Spiega Di Maio: “Fondamentale dare stabilità anche in merito agli scenari con cui l’Italia si confronta quotidianamente. Un esempio su tutti è proprio la Libia. Ostacolare oggi il percorso del governo, significa ostacolare l’Italia e indebolirla agli occhi della comunità internazionale”. Una scelta di campo dunque, ma che dovrà in ogni caso superare la prima prova alle prossime regionali emiliane e calabre.
Fonte: Il Messaggero, Il Corriere della Sera, Repubblica