Il M5S ha avviato la procedura di espulsione del senatore Gianluigi Paragone in seguito al suo voto sfavorevole alla Manovra di Bilancio. Ma Paragone non molla e dichiara di non volersene andare dal Movimento.
Un bel dito medio alzato contro Beppe Grillo e Luigi Di Maio. Questo – riporta AGI – il gesto che il senatore Gianluigi Paragone ha dedicato ai suoi capi durante l’intervista rilasciata a Un giorno da Pecora su Rai Radio 1. Il M5S ha già avviato la procedura di espulsione di Paragone dal Movimento in seguito al suo voto contrario alla Manovra di Bilancio. Beppe Grillo, dopo l’assenza di Paragone alla riunione dei senatori da lui indetta, aveva chiaramente detto: “Se non si trova più in linea con le nostre posizioni, è libero di andarsene, io non trattengo nessuno”. Posizione espressa anche da altri esponenti Cinque Stelle i quali stanno facendo un certo pressing affinché l’ex direttore della Padania esca dalle loro fila.
Un allontanamento pericoloso, quello di Paragone, per il Movimento che vede un altro capo carismatico, Alessandro Di Battista su posizioni di dissenso riguardo al Movimento e all’alleanza con il Partito Democratico. Lo aveva detto già a chiare lettere lo scorso settembre Di Battista, come racconta Repubblica, a pochi giorni dai primi vagiti del Governo Conte bis: “Non vi fidate del PD” disse, spiegando in dieci punti ai suoi compagni di partito perché dovevano stare attenti a quello che hanno messo in piedi.”Non vi fidate del PD ripeto. Il loro obiettivo è la “normalizzazione” del Movimento, come se aver lottato contro questo sistema fosse anormale. Sono sempre stato contrario ad un governo con il PD – scrisse – non è un segreto. Ho sempre reputato il Pd il partito del sistema per eccellenza, quindi il più pericoloso. Il Pd è un partito ‘globalista’, liberista, colluso con la grande imprenditoria marcia di questo Paese, responsabile, paradossalmente più della Destra che ho sempre ugualmente contrastato, delle misure di macelleria sociale che hanno colpito i lavoratori italiani”.
Meno di una settimana fa, avvertì l’Adnkronos, Paragone disertò una incontro dei senatori grillini preferendo una cena proprio con Alessandro Di Battista e altri amici. Un atto di insubordinazione, l’ennesimo, che ha fatto da prologo alla decisione del Movimento di espellerlo.
Ma Paragone non ci sta. “Io non me ne andrò. Piacerebbe a molti vedermi uscire di scena ma non gliela darò questa soddisfazione. E se mi cacceranno allora dovranno ammettere di aver tradito il loro programma elettorale perché io dico solo quello che loro dicevano nel 2018. Sono loro ad aver tradito gli ideali del Movimento, non io”. E il filosofo Luciano De Bei, in un gruppo Facebook, ha commentato: “Un onore essere cacciati dai vertici del Movimento. Paragone ha dimostrato di possedere valori morali che loro non hanno”. Grande focus sulla coerenza di Paragone, dunque, e sulla mancanza di essa da parte del leader Luigi Di Maio e del co-fondatore Beppe Grillo. Già Giorgia Meloni, nelle scorse settimane, aveva insistito sul fatto che il M5S, se fosse stato coerente con le promesse elettorali fatte nel 2018, avrebbe dovuto votare contro il Mes. La leader di Fratelii d’Italia – come riportava Fanpage – aveva atto notare che il programma dei grillini, nel 2018, addirittura prevedeva un supermaneto del fondo salva- Stati. Ma l’alleanza con il PD di Nicola Zingaretti ha indotto Di Maio a cedere e cambiare idea anche su questo aspetto.
Cambio di atteggiamento che non è piaciuto non solo a Paragone ma anche ai tre senatori grillini recentemente passati alla Lega: Stefano Lucidi, Ugo Grassi e Francesco Urraro, anch’essi in disaccordo sulla riforma del Mes e anch’essi molto critici verso la nuova linea adottata dal leader pentastellato Luigi Di Maio. In particolare Lucidi, invitato a dimettersi e accusato da Di Maio di essersi venduto alla Lega e di non aver rispettato il vincolo di mandato, ha dichiarato: “Io dovrei dimettermi? Di Maio, grazie all’alleanza con il PD, ha portato il movimento dal 32% al 5%. Dovrebbe essere lui a dimettersi e pure in fretta”. Voci di corridoio parlano già del ritorno di Gianluigi Paragone al suo partito di origine: la Lega. ma il senatore smentisce con forza. E per rimarcare la sua determinazione a non mollare la presa, chiude l’intervista con Un Giorno da Pecora trasformando “Tu scendi dalle stelle” in “Non mollo i Cinque Stelle”.
Intervistato da Antonio Rapisarda su Libero il senatore sembra avere le idee chiare sul futuro del Governo Conte bis e sul destino dei Cinque Stelle: “Il Movimento ormai è un gruppo che vuole evolversi in partito, partecipare alle dinamiche di Palazzo perché si sente ormai parte di questo. Non è parte del sistema, perché il sistema non si può ancora fidare di costoro, però loro stanno facendo di tutto per essere partito e interlocutori del Palazzo” Sui transfughi Paragone si è espresso così: “Siamo al tana liberi tutti. Molti parlamentari hanno visto che i governativi si sono già riparati al sole, e quindi si domandano: perché dobbiamo rimanere qui solo a pigiare bottoni? A maggior ragione dato che i parlamentari non contano un tubo. Lo ha dimostrato la legge più importante: la manovra. Qui il Parlamento non ha toccato palla, sotto gli occhi del presidente Mattarella, della Casellati e di Fico. E dire che per il M5s il Parlamento doveva essere centrale.Il programma del M5s era chiaro. Lo stanno tradendo“. Sul leader del Movimento Luigi Di Maio le sue parole sono piene di ironia: “Mi fa un po’ tenerezza. È come il povero Giacomo della Settimana Enigmistica. Non so neanche cosa dirgli. La sua è proprio una frasetta da bambino delle scuole elementari. Fa anche tenerezza ormai per questa sua debolezza cronica”. Sul programma di Governo delineato da Di Maio per il 2020, Paragone risponde così: “A dicembre le agende non si negano a nessuno. È pieno di gente che regala agendine. Ma a febbraio non c’ è più traccia delle agende regalate. Non ho mai visto una roba che si tiene con lo sputo. Non so quando, però a un certo punto il chiodo non tiene più il quadro. Non sai né come né quando ma quel quadro cadrà. E cade perché il peso di un Paese in sofferenza è talmente grande che questa roba non potrà tenere“. Un pensiero Paragone lo rivolge anche a Beppe Grillo al suo voler parlare di «cose belle» al PD: “Questa è una colossale cazzata. L’artista può dire “bisogna parlare delle cose belle” ma il Paese ha una rabbia dentro e l’ anestetizzi con le sardine o con i pensierini dei baci Perugina“.
Fonte: AGI, Adnkronos, Fanpage, Luciano De Bei Facebook, Libero Quotidiano
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