Gruppo Pd in rivolta contro il Segretario dem e il fuoco amico di Matteo Renzi. Il Pd è stanco di cercare di salvare il salvabile del Governo di Giuseppe Conte e medita cambi di passo.
Nella sala del gruppo a Montecitorio, intitolata a Berlinguer, sono tante, troppe, le voci che manifestano insoddisfazione e rabbia contro un Esecutivo che ormai regge solo grazie ai passi di lato del Partito Democratico. I dem sono stati costretti più di una volta a mettere una pezza per ricucire un Governo in cui ormai sembrano credere solo il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Segretario Nicola Zingaretti. Situazione, e strategia politica, venuta a galla in tutta la sua evidenza nella manovra economica, cambiata più volte in corso d’opera per sopperire alle richieste, e alle minacce di voto, di Italia Viva e Movimento 5 Stelle. Come racconta Carlo Bettini dalle colonne de La Stampa, ad aprire il fuoco sull’ex Segretario Renzi è il suo ex braccio destro, Graziano Delrio: “Mi sono rotto le scatole di fare sempre da pompiere e di trovare soluzioni e poi loro escono e noi facciamo la figura di quelli che mettono le tasse. Quello accaduto fin qui è inaccettabile. Mi sono stancato di questa situazione, non è più tollerabile che da parte del Segretario dei Partito Democratico, ci sia questa modalità di lavoro, per cui le cose passano senza che si possa far niente. Anche il Premier aveva assicurato che ci sarebbe stata la possibilità anche per noi di fare qualcosa sulla manovra e invece non è così”. L’ex Ministro Delrio, che nei giorni scorsi aveva pubblicamente invitato Luigi Di Maio a non bloccare il Governo sul Mes, ha dovuto incassare l’accordo sulle modifiche richieste dai grillini sul Fondo Salva-Stati. E sono queste continue concessioni fatte da Zingaretti a Di Maio e soci che fanno infuriare i parlamentari dem, che accusano il Segretario di mostrare l’immagine di un Partito che ha il terrore di andare al voto e che, per evitarlo, farebbe qualunque cosa.
La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la plastic tax. Parlamentari di lungo corso mandati in tv a spiegare come, tale imposta, servisse prima all’ambiente e poi al rilancio economico, salvo poi fare saltare tutto il provvedimento sotto il fuoco di Renzi ed i suoi. Il Premier Conte, da parte sua, non l’ha difesa, lasciando il Partito Democratico con il cerino in mano. Molto, per il futuro del Governo giallo-rosso, ci diranno le prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna. Una vittoria del centrodestra a trazione leghista, nella roccaforte rossa per eccellenza, significherebbe la totale bocciatura della leadership di Zingaretti. A quel punto cosa fare? Tornare al voto o un rimpasto di Governo? Molto meglio la seconda, specie se il Movimento nelle stesse elezioni dovesse raccogliere pochissimo. Ma in ogni caso il Presidente della Regione Lazio deve cambiare passo e non lasciarsi schiacciare dagli alleati di Governo. Gli alti papaveri del partito sono ormai stanchi di un Segretario debole e troppo permissivo, come conferma l’ex Governatrice del Friuli Venezia-Giulia Debora Serracchiani: “Francamente questo modo di gestire la manovra non va bene. C’è il problema di un rapporto tra il gruppo parlamentare e il governo e tra il gruppo col partito”. Zingaretti ha avvertito l’aria di insubordinazione sempre più crescente e ha cercato di correre ai ripari. Ma è apparsa ancora troppo generica la linea di attacco contro un Matteo Renzi, che dal canto suo, continua a sparare a zero sul Pd. Il Segretario dem, ospite di Giovanni Floris a “Di Martedì”, si è limitato a dire: “Se devo fare una critica, e l’ho fatta anche pubblicamente, a Italia Viva, è che vedo, da parte loro, una politica molto più costruita sul contro, addirittura contro il Partito Democratico, che non per qualcosa”.
All’ex Premier Renzi, però, non converrebbe tirare troppo la corda. Con Italia Viva che galleggia intorno al 5%, e con l’inchiesta Open che potrebbe ulteriormente danneggiare il neo partito, Renzi, se si dovesse andare al voto, potrebbe perdere parlamentari. Ecco perchè, come trapela da Palazzo Madama, l’ex Capo del Governo avrebbe sondato il terreno con Luigi Di Maio per una nuova legge elettorale con sbarramento circoscrizionale. Renzi è conscio di essere forte, per tanti motivi, in determinati territori (Toscana, ad esempio), e molto debole in altri (al Sud specie). Questo tentativo potrebbe blindare le poltrone più importanti del partito, che sono occupate dall’ex “Giglio Magico”. Come conferma Giacomo Portas, ex deputato dem sardo che ha seguito Renzi nella sua avventura, le aspettative non sono poi così rosee : “Se si andasse col proporzionale puro, un partito di centro come IV avrebbe un bacino potenziale del 6 per cento, viceversa no”. E allora ecco il piano b: continuare l’alleanza con Di Maio e Zingaretti almeno fino al 2022, ovvero quando si dovrà nominare il successore del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E che fare allora di un personaggio sempre più ingombrante come il Premier Conte? Costringerlo a fare un passo indietro, come già avvenne con Enrico Letta (manovra sempre di renziana memoria). E poi ricucire gli strappi all’interno del Pd, magari nominando Presidente del Consiglio un dem.
Fonte: La Stampa, La7
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