ArcelorMittal: un miliardo per lasciare l’Italia. Il Governo smentisce

Molto dipenderà dall’esito del ricorso presentato dagli amministratori dell’impianto. Il Governo cerca piani per Taranto: pronto un programma da 1 miliardo?

ArcelorMittal: un piano da un miliardo di euro, ma prima c'è da risolvere la questione esuberi - Leggilo.org

La prossima settimana sarà cruciale per il caso ArcelorMittal. Dopo il disastroso incontro di mercoledì scorso al Mise tra il Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli e l’AD dell’azienda Lucia Morselli, è attesa una contromossa da parte del Governo del Presidente Giuseppe Conte alle richieste del colosso franco-indiano. Come ha raccontato Repubblica, Morselli, dopo aver mostrato i dati delle perdite di oltre un miliardo di euro dell’azienda, ha chiesto all’Esecutivo di accettare la richiesta del piano esuberi, che va dal 2020 al 2023, di oltre 6.300 lavoratori. Una proposta respinta dal Governo e dai Sindacati, che hanno programmato uno sciopero di 24 ore negli stabilimenti di Taranto e dell’indotto, e che appare a tutti gli effetti un piano di uscita, più che di rientro delle perdite. Nel mentre, continuano le indagini della Procura di Taranto e Milano che hanno aperto vari fascicoli a carico dell’azienda. Sul fronte giudiziario si attende, per il prossimo 11 e 12 dicembre, la decisione del giudice di dibattimento, Francesco Maccagnano, che dovrà pronunciarsi sul futuro dell’altoforno 2. Tale altoforno, citato dai Mittal nella lettera di recessione del contratto mandata agli amministratori straordinari del sito ex Ilva, potrebbe di nuovo essere sequestrato senza facoltà d’uso, e quindi spento. Come spiega Il Sole 24 Ore, gli amministratori straordinari sperano che venga accolta dal Riesame la proroga richiesta per la messa in sicurezza dell’impianto.

Nelle scorse settimane il custode giudiziario dell’area a caldo del siderurgico, Barbara Valenzano, ha presentato un fascicolo dove vengono evidenziati dubbi sul reale intervento per la messa in sicurezza degli altiforni da parte dell’azienda. Secondo la relazione, richiesta anche dalla Procura di Taranto, l’azienda è ben conscia del rischio, ma nessun intervento degno di nota è stato effettuato. Ciò lo si evince dal fatto che il colosso franco-indiano ha speso circa 300mila euro di consulenze tecniche, coperto bonifici per 3,5 milioni di euro a valere sui lavori da farsi e pianificato investimenti per circa 10 milioni di euro per la fornitura e il montaggio di sei nuove macchine. Interventi che richiederebbero almeno un anno. Da qui la richiesta della proroga. In ogni caso, fanno sapere dal Mise, come prevede il contratto stipulato lo scorso novembre 2018, le spese toccheranno solo ed esclusivamente all’azienda.

In ogni caso ci sarà da risolvere il piano esuberi dell’azienda

Il Sole 24 Ore ha cercato di capire quali saranno le prossime mosse del Governo giallo-rosso. Tutto però dipenderà dall’esito dello scontro sugli esuberi: lavoratori che lo Stato non sarà in grado di sostenere in cassa integrazione, nè tantomeno potrà accettarne il licenziamento. Secondo il giornale economico sono due le strade che il Governo potrà intraprendere. Una porta ad una riduzione dell’impianto, ipotesi che sta crescendo specie nelle fila del Movimento 5 Stelle, che avrebbe così’ la possibilità di placare l’ala guidata dall’ex Ministro del Sud Barbara Lezzi, che chiede invece una riconversione degli stabilimenti. Questo piano, che prevederebbe in ogni caso una diminuzione del personale magari tornando all’iniziale richiesta dei 2.500 esuberi, costerebbe tra 100 e 150 milioni di euro e prevede l’utilizzo degli altiforni 1 e 4 che, con la costruzione di un nuovo altoforno elettrico, permetterebbe di raggiungere i 6 milioni di tonnellate di produzione. Uno dei tanti problemi di questo progetto il ridimensionamento della produzione del nostro Paese. Se infatti un giorno, la domanda dell’acciaio nel mondo dovesse aumentare, con la diminuzione degli stabilimenti di Taranto, l’Italia avrebbe grossi problemi di concorrenza internazionale.

Il secondo piano di più difficile realizzazione a causa degli elevatissimi costi, ma è fortemente voluto dal Premier Giuseppe Conte. In primo luogo non ci sarebbero esuberi, e seconda cosa l’ex Ilva resterebbe il più grande polo del settore in Europa. Tra gli investimenti per il rimodernamento dell’altoforno 5 e 4 e la costruzione di un altoforno elettrico, i costi si assesterebbero intorno al miliardo di euro, con una durata dei lavori di almeno due anni. Al momento dal Mise non trapela alcuna intenzione del Governo che attende con impazienza gli esiti giudiziari della vicenda.

Un miliardo per andarsene

Nelle ultime ore, peraltro, si era diffusa l’indiscrezione, accreditata dal Fatto Quotidiano e dalla Gazzetta el Mezzogiorno che ArcelorMittal avrebbe proposto al Governo la risoluzione definitiva di ogni rapporto sulla vicenda ex Ilva mettendo sul piatto il pagamento di un miliardo di euro per lasciare gli impianti a Ilva in amministrazione straordinaria entro aprile 2020. Una voce smentita dal Ministero dello Sviluppo Economico, scrive l’Ansa, ma non da Mittal. “Questo è l’epilogo di una gestione irresponsabile che ha portato in sette anni all’approvazione di 12 decreti emergenziali e all’erogazione da parte dello stato di 2,756 miliardi di euro: un fiume di denaro pubblico“. E’ stata la dichiarazione del coordinatore nazionale dei Verdi Angelo Bonelli, riportata da Repubblica Bari: “Calenda, Renzi, Di Maio e Conte che conoscevano la strategia industriale degli indiani – sostiene – hanno una responsabilità politica enorme per aver portato lo stabilimento di Taranto in questa situazione: 3 miliardi di euro di contributi pubblici non hanno risolto minimamente il dramma ambientale, sanitario né quello occupazionale a cui si aggiunge il peso della cassa integrazione prevista dall’accordo con Mittal oltre gli oltre 4900 esuberi annunciati da Mittal

 

Fonte: Repubblica, Il Sole 24 Ore, Ansa, Repubblica

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