La Procura di Firenze vuole fare luce sui finanziamenti ricevuti dalla Fondazione Open, organo molto vicino all’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Per gli inquirenti, imprenditori e manager inondavano di soldi la fondazione per avere in cambio favori dal “Giglio Magico”. Sono 5 gli indagati per il momento, ma l’inchiesta si unisce ad un altro fascicolo, quello relativo alla villa appena acquistata dallo stesso Renzi.
Come racconta Il Corriere della Sera, l’inchiesta partita dalla Procura di Firenze, nasce da una plusvalenza realizzata dall’imprenditore fiorentino Patrizio Donnini con la vendita di alcune loro società al gruppo Toto, che opera nel settore dell’energia rinnovabile. Donnini, insieme alla moglie Lilian Mammoliti sono tra gli organizzatori della “Leopolda”. Alcuni degli introiti di questa vendita, 400mila su 1 milione di euro, sono stati donati alla Fondazione Open ed è qui che entra in scena l’avvocato Alberto Bianchi, vicinissimo all’ex Premier Renzi, e gestore della Fondazione. Per i pm, pagamenti come questo, non erano altro che finanziamenti illeciti che venivano elargiti per finanziare la carriera politica di Matteo Renzi, che, una volta Premier, avrebbe poi ricambiato concedendo grossi favori. Lo scorso settembre, dopo tre giorni di perquisizioni della Guardia di Finanza, negli studi del legale è stata trovata e sequestrata la lista dei finanziatori della Fondazione Open, negli anni 2012-2018.
Accertare dove siano finiti quei finanziamenti, che ammontano a circa 7 milioni di euro è l’obiettivo del Pubblico Ministero Giuseppe Creazzo. Pochi giorni fa, dopo che il Tribunale dei Riesame ha dato ragione alla Guardia di Finanza ritenendo lecito il sequestro dei nominativi, ci sono state 25 perquisizioni ad altrettante aziende che compaiono tra i finanziatori di Open. Per la Gdf: “La fondazione Open ha agito come articolazione di partito politico per varie iniziative politiche, come le primarie del 2012, i comitati per Matteo Renzi segretario, ma anche per varie ricevute di versamento per i parlamentari. Open ha rimborsato loro le spese e ha messo a loro disposizione carte di credito e bancomat. Bisogna accertare quali siano stati nel dettaglio i rapporti instauratisi tra la stessa Open e i soggetti finanziatori. Vi è necessità di vagliare le sue condotte, considerato che le acquisizioni investigative evidenziano significativi intrecci tra prestazioni professionali rese da Bianchi e dai suoi collaboratori e i finanziamenti alla Open”.
L’avvocato Bianchi era, secondo gli inquirenti, il tramite con la politica, in particolar modo con il cosiddetto “Giglio Magico”, negli anni in cui Matteo Renzi era Presidente del Consiglio. Gli investimenti, secondo gli inquirenti, in maniera minore, finanziavano le attività dei fedelissimi dell’ex Presidente, Luca Liotti e Maria Elena Boschi su tutti. L’ex Ministro dello Sport, indagato nel 2016 sul caso Consip e poi travolto sull’inchiesta delle nomine ai vertici delle Procure e del Csm del giugno di quest’anno, si è affrettato a chiarire la sua posizione: “Esistono soltanto semplici e regolari indennizzi delle spese che ho sostenuto nello svolgimento del mio ruolo di membro del cda della Fondazione Open. Tutto, ribadisco, si è sempre svolto nell’assoluta trasparenza, tutti i costi sono tracciati, dettagliati e messi nero su bianco, oltre ad essere indicati nei bilanci della Fondazione stessa e per questo vagliati dai sindaci revisori”.
Molte consulenze di Bianchi, pagate profumatamente da diversi imprenditori, secondo la Procura venivano usate per mascherare finanziamenti alla Fondazione Open. Tra i nomi della lista spiccano certamente quello di Davide Serra, manager milanese vicinissimo al fondatore di Italia Viva, che ha finanziato Open per 150mila euro. Nella lista trovata negli uffici di Bianchi anche la multinazionale farmaceutica Menarini della famiglia Aleotti, le società dell’armatore napoletano Onorato e quelle dell’imprenditore Alfredo Romeo, già coinvolto nell’inchiesta Consip. La Guardia di Finanza ha perquisito l’azienda di costruzione parmense Pizzarotti e quella della holding Gavio. Ma ci sono tante altre società, come la Garofalo Health Care che opera nella sanità privata e la Getra di Napoli che opera nell’energia.
Sono due i nomi su cui si concentrano le attenzioni della Procura: uno è quello del manager Marco Carrai, l’altro è quello del parlamentare di Italia Viva, eletto nelle file del PD, Gianfranco Librandi. Come spiega Il Fatto Quotidiano, se da un lato Bianchi era il tramite tra gli imprenditori e Renzi, Carrai era il garante del loro buon investimento. La società lussemburghese Sarll, che fa parte del gruppo Wadi ventures Management, fondata da Carrai nel 2012, già sotto la lente di ingrandimento della Procura per vecchi finanziamenti illeciti ai partiti, avrebbe donato una cospicua somma ad Open. Inoltre il manager, che è stato nominato amministratore dell’Aeroporto di Firenze nel 2008 quando Renzi era Presidente della Provincia fiorentina, ha donato un prestito infruttifero di 20mila euro proprio all’ex Presidente del Consiglio. Il nome di Carrai ricorrerà spesso nella carriera dell’ex Sindaco di Firenze: esperto di cybersicurezza, Renzi voleva nominarlo consulente del settore durante il suo mandato a Palazzo Chigi, mentre il 4 ottobre, sotto la spinta del nuovo partito della maggioranza Italia Viva è stato nominato console d’Israele a Firenze. Carrai ha provato a difendersi dalla accuse: “Come componente del cda di Open ho sostenuto la Fondazione come immagino faccia chiunque appartenga ad una Fondazione e voglia promuoverne le iniziative e sostenerne i valori. Non ho nulla personalmente a che fare con carte di credito e bancomat. Ho fiducia che la magistratura chiarirà presto la mia posizione. So di non aver commesso reati e di aver sempre svolto i miei compiti rispettando la legge”.
Il deputato Librandi invece sarebbe la prova che dietro ai finanziamenti alla Fondazione Open ci fossero degli investimenti occulti alla politica. Eletto deputato nel 2013 con Scelta Civica, Librandi passa poi al Partito Democratico, divenendo un fedelissimo di Renzi. Secondo un indagine de L’Espresso, che cita un rapporto effettuato dall’antiriciclaggio di Bankitalia, su uno dei conti aperti dalla Fondazione Open presso la Cassa di Risparmio di Firenze, il deputato avrebbe versato una cifra di circa 800mila euro attraverso due società a lui riconducibili, la Tci Telecomunicazioni Italia e la Tci Elettromeccanica. Librandi è stato poi candidato nelle liste del Partito Democratico, per poi seguire Matteo Renzi in Italia Viva. Al momento sono 5 gli indagati, a vario titolo per l’inchiesta sulla Fondazione Open: Alberto Bianchi per finanziamento illecito e traffico di influenze, Marco Carrai per finanziamento illecito, Patrizio Donnini e la moglie Lilian Mammoliti per riciclaggio e autoriciclaggio e Lino Bergonzi, manager del gruppo Toto.
Ma a rendere ancora più intricata la vicenda Open è un altra inchiesta, partita sempre dalla Procura di Firenze, che riguarda l’ex Premier, relativa all’acquisto della sua nuova villa. Secondo L’Espresso, che sarà in edicola domenica, Renzi per l’acquisto della Villa a Via Tecca, a due passi da Piazzale Michelangelo in uno dei luoghi più suggestivi di Firenze, ha ottenuto un prestito di 700mila euro, restituiti in 4 mesi, dagli imprenditori Maestrelli, anche loro, tra l’altro, grandi finanziatori della Fondazione Open. Per comprare la villa, che in totale è costata 1,3 milioni di euro, i Maestrelli hanno spostato l’ingente quantità economica tramite il conto corrente della loro anziana madre. Movimenti che però hanno insospettito l’Antiriciclaggio che ha chiesto approfondimenti agli interessati sul giro che hanno fatto i soldi prima di finire sul conto del senatore fiorentino.
Ospite del programma radiofonico “Circo Massimo” condotto da Massimo Giannini su Radio Capital, l’ex Presidente del Consiglio, che ha già annunciato querele, grida al complotto e lascia intendere che tutta l’inchiesta sia figlia di una vendetta orchestrata dalla magistratura fiorentina: “Ho solo criticato l’invasione di campo di due magistrati nella sfera politica e la risposta è arrivata ieri, quando ho ricevuto un avvertimento con la diffusione di miei documenti privati. Se un cittadino critica un magistrato, avrà diritto di farlo. Casualmente dopo la critica esce roba che non c’entra niente. Non ho niente da nascondere, ma sommessamente faccio notare che qualcosa non torna: è evidente, e lancio un appello da questa radio, che ilmessaggio alle aziende è: ‘non finanziate Italia Viva’ se non volete passare guai. Perchè ti entrano in azienda, ti portano via i computer, i tablet, i telefonini e che ti bloccano e devi spiegare ai clienti che sei fermo perché hai dato soldi regolari. Un messaggio che quindi dice: se dai soldi a Renzi ti perquisiscono. Ma non vi sembra curioso che uno possa ricevere ‘avvertimenti‘ di questo genere?”.
Fonte: Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, L’Espresso
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