Un attacco duro al leader di Italia Viva Matteo Renzi sul caso Open, è arrivato da Alessandro Di Battista. Per il grillino, l’ex Premier deve al più presto chiarire la sua posizione. Una mossa che mette in subbuglio la base grillina, sempre più insoddisfatta dell’alleanza con l’ex nemico.
Alessandro Di Battista, dalle colonne de Il Fatto Quotidiano, commenta l’inchiesta sulla Fondazione Open della Procura di Firenze. L’ex deputato grillino, rilancia l’iniziativa di una legge sul conflitto d’interessi: “Prima la politica era più forte delle lobby, poi le lobby hanno prevalso e ora i politici si trasformano direttamente in lobbisti. Dissi che la corruzione non è più quella della bustarelle, ma si fa con le consulenze. E l’unico modo per smascherarla è appunto una serie legge sul conflitto d’interessi”. Di Battista invita Matteo Renzi a chiarire la sua posizione, definendolo tra l’altro un’entità che non esiste nel Paese. Come già avvenne in occasione del Governo Conte I, l’ex deputato non risparmia attacchi agli alleati del Movimento 5 Stelle. L’anno scorso i suoi ripetuti attacchi a Matteo Salvini fecero infuriare il capo politico del M5S Luigi Di Maio. Oggi Di Battista attacca il leader di Italia Viva, incrinando ancora di più la fragile alleanza che sostiene l’Esecutivo giallo-rosso. Di Battista, che è ancora molto seguito dalla base grillina, sembra voler cogliere l’opportunità per colpire indirettamente Luigi Di Maio, nel periodo di maggior crisi del politico pomiglianese. Non è un caso che questa intervista sia arrivata proprio quando è iniziato a circolare il suo nome, insieme alla Vice Presidente del Senato Paola Taverna, come sostituto proprio del Ministro degli Esteri alla guida del Movimento.
Di Battista vuole che l’ex Premier spieghi agli italiani la verità sulla Fondazione Open: “Renzi È uno che esiste solo nelle pagine dei giornali, non nel Paese. Si rivende un’identità politica in Arabia Saudita. Anzi, da cittadino vorrei sapere se il senatore Renzi ha ricevuto soldi per conferenze o consulenze. Se ci fosse la legge sul conflitto d’interessi non sarebbe legale”.
L’ex deputato lancia una stoccata ai suoi colleghi del Movimento, sul caso scoperto da un’inchiesta de L’Espresso. Per Di Battista, le leggi sono state aggirate dall’avvocato Bianchi e soci, ma questo perchè non è stata fatta, e il Movimento non l’ha cercata in questi anni, una norma che cancelli definitivamente i finanziamenti ai partiti: “Noi non abbiamo abolito il finanziamento privato. Da quanto leggo, l’ipotesi degli inquirenti è che le norme con cui è regolato siano state aggirate, ossia che certi imprenditori o multinazionali abbiano restituito il favore per alcune leggi ai governi Renzi e Gentiloni finanziando la fondazione legata ai renziani. Le ricche consulenze commissionate dal gruppo Toto all’avvocato Bianchi sono un fatto, e non parlo della loro liceità”
Ma anche Di Battista, in questi giorni, deve risolvere le sue grane giudiziarie. Come riporta Repubblica, il Tribunale di Messina ha rigettato la richiesta di archiviazione della querela proposta da Luigi Genovese nei confronti dell’ex deputato grillino. La vicenda risale al gennaio del 2018 quando Di Battista, ospite in tv, raccontò un aneddoto che, secondo il Tribunale siciliano, diffamò gravemente Genovese. L’ex deputato grillino, ospite lo scorso 21 gennaio del 2018 negli studi di “Domenica Live”, raccontò alla presentatrice Barbara D’Urso quella, che a suo dire, era una prova tangibile delle condizioni di voto, poste sotto ricatto, in Sicilia: “Io pensa, ero in Sicilia a fare campagna elettorale questa estate, in Autogrilli, e ho conosciuto un signore che è venuto da me, si è voluto fare una foto con me e mi ha detto: ‘sono del Movimento 5 Stelle, guarda il braccialetto del 5 Stelle’, mi ha fatto vedere il telefonino. Postava tutti i nostri interventi in Aula. Gli ho detto: ‘Bene, allora voterai 5 Stelle. Ce la possiamo fare’. Lui mi ha detto: ‘Io sono del Movimento 5 Stelle, ma non posso votare Movimento 5 Stelle. Devo votare Genovese altrimenti perdo il posto di lavoro’. Ecco vedete, si ragiona purtroppo in questo modo un po’ in Italia. Il problema è che, fino a che non libereremo il voto, lo renderemo del tutto libero, poi uno potrà votare Forza Italia, Pd, Lega o Movimento 5 Stelle, ci sarà un voto, Barbara, pilotato che non permetterà poi una giusta libertà da parte dei cittadini”. Qualche giorno dopo raccontò la stessa cosa a “Di Martedì” su La7.
Luigi Genovese era in quella estate candidato alle Regionali, e successivamente eletto, con Forza Italia. Luigi è figlio di Francantonio Genovese, che Di Battista aveva attaccato più volte poichè coinvolto nell’inchiesta della Procura di Messina sugli sperperi pubblici per i corsi di formazione organizzati dalla Regione Sicilia.
Per il giudice Valeria Curarolo del Tribunale di Messina, queste frasi rappresentano una chiara offesa all’onore di Genovese, che vanno ben oltre l’immunità parlamentare di cui godeva allora Di Battista: “Non vi è alcun legame o nesso funzionale tra le frasi e l’attività parlamentare. Superato anche il diritto di cronaca o critica, non rispettando nè i principi della continenza verbale né della verità del fatto storico posto a fondamento delle stesse. Resta di tutta evidenza l’oggettiva idoneità delle affermazione in parola a ledere l’onore e la reputazione del querelante, lasciando intendere che quest’ultimo abbia ottenuto il proprio consenso elettorale sulla scorta di minacce perpetrate ai danni degli elettori al fine di indurli a votare a proprio favore”. Ora il pubblico ministero dovrà entro 10 giorni formulare un’accusa nei confronti di Di Battista.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, L’Espresso, Repubblica
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