Secondo il Tribunale dei Ministri, Matteo Salvini, impedendo l’attracco della nave ong Alan Kurdi, non commise i reati di sequestro di persona e abuso d’ufficio. I giudici hanno cercato di far chiarezza anche su altri aspetti in materia di immigrazione clandestina. Un principio che potrebbe essere utile nelle future controversie con le Ong qualora si ripresentassero casi simili a quello della Sea Watch, per esempio.
Sono state depositate le motivazioni dell’archiviazione delle accuse di sequestro di persona e abuso d’ufficio per l’allora capo del Dicastero dell’Interno Matteo Salvini e il capo Gabinetto del Viminale Matteo Piantedosi, per il caso Alan Kurdi. Lo scorso 21 novembre il Tribunale dei Ministri ha rigettato i fascicoli inoltrati dal procuratore di Agrigento Luca Patronaggio. Come racconta Il Fatto Quotidiano, ci sono passaggi molto importanti nei documenti presentati dai giudici di Palermo. In primo luogo, il Tribunale dei Ministri ha sancito che la responsabilità di assegnare un porto sicuro ad una nave che ha soccorso migranti in mare spetta allo Stato di primo contatto, che però, per vari motivi, non è semplice da individuare. Ecco dunque che, tenendo conto dei vari vincoli giuridici derivanti da diversi trattati firmati dal nostro Paese in tema di immigrazione: “Lo Stato di primo contatto non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio”. Ovvero, lo Stato di primo contatto è quello a cui appartiene legalmente la nave. Una vittoria politica importante per Matteo Salvini, che già sostenne, ad esempio nel caso Sea Watch, che la nave battente bandiera tedesca fosse di responsabilità del Governo della Merkel.
I giudici Maurizio Silvestri, Marcella Trovato e Chiara Gallo hanno specificato che: “L’assenza di norme di portata precettiva chiara applicabili alla vicenda non consente di individuare, con riferimento all’ipotizzato, indebito rifiuto di indicazione del Pos (Place of safety), precisi obblighi di legge violati dagli indagati, e di conseguenza di ricondurre i loro comportamenti a fattispecie di rilevanza penale”. Il Tribunale specifica anche la presenza di un vuoto normativo per ciò che concerne la definizione di “porto sicuro” e sulla possibilità di raggiungerlo. Infatti spiegano i giudici: “La normativa non offre soluzioni precettive idonee ai fini di un intervento efficace volto alla tutela della sicurezza dei migranti in percolo. Tutto è rimesso a una concreta e fattiva cooperazione tra gli Stati interessati che, fino a oggi, è di fatto scritta solo sulla carta”. Nel caso specifico, Salvini dunque non ha violato alcuna norma bloccando lo sbarco della nave Alan Kurdi che dopo aver soccorso 67 migranti in mare lo scorso 13 aprile, si era diretta verso le coste siciliane dopo aver rifiutato l’aiuto di Malta.
Le motivazioni presentate dal Tribunale però non potranno mettere la parola fine alle inchieste delle varie Procure sul tema. La Procura di Roma aveva chiesto l’archiviazione di Matteo Salvini con motivazioni diverse. Come spiega Il Corriere della Sera , secondo i procuratori della capitale, l’Italia aveva in quell’occasione l’obbligo di concedere un porto sicuro, per effetto della convenzione di Amburgo. Ma tale assegnazione dove arrivare dalla Guardia Costiera, che fa capo al Ministero delle Infrastrutture e non dal Viminale. Nel caso Alan Kurdi, fu il Ministro Salvini a varare lo stop allo sbarco, violando quindi la legge, ma non vi è abuso d’ufficio in quanto manca il “dolo internazionale” mirato a provocare danni a terzi.
Il leader della Lega, commentando l’archiviazione del 21 novembre a margine del Festival del Lavoro, si era detto soddisfatto della decisione del Tribunale dei Ministri, cantando vittoria: “L’archiviazione sul caso Alan Kurdi? Una buona notizia, ogni tanto. Bene, un Tribunale finalmente riconosce che bloccare gli sbarchi non autorizzati di immigrati non è reato! Sono curioso di vedere a questo punto cosa decideranno le altre Procure, e una volta tornato al governo rifarò esattamente le stesse cose”.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, Corriere della Sera
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