L’ArcelorMittal presenterà una citazione per la rescissione degli affitti degli stabilimenti ex Ilva. Il piano di abbandono dell’azienda procede mentre il Governo di Giuseppe Conte non riesce a fare fronte comune, impantanato dagli scontri all’interno del Movimento 5 Stelle.
Doveva essere la “battaglia legale del secolo” e invece è uno stallo perenne. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte fatica a tenere unita la maggioranza sul caso ArcelorMittal. Gli appelli, provenienti da più parti all’unità nell’interesse nazionale, come dichiarato dallo stesso capo politico dei 5 Stelle Luigi Di Maio, è un annuncio caduto nel vuoto. I partiti di Governo non hanno una soluzione condivisa, mentre il colosso franco-indiano dell’acciaio, passo dopo passo, prepara la fuga dall’Italia. Conte non ha rivisto i vertici dell’azienda e durante l’incontro a Taranto con lavoratori ha ammesso che al momento non esiste un progetto o quantomeno un piano da cui partire per provare a convincere l’ArcelorMittal a restare. Le condizioni poste dalla multinazionale sono un lungo elenco di punti che stralciano il precedente accordo sia sul piano occupazionale che ambientale: 5mila esuberi nei prossimi mesi, salvaguardia dell’altoforno2, reinserimento dello scudo penale e cambio della produzione da 6 a 4 milioni di tonnellate l’anno.
La sensazione è che si voglia aspettare il parere del Tribunale di Milano, che dovrà esprimersi sulla possibilità di scioglimento del contratto stipulato nel novembre del 2018. I commissari straordinari che hanno gestito la trattativa per gli stabilimenti dell’ex Ilva, sosterranno nelle sedi legali che l’immunità penale, soppressa con un emendamento contenuto nel Decreto Imprese, non era previsto nelle condizioni per la vendita e che dunque l’ArcelorMittal non può recedere dall’accordo. Intanto Mittal rilancia e presenta ai giudici anche l’atto di citazione per il recesso del contratto d’affitto dell’azienda.
La situazione è drammatica: non sembra esserci una via d’uscita: o l’azienda va via, lasciando 10mila operai, potenzialmente 15mila contando gli indotti legati all’ArcelorMittal, segnando inesorabilmente la fine del ramo dell’acciaio nel Paese oppure i 5mila esuberi saranno accettati, insieme allo scudo e ad un prevedibile recesso anche sulle condizioni della bonifica degli impianti, il cosiddetto Piano Ambientale.
Nella giornata di ieri Italia Viva ha presentato alla Camera due emendamenti per il reinserimento dello scudo penale nel Decreto Fiscale, mossa che ha indispettito e non poco il Movimento 5 Stelle. Luigi di Maio non riesce a tenere unito il Movimento sulla questione, specie la delegazione al Senato, guidata dall’ex Ministro del Sud Barbara Lezzi, che tanto ha spinto per lo stralcio dell’immunità. In settimana il Premier Conte insieme al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, come rivelato da Huffington Post incontrerà i parlamentari pugliesi del Movimento, per convincerli che il reinserimento dello scudo è, al momento, l’unica cosa saggia da fare. Intanto il Partito Democratico, che si è già detto di si alla reintroduzione dell’immunità prepara un piano: un maxi-sconto sugli affitti degli impianti e un dimezzamento degli esuberi previsti. L’idea di portare lo stesso lo scudo in Parlamento, facendo leva sui voti della Lega affascina. Matteo Salvini si è detto disponibile a fare di tutto pur di salvare i lavoratori tarantini, ma l’appoggio dei leghisti, in sostituzione dei voti mancanti in Senato del M5S, sancirebbe la definitiva chiusura dell’esperienza giallo-rossa. Un passo che al momento il Presidente Conte non sembra disposto a fare.
L’ipotesi nazionalizzazione, avanzata dal Ministro Patuanelli è stata respinta dal Ministro dell’Economia e Finanze Roberto Gualtieri. Al momento lo Stato non sembra in grado di accollarsi una mole tanto enorme di lavoratori, anticipando tra l’altro la cassa integrazione nel caso dell’abbandono della Mittal. Nelle ultime ore, accantonata l’idea di nuova cordata, era stata tirata in ballo anche la Cassa Depositi e Prestiti, ma anche qui si rischierebbe di mettere a rischio troppi fondi, ed è una scelta da valutare solo in casi estremi. Ma l’idea che la multinazionale possa, in ogni caso anche qualora dovesse vedere approvate tutte le condizioni richieste, abbandonare il Paese è da tenere in conto, ed ecco perchè dell’intervento dello Stato se ne deve parlare. Stando ai retroscena svelati dal Corriere della Sera, Conte starebbe pensando ad una misura ad hoc per l’intera città di Taranto. Un piano di investimenti in settori disparati per puntare al riassorbimento dei lavoratori, per cercare di attutire un colpo che sarebbe mortale per l’economia anche della Regione Puglia. Ma queste sono Idee e progetti troppo deboli sia per spaventare Mittal sia per rassicurare i lavoratori di Taranto.
Fonte: Huffington Post, Corriere della Sera
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