Il Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha incontrato le cooperative lattiero casearie a Oristano. Ma, contro ogni speranza, ha dichiarato che non porterà mai il prezzo del latte ovino a 1 euro al litro e ha criticato il lavoro fatto dal suo predecessore Gian Marco Centinaio.
Lo scorso febbraio, durante il primo Governo Conte, l’allora Ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, aveva siglato una bozza di accordo con i pastori della Sardegna per portare il prezzo del latte ovino a 80 centesimi al litro. Inoltre erano state fornite garanzie per far arrivare il prezzo a 1 euro al litro. Ciò a tutela di migliaia di piccoli produttori e allevatori locali che non riescono a far fronte alla concorrenza dei grandi colossi dell’estero. Ma anche a garanzia di un certo modo di allevare il bestiame che garantisce il benessere dell’animale e un minor impatto sull’ambiente. Ma con il cambio di Governo, anche le carte in tavola sono cambiate. Infatti le parole del nuovo Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova lasciano pochi dubbi sull’inversione di rotta: “Il latte a 1 euro? No, non lo posso fare, non succederà mai”. Queste, come riferisce l’Ansa, sono state le parole del Ministro, recentemente passata a Italia Viva, il nuovo partito di Matteo Renzi, durante un incontro con le cooperative lattiero-casearie a Oristano. E ha proseguito il Ministro: “Il 28 novembre porterò la questione del latte ovino a Roma, ho convocato un tavolo nazionale. Ma non vi posso promettere nulla. Sul prezzo del latte non si può fare molto onestamente”. Forse per timore di un imminente ribellione da parte dei pastori, il Ministro di Italia Viva, ha cercato di spostare l’attenzione sugli avversari commentando l’operato del suo predecessore Gian Marco Centinaio. Come riferisce Next Quotidiano, queste sono state le parole di Bellanova: “Salvini e Centinaio sono stati capaci solo di farvi promesse. Ma il prezzo del latte non si può certo imporre con un decreto”.
Parole che hanno lasciato molta amarezza e poche speranze a tutti quei pastori che si sono visti costretti a gettare via il loro latte poiché è ormai più conveniente buttarlo via che svenderlo per pochi centesimi al litro, non riuscendo a coprire neppure i costi di produzione. Non è la prima volta che il Ministro Bellanova prende decisioni che contrastano con gli interessi e le richieste dei produttori nazionali. Come sottolineava Il Fatto Quotidiano poco più di un mese fa, il Ministro ha aperto le porte al CETA, l’accordo con il Canada che consente di ignorare oltre 250 denominazioni protette – Dop/Igp – e, addirittura, di tradurre le etichette: Parmigiano in Parmesan, ad esempio. Inoltre si è dichiarata aperta anche sugli Ogm. Sottovalutando forse i rischi per la salute, per l’ambiente e per l’economia nazionale.
I pastori speravano nella chiusura della campagna con un prezzo che arrivasse alla soglia desiderata, dopo un anno di lotte: “Oggi si è aperto il dialogo, ma si era detto che a novembre ci sarebbe stata la fine della vertenza con regole scritte per il futuro e per non mettere gli allevatori nelle condizioni di andare sotto il costo di produzione. Il prezzo giusto realisticamente deve essere un euro a litro. E ci si arriva anche spendendo i 49 milioni di euro stanziati”, ha dichiarato all’Ansa Gianuario Falchi, uno dei portavoce nelle trattative. E intanto sono 150 i pastori sardi indagati per il blocco della strada statale 131 “Carlo Felice” all’altezza di Abbasanta in provincia di Oristano a febbraio scorso, nei primi giorni della protesta.
Il Ministro Teresa Bellanova, sul curriculum, aveva scritto di aver trascorso l’adolescenza a lavorare nei campi e di essersi costruita lì la sua esperienza, direttamente sul campo. Dunque sa bene quanto costi produrre latte in modo etico, senza allevare gli animali in regime intensivo e senza sfruttare manodopera. Ma sul tavolo delle trattative con l’Europa questi argomenti sembrano venire meno. Anche sul fronte manodopera, il ministro ha fatto dichiarazioni che non sono piaciute a molti. Soltanto un mese fa Bellanova disse:”Dobbiamo aprire i porti perché le aziende agricole hanno bisogno di manodopera per raccogliere frutta e verdura“. Ma se quelle aziende agricole retribuissero la manodopera il giusto e assumessero i lavoratori con contratti regolari, allora si potrebbero gestire in un altro modo i flussi migratori e adottare politiche che guardino al futuro del Paese.
Fonte: Ansa, Next Quotidiano, Il Fatto Quotidiano