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Politica

Taranto, i fischi degli operai annunciano a Giuseppe Conte la fine del Governo

Ore drammatiche a Taranto dove si è svolto uno sciopero di 24 ore indetto da FIM, Fiom e Uil per protestare contro la decisione della società Ancelor Mittal di ritirarsi dall’acquisto dell’Ilva. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è recato presso il capoluogo pugliese per ascoltare associazioni di cittadini, sindacati e operai. Al suo arrivo è stato accolto da fischi e proteste.

Forse si aspettava un altro tipo di accoglienza il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che nella giornata dell’8 novembre si è recato a Taranto per ascoltare le richieste degli abitanti, delle associazioni dei cittadini, dei sindacati e degli operai dell’Ilva. Nessun applauso all’arrivo del premier ma, in compenso, tanti fischi. “Io sono venuto qui per dialogare. Ma dobbiamo restare calmi. Io non ho la soluzione in tasca”. Queste – riferisce l’Ansa – le parole del Presidente del Consiglio. Ma la calma, cittadini e operai, l’hanno persa da un pezzo. Il premier si è recato a Taranto nella giornata in cui era stato indetto uno sciopero di 24 ore da Fim, Fiom e Uil.

 

I gruppi di sindacati e i lavoratori dello stabilimento, da un lato, protestavano per la decisione della società Ancelor Mittal di retrocedere dall’acquisto dell’Ilva. Dall’altro lato, tuttavia, cittadini e associazioni protestavano perché da anni chiedono la chiusura dello stabilimento siderurgico le cui emissioni hanno causato centinaia di morti e neoplasie. “Ho ascoltato tutti. La situazione è complessa. Da una parte i lavoratori, dall’altra i cittadini. E gli stessi lavoratori sono combattuti perché hanno bisogno di lavorare ma si sentono anche in colpa verso i propri familiari o amici che si sono ammalati per le polveri dell’Ilva”. Infine ha concluso Conte: “E’ importante trovare un modo per rimettere in moto l’Ilva ma in modo pulito, senza provocare altri danni per la salute dei cittadini”. 

Parole sicuramente interessanti quelle del premier che, tuttavia, non ci dicono se e come la questione verrà risolta. Il Governo giallorosso, infatti, sembra spaccato più che mai. Da un lato il PD di Nicola Zingaretti sarebbe disposto a ripristinare lo scudo penale per le imprese. O, quantomeno, ad introdurre nel decreto imprese un “decreto omnibus” che riguardi non solo il caso dell’Ilva ma tutte le aziende in generale. Il Dem Graziano Delrio – riporta Il Fatto Quotidiano si è detto pronto a presentare un emendamento. Proposta che, in un primo momento, sembrava ben accetta anche dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma dall’altro lato c’è il M5S di Luigi Di Maio che vuole tenere il pugno duro con Ancelor Mittal. Il leader dei Cinque Stelle, proprio ieri durante il Forum Ansa ha dichiarato: “Siamo noi che dettiamo legge, non certo le multinazionali estere. Lo scudo penale non lo ripristineremo mai!”. E, sulla stessa scia della deputata Barbara Lezzi, prima firmataria della misura che ha fatto crollare l’immunità penale – riferisce LaPresseDi Maio ha proseguito: “Se la Lega presenta un emendamento per rimettere lo scudo penale, non mi preoccupa. Ma se lo presentano i nostri alleati di Governo allora la questione cambia. Vuol dire che questo Esecutivo non ha ragione di esistere”. Insomma il Ministro degli Esteri ha lasciato chiaramente intendere che se il PD oserà contrapporsi alla loro linea di pensiero, questo esecutivo potrebbe presto giungere al capolinea.

Intanto, nelle ultime ore, riferisce Fanpage, sembra avanzare l’ipotesi di una nazionalizzazione dell’Ilva. Ma anche qui non sembra esservi ombra di accordo. Se in molti chiedono che lo Stato si faccia carico di un’industria che produce un bene essenziale per il nostro Paese, dall’altro vi è chi, come il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, non vuole andare contro il volere dell’Europa: “L’unica soluzione è far tornare Ancelor Mittal. Niente nazionalizzazioni. Vanno contro le regole dell’Unione Europea”.

Fonte: Ansa, LaPresse, Il Fatto Quotidiano, Fanpage, LaRinghiera, Matteo Salvini Facebook, Repubblica

 

 

Pubblicato da
Samanta Airoldi

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